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3 dicembre 2018

Storia, miti e leggende della Calabria e del Sud

Lo splendore della Calabria magnogreca: il tesoro di Sant’Eufemia


Simbolo di ricchezza e potere, considerato sacro per la sua resistenza e inalterabilità, l’oro è il metallo più prestigioso fin dall’inizio dei tempi.

Secondo gli studi più recenti, in tutte le fasi della storia la Calabria a partire dalla Magna Grecia ha avuto le sue scuole orafe, producendo splendidi gioielli e monili di tutte le fogge.

I più belli e più antichi reperti calabresi di oreficeria sono senz’altro quelli del cosiddetto Tesoro di Sant’Eufemia di epoca magno greca, ritrovato nel 1865 nelle campagne di Sant’Eufemia Vetere di Lamezia Terme, poi ceduto e venduto in un percorso ancora non completamente ricostruito, fino ad arrivare al British Museum di Londra.

Dagli scritti del Lenormant e da altri documenti dell’epoca, si deduce che il Tesoro di Sant’Eufemia doveva essere un corredo da sepoltura composto da molti pezzi venduti in varie fasi. Quello che rimase fu comprato infine dall’antiquario romano Vincenzo Vitaliani che nel 1896 ne vendette una parte al British Museum. Il pezzo più importante, cioè l’anello con scarabeo finì dapprima nella collezione del conte Michele Tyszkiewicz e poi nel 1895 fu anch’esso acquistato dal British Museum.

Il Tesoro di Sant’Eufemia, definito da Dyfri Williams, responsabile della sezione greco-romana del British, «probabilmente il più grande e importante ritrovamento di oreficeria greca della Magna Grecia», è costituito da vari e splendidi gioielli: un diadema, parti di due o tre collane, terminali di un paio di orecchini a spirale, pezzi di alcune cinture, un anello, frammenti di altri ornamenti femminili, e da un numero imprecisato di monete bronzee.

Tutti i pezzi sarebbero stati realizzati dalla stessa bottega di un maestro-artigiano che viene chiamato ormai nei cataloghi il Maestro di S. Eufemia, il quale li avrebbe realizzati tra il 330 e il 300 a.C. con tecniche molto raffinate, in tutto simili a quelle usate per gli ori di Taranto, ritrovati in quella zona e custoditi nel Museo archeologico della città pugliese.

Le principali tecniche di lavorazione della cosiddetta Scuola orafa della Magna Grecia erano quelle della martellatura, cesellatura, filigrana e granulazione, molto complesse e delicate, producendo gioielli davvero molto preziosi, segno della ricchezza diffusa all’epoca nel paese.

I ritrovamenti avvenuti a Taranto, una delle città più importanti del tempo, e Lamezia Terme, nel cui territorio era situata l’antica e potente Terina, dimostrano come la lavorazione dei metalli preziosi, e in particolare dell’oro, fosse una delle attività più sviluppate nelle città della Magna Grecia tra il IV e il I secolo a.C.
Annamaria Persico


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