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13 aprile 2019

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A Caulonia «Costituzione e autonomie differenziate»: convegno sulla regionalizzazione organizzato dai docenti. Tutti gli interventi


Il 9 aprile 2019 presso la Biblioteca comunale di Caulonia (RC) si è tenuto il convegno “Costituzione e autonomie differenziate” organizzato dall’Associazione Scuola Insegnanti Specializzati, dai Partigiani della Scuola Pubblica e dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Reggio Calabria.

Tra i relatori sono presenti per i Partigiani della Scuola Pubblica, l’Avv.to Gianfranca Bevilacqua, per l’associazione insegnanti specializzati, Mimmo Iacopino, per il Sud che sogna, Francesco Emanuele Capogreco, per l’Associazione Nazionale Partigiani, Sandro Vitale. Presenti al tavolo dei relatori, il Sindaco di Polistena (Michele Tripodi), di Roghudi (Pierpaolo Zavettieri) e di Caulonia (Caterina Belcastro). Ancora al tavolo dei relatori: Federica Roccisano (economista) Nino Zumbo (Presidente associazione mutuo soccorso), Vito Pirruccio (dirigente scolastico) Mimma Pacifici (CGIL Locri) e don Pino de Masi referente di Libera antimafia.

Ha introdotto il dibattito il moderatore, Prof.re Lucio Ficara, giornalista della Tecnica della scuola che ha dichiarato: “I docenti scolastici saranno dipendenti regionali e non ci saranno aumenti stipendiali neanche per i docenti del nord. Ci saranno invece tutti i problemi che la regionalizzazione comporta”

Interviene Caterina Belcastro, Sindaca di Caulonia, rapprensentando i rischi, le preoccupazioni e le ripercussioni del regionalismo differenziato, sottolineando che ci sarà una sorta “secessione” dei ricchi, una modifica in peius. “Le regioni che oggi sono più ricche, lo diventeranno ancora di più a scapito di quelle povere. Ciò si ripercuoterà inevitabilmente sulla qualità della vita dei cittadini arrecando notevoli pregiudizi soprattutto nella sanità e nell’istruzione. La proposta, che poi è un auspicio, è il rilancio della questione meridionale, ormai cancellata da questo scellerato patto di governo.”

Il Prof.re Mimmo Iacopino dell’ASIS ha ringraziato tutti i presenti e ha ribadito l’importanza di portare avanti iniziative di questo tipo per sensibilizzare la popolazione sul tema scottante della regionalizzazione.

Sandro Vitale dell’Associazione Nazionale Partigiani, ha dichiarato che la Costituzione scritta dai padri costituenti deve essere il nostro faro e la regionalizzazione frammenta, non unisce questo Paese, già diviso tra nord e sud, e afflitto da annosi problemi che hanno caratterizzato la nostra storia. Infine ha ricordato tutti i tentativi storici di smantellare la costituzione, dal grosso errore del 2001 fino al refererendum renziano del 4 marzo.

Poi ha preso la parola la Prof.ssa Gianfranca Bevilacqua che tratta il tema della Costituzione e autonomie differenziate
“Il tema di oggi è, ancora una volta, un tema di “abusi” e prevaricazioni, nella forma più odiosa e gretta, perché perpetrata dai ricchi a danno dei “poveri”. Ma attenzione a non pensare che si tratti dell’ennesima lamentatio del Sud, scansafatiche e parassita, ai danni del Nord, alacre e instancabile! Niente di più falso e fuorviante. Cerchiamo insieme di capire perché.
L’Autonomia differenziata, erroneamente spesso sintetizzata col termine “sbrigativo” di Regionalizzazione, è un processo avviato da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, cui seguono attualmente altre 11 Regioni, tendente a far sì che esse Regioni possano godere di autonomia e potere decisionale su molte materie di rilevanza costituzionale e, soprattutto, mettere le mani e gestire da sé le risorse economiche e i fondi necessari per attuarle nei rispettivi territori.
I meno avveduti, anche meridionali, sono indotti a commentare: “Beh, è giusto così, il Sud e i suoi amm.ri hanno spesso dato dimostrazione di inarginabile incapacità –volendo essere “gentili”!- o, nella più frequente delle ipotesi, di appropriazione indebita di fondi pubblici!”
E la falsa informazione, su cui far correre velocemente la propaganda di certo regime, è bell’e confezionata. Ma…non è così. Certo, episodi di tal fatta hanno storicamente connotato la storia dell’uomo, ma al sud, così come al nord. Questa però è un’altra storia, molto meno “raccontata”, perché le forze del Potere, quello cattivo, viaggiano più ad “alta velocità” sui binari dell’ignoranza e della disinformazione.
E’, invero, la storia dei “fabbisogni standard”. I fabbisogni standard misurano il fabbisogno finanziario di un ente in base alle caratteristiche territoriali e agli aspetti socio-demografici della popolazione residente.
È un coefficiente di riparto che esprime, posto pari a 1 il fabbisogno complessivo di uno specifico servizio, la quota di pertinenza di ogni comune, ed è alla base del calcolo e della stima della porzione di risorse, derivante dal gettito fiscale, che lo Stato è chiamato a trasferire e/o restituire alle Regioni per la gestione dei bisogni dei rispettivi abitanti.
E’ evidente allora che la loro quantizzazione deve rapportarsi ai bisogni specifici di quelle popolazioni e di quei territori presi in considerazione: in altri termini, e a mero titolo esemplificativo, quanti giovani da istruire, quanti anziani/disabili da assistere, quanta porzione di territori franati e/o alluvionati da mettere in sicurezza.
Questi criteri non sembrano però sufficienti al Veneto e al suo Governatore, che ne propongono l’integrazione in proporzione al gettito fiscale, ossia alla ricchezza di quegli stessi cittadini.
In pratica, per poter “godere” di certi servizi, non è più sufficiente essere cittadini italiani, ma diventa indispensabile essere cittadini italiani di una regione italiana ricca, così letteralmente ribaltando 1 dei principi fondanti della ns. Costituzione,
il principio di uguaglianza sostanziale, la cui attuazione rimane compito precipuo della Repubblica, ex art. 3 II comma., non basta.
Risale al ’01 la pronuncia della Corte Costituzionale che ha sentenziato il vuoto normativo afferente alla mancata definizione, a cura dei vari Governi che si sono succeduti, a tutt’oggi, dei LEP, da garantire inderogabilmente e in misura omogenea, a tutti i cittadini italiani, ovunque residenti. E allora, com’è possibile procedere in senso inverso, cioè, se non si conosce ancora l’entità dei lep, come si può correttamente stabilire l’entità delle risorse da erogare alle diverse Regioni?
E balza subito evidente l’intento criminoso di certi politici: in 18 anni non si è ancora riusciti a quantizzare i lep, mentre in pochi mesi sono già chiarissimi i contorni del processo di autonomia differenziata sfrenata, tanto da porla come elemento di ricatto per la sopravvivenza dell’esecutivo in carica: “o si fa la regionalizzazione o il governo cade!” Tutto questo è inaccettabile.

La regione Veneto rivendica per sé il potere normativo e gestionale esclusivo di tutti i più rilevanti servizi pubblici nazionali, giungendo così al graduale smantellamento di una programmazione infrastrutturale del Paese: la C.i.g., la programmazione dei flussi migratori, la previdenza complementare, la contrattazione nel comparto sanitario, i fondi per il sostegno alle imprese, le Soprintendenze, le valutazioni dell’impatto sul territorio dei vari impianti industriali, le concessioni idroelettriche e stoccaggio gas, le autorizzazioni per le concessioni elettrodotti, gasdotti e oleodotti, la Protezione civ., i VV. del Fuoco, strade, autostrade, porti e aeroporti, la partecipazione alle decisioni relative agli atti normativi comunitari, la promozione all’estero, l’IStat, il CoReCom –da sostituire all’AGCom, le professioni non ordinistiche, e, naturalmente, l’offerta formativa scolastica: la facoltà di scegliere i docenti su base regionale, il diritto di stabilire l’entità dei contributi alle scuole paritarie, i fondi per l’edilizia scolastica, il diritto allo studio, la formazione universitaria, con il definitivo perfezionamento del processo di annientamento della Scuola Una e Pubblica, già iniziato da qualche anno.

Ma è evidente che tutto questo niente ha a che fare con un processo, pur accettabile, di “riconoscimento e promozione delle autonomie locali e di ampio decentramento amministrativo”, ex art. 5 Costituzione: questa è vera e propria secessione, in quanto tale assolutamente inammissibile, anzitutto perché contraria alla Costituzione; poi perché perpetrata arrogantemente da chi da sempre ha saccheggiato e impoverito, economicamente e culturalmente; e infine, perché foriera di conseguenze pesantissime e distruttive sull’universo Scuola, da tutelare assolutamente, perché alla base di un futuro “pulito”, impedendone la degenerazione da Istituzione a servizio, da Statale a regionale, da Diritto a servizio aziendalistico, da Libera a neoliberista.”

Mimma Pacifici della CGIL Locri, interviene dichiarando che bisogna continuare a parlare con la gente facendo più riunioni possibili perché questo è l’unico strumento che abbiamo per informare la gente. Inoltre ha ribadito che è necessario portare avanti questa battaglia non da meridionalisti ma come problema del paese. Poi Rispetto alla scuola ha ribadito le preoccupazioni manifestate un po’ da tutti, sottolineando però che serve fare una battaglia seria per il tempo pieno obbligatorio.

Federica Roccisano (economista) invece sostiene che “Avversare questo tipo di Regionalismo Differenziato deve diventare una missione per ognuno di noi; occorre mobilitare le coscienze e coinvolgere tutti: dal cittadini al rappresentante delle istituzioni. Non possiamo consentire, infatti, che si legittimi un sistema che invece di ridurre le diseguaglianze tra i cittadini le ampilifica, specie se consideriamo quanto sarebbe grave se questo avvenisse nella scuola, la principale agenzia educativa che deve rendere tutti gli studenti uguali, che nella sanità a danno dei più vulnerabili.”

Emanuele Capogreco, in rappresentanza del Sud che Sogna invece asserisce che Le autonomie differenziate, il comunemente detto regionalismo, ci mette difronte ad un tentativo di forzare i dettami costituzionali.
Il quadro entro cui si muovono le richieste avanzate da alcune regioni di avocare a se maggiori competenze per le materie a legislazione concorrente sono gli articoli 116 e 117 della Costituzione, ma le maggiori autonomie da queste richieste, sembrano un modo per scardinare i dettami dell’articolo 3, in particolare del secondo comma in cui si parla di uguaglianza sostanziale, attraverso la richiesta di autodeterminare materie quali l’istruzione.
L’appello lanciato è dunque quello di parlare diffusamente della vicenda scardinando questo intento di acuire le differenze tra le regioni.
Poi ha fatto presente che tale atteggiamento spinge ad un individualiamo evidente in cui ciascuno vorrà autogestirsi, un’evidenza presente in tutti gli atti di questo attuale governo.
Atteggiamento che si contrappone al carattere invece sociale della nostra carta costituzionale. Se alle autonomie differenziate abbiniamo la scellerata proposta di mutare il sistema fiscale verso una tassazione piatta (flat tax) ci troviamo di fronte ad un quadro in cui a pagare per questa autonomia saranno le fasce più deboli.

Urge quindi fare propria questa battaglia senza chiuderla in un confronto nord-sud perché a pagarne le conseguenze più gravi sono appunto i lavoratori di tutta la penisola, sia in terminj di carenza di servizi che di aumento delle tasse. Non é certo un caso che si arrivi oggi a questa situazione, oggi che abbiamo un governo sovranista che parla alla pancia della popolazione. Occorre oltre che diffondere il più possible il meccanismo di questo inganni, fare una proposta piú radicale e chiedere di rivedere gli articoli 116 e 117.

Poi ha Preso la parola, il Sindaco di Polistena, Michele Tripodi che, in maniera convinta asserisce “Il disegno di autonomia differenziata pone in campo due ordini di problemi. Il primo di tipo strettamente giuridico, in ordine alla legge di approvazione che introduce nel nostro ordinamento un procedimento legislativo nuovo che sta in mezzo alla legge ordinaria ed alla legge costituzionale.
Il rischio é che lo stesso procedimento violi la Costituzione in quanto é legittimo domandarsi come mai non venga data a tutti la possibilità di pronunciarsi con un referendum confermativo sulle intese proposte solo con alcune regioni.
Il secondo di tipo politico, in relazione all’opportunitá di avviare processi disgregatori delle identità che amplificano le differenza fra territori ricchi e poveri, che camminano a velocità diverse e sfalsate rispetto alle dinamiche dello sviluppo economico.
La politica dell’attuale governo, a cui sarebbe meglio staccare la spina, é quella della contraddizione, della ricerca della divisione per orientare i cittadini verso l’individualismo, verso la ricerca dell’ego che si contrappone a tutto il resto che lo circonda. Da qui il proliferare dell’odio dilagante, dell’intolleranza, del rifiuto della diversità.
Infine va fatta una riflessione sul rapporto tra Europa e Costituzione. Questa Europa nata sotto il segno del neoliberismo ed i suoi trattati istitutivi sono incompatibili con la Costituzione italiana, la cui vocazione é stata sempre verso la democrazia, il progressismo, il socialismo.
Si veda il pareggio di bilancio innestato in Costituzione che fu una violenza imposta dall’alto. Occorre rivedere questa impostazione altrimenti quando parliamo di regionalismo differenziato acceleriamo solo la frantumazione della Costituzione la quale rischia di non sopravvivere sia alle spinte esogene delle banche e dei grandi gruppi finanziari europei, sia a quelle interne provenienti dalle intese per un‘autonomia differenziata che altro non rappresenta che la secessione dei ricchi.”

Infine il dirigente scolastico Vito Pirruccio ha asserito che è importante puntare all’Europa, quindi all’unione europea, perché la disgregazione territoriale non ha senso rispetto al concetto di unione in Europa.
don Pino de Masi referente di Libera antimafia ha ribadito l’importanza del rispetto dei valori costituzionali, che in un’ottica di regionalizzazione verrebbero meno.

Infine Il Sindaco di Roghudi Pierpaolo Zavettieri ha dichiarato che il regionalismo differenziato è ormai un processo in fase avanzata, purtroppo in continuità con il governo precedente. – “Può essere bloccato o comunque condizionato solo se parte dalle regioni meridionali (comuni, province, regioni, forze sindacali, sociali, produttive, intellettuali, etc.) una forte offensiva politica e culturale che sensibilizzi l’opinione pubblica e le istituzioni della Repubblica, Parlamento in primo luogo. Siccome le regole del regionalismo sono truccate (vedi spesa storica ed altri parametri…) bisogna invertire l’ordine dei lavori. Bisognerebbe prima affrontare il nodo dei LEA e dei LEA (livelli essenziali di assistenza, di prestazione e dei servizi) nel rispetto del dettato costituzionale come garanzia della parità di trattamento e di condizione che danno il senso dell’unità del Paese, e poi le autonomie speciali regionali su materie limitate e ben definite. La sfida della competizione potrebbe essere accettata a parità di basi di partenza, altrimenti sarebbe un suicidio, come nel nostro caso. Anche se la mia parte politica al referendum del 22 ottobre 2017 non é stata fra quelle (dx e sx) che hanno guardato dall’altra parte, appare scontato che la lotta contro questo processo in atto deve essere trasversale e apartitica.”


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