Al-Zawahiri, da 11 anni al vertice di al-Qaeda
2 agosto 2022

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Al-Zawahiri, da 11 anni al vertice di al-Qaeda


Ayman al-Zawahiri, leader di al-Qaeda ucciso dagli Usa in seguito ad un attacco condotto con droni, era succeduto al fondatore di al-Qaeda Osama bin Laden dopo l’uccisione di quest’ultimo nel blitz delle forze speciali statunitensi il 2 maggio del 2011 in Pakistan.

Nato in una famiglia di magistrati e medici egiziani, era considerato il numero due di al-Qaeda fino all’uccisione di bin Laden, dopo essere stato al suo fianco per oltre un decennio. Da quando, in nome della comune lotta contro ”gli ebrei e i crociati”, l’ala egiziana del jihad si unì a quella che faceva capo al miliardario saudita. Entrato nei Fratelli musulmani (il gruppo radicale sunnita che ha ispirato Osama Bin Laden sin dall’inizio dei suoi studi in una scuola religiosa di Gedda) a 14 anni, al-Zawahiri fu tra le centinaia di persone arrestate a seguito dell’assassinio del presidente egiziano Anwar al Sadat, il 6 ottobre del 1981. Rilasciato poco dopo, si recò in Afghanistan, dove si unì alla resistenza dei mujahidin contro l’occupante sovietico: fu allora che per la prima volta entrò in contatto con bin Laden, con cui diede vita ad al-Qaeda.

Già nel 1996 gli Stati Uniti lo ritenevano la minaccia più seria e credibile contro gli obiettivi americani. Come poi dimostrato dagli attacchi alle ambasciate degli Stati Uniti in Kenya e Tanzania, nell’agosto del 1998, costati la vita a oltre 250 persone. Le autorità del Cairo lo ritengono responsabile anche dell’attentato nel novembre del 1997 a Luxor, nel quale morirono 62 turisti, per il quale è stato condannato a morte in contumacia. Volto e voce di al-Qaeda con numerosi messaggi video e audio che ha registrato per incitare al Jihad, denunciando “i crociati, le cospirazioni sioniste e gli arabi traditori”, al-Zawahiri nel 2012 aveva invitato i musulmani a rapire i turisti occidentali nei paesi musulmani.

Nel 2006 fu obiettivo di un raid americano. Il 13 gennaio, la Cia lanciò un attacco a Damadola, un villaggio pakistano al confine con l’Afghanistan, dove credeva si trovasse il medico egiziano invitato a una cena di leader militanti. Nel raid morirono 18 persone, tra cui cinque donne e cinque bambini, mentre al-Zawahiri, la cui presenza a quella cena non venne mai in realtà confermata, sfuggì all’attacco aereo americano. Dopo gli attentati dell’11 settembre il Dipartimento di Stato Usa mise una taglia di 25 milioni di dollari per informazioni utili alla sua cattura.


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