Aldo Moro
24 settembre 2016

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Aldo Moro e l’intelligence nei cento anni dalla nascita


Su Aldo Moro c’è il riconoscimento prevalente che appartiene a una ristretta categoria: quella degli uomini di Stato. Valutazione che discende dall’apporto nella Costituente, dallo svolgimento dei suoi rilevanti ruoli di governo, oltre che per le funzioni di Segretario della Democrazia Cristiana, nel periodo di apertura al Partito Socialista, e di Presidente dello scudo crociato, nella fase ancora più delicata del compromesso storico.

Temi che incidevano direttamente sulla posizione internazionale del Paese, come confermano i dispacci desecretati della CIA e dell’MI6 inglese, dove il nome di Moro spesso ricorre. La sua azione si è svolta in uno scenario caratterizzato dagli accordi di Yalta, dove il bene primario da garantire era quello della sicurezza per rimanere ancorati all’alleanza atlantica, in un Paese dove c’era il Partito Comunista più forte dell’Occidente.

E per fare questo lo strumento dei servizi segreti era fondamentale perché la guerra fredda era «guerra di spie».

Moro si trovava sempre al centro di vicende che vengono rubricate come misteri della Repubblica. Era presidente del Consiglio nel 1964 all’epoca del «Piano Solo», il presuntotentativo di colpo di Stato del generale dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo. Era Ministro degli esteri nel 1969 quando scoppiò la bomba di Piazza Fontana, con l’inizio della strategia delle tensione, e poi nel 1973 quando si verificò l’attentato all’aeroportodi Fiumicino, dove un commando dell’Olp uccise 32 persone.

Tramite il colonnello dei servizi Stefano Giovannone, fu proprio Moro a ispirare l’accordo con i palestinesi in base al quale, in cambio della libertà di transito per armi e persone, i palestinesi non avrebbero operato attentati in Italia.

Nel campo dell’intelligence, la cui funzione Moro ben aveva perfettamente compreso e ben utilizzato sia in politica interna che in quella estera, ebbe un grande allievo: Francesco Cossiga, non a caso da lui nominato Ministro dell’Interno. Questo tema specifico di Aldo Moro finora non è stato per nulla affrontato, eppure rappresenta un elemento centrale della sua azione politica, che non si può interpretare in profondità se non si approfondisce come abbia effettivamente utilizzato informazioni e uomini dell’intelligence.

Basta leggere il memoriale dal carcere di Moro per verificare che i riferimenti agli apparati di intelligence sono costanti: dall’esercito paramilitare clandestino di Gladio ai fascicoli del SIFAR con i quali erano stati illegalmente schedati uomini politici e delle istituzioni. Per non dire del ruolo dei servizi segreti di mezzo mondo nell’epoca del suo sequestro. In definitiva, è una storia ancora tutta da scrivere quella di Moro e l’intelligence e quindi di una parte rilevante delle vicende della nostra Repubblica.
Mario Caligiuri
(tratto dal Quotidiano Nazionale del 23 settembre 2016)


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