Lauro e il suo castello (foto di Paky Cassano)
7 maggio 2017
Lauro e il suo castello (foto di Paky Cassano)

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Aquilonia, Montefusco, Lauro. La varietà dell’Irpinia la scopri strada facendo


Siamo in Irpinia, terra dei lupi e terra dei boschi. Vi raccontiamo tre piccole e grandi perle di questa particolare e in realtà enorme fetta di Italia interna, di Campania «interiore», come direbbe il poeta Franco Arminio. Irpinia terra vasta, sì.

Vi raccontiamo in pillole tre posti diversi dell’attuale provincia di Avellino. Il sintomo di un’Irpinia davvero grande territorialmente.

Prendi avamposti, ad esempio, come Montaguto e Savignano Irpino o, verso la Lucania, Conza della Campania, Teora, Lioni: lontanissime da cittadine come Baiano e Montoro da cui un abisso le separa.

«Paese fantasma», «borgo abbandonato». È furbo il turismo d’assalto. Richiami a volte artatamente resi macabri e spettacolarizzati. Ma non basterebbe ascoltare in silenzio l’eco delle genti antiche? Carbonara, ad esempio, era il vecchio nome dell’attuale Aquilonia, primissima Irpinia venendo dal foggiano.

E guai a chi osi parlare di paese fantasma per Carbonara. Questo è un parco archeologico vero e proprio e così merita di essere trattato, considerato, amato.

Il paese fu abbandonato dopo il terremoto del 1930. Siamo in alta Irpinia, vicini anche alla bella Monteverde, con il suo castello e soprattutto con lo straordinario e grande Spettacolo dell’Acqua. Due posti che valgono una visita.

Ti sposti di qualche decina scarsa di chilometri ed ecco Montefusco, una volta centro politicamente importante, località oggi piccola ma per secoli vera capitale del vecchio Principato Ultra e dunque ben più importante della stessa Avellino.

Il centro domina un’area montuosa al confine con la zona beneventana, vistosamente distaccata dalle ultime catene del Partenio. Proprio la vicinanza con Benevento dava a Montefusco la possibilità di controllare a vista la città «delle streghe».

Confina con la minuta San Nazaro, tra i borghi più piccoli del beneventano. Zona dunque di confine. E di confine, ma stavolta con il napoletano, è Lauro, paese dove il castello è «re» in un territorio semplice.

Quando la catena del Partenio guarda ormai sempre più concretamente all’area partenopea, ecco che il vallo di Lauro, con i suoi omonimi monti, segna uno dei territori di confine tra la provincia irpina e partenopea. Territorio appunto semplice, questo: estremamente rurale.

Eppure, maestoso s’eleva il Castello Lancellotti, datato con certezza al XIII secolo ma con probabili prodromi di qualche secolo prima. È un valido motivo per seguire i solchi, anche d’intorno selvaggi e incolti, di questo particolare angolo campano, sconosciuto alle tracce turistiche di massa e forse, proprio per questo, incontaminato e arcaicamente puro. Da qui, anche dalla vicina Taurano, si ammira con trasporto il panorama verso il golfo di Napoli e il Vesuvio.

L’antica capitale del Sud è lì, dominante la vista e le emozioni. Una chiesetta su un’altura vi saluterà a Taurano, non prima di avervi permesso questo panorama ammaliante.

In poco tempo sei da qui a Sarno (Sa), città tristemente famosa per una disgraziata alluvione. E poi al napoletano pieno di Palma Campania e Carbonara di Nola. A Domicella, invece, ancora provincia di Avellino, si può ammirare, restaurata, una struttura benedettina dell’XI secolo.
Marino Pagano


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