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20 luglio 2019

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Associazione Vittime del Dovere sul corto “Denyse al di là del vetro”: «Deprecabile utilizzare i sentimenti della figlia di un boss della camorra per intenerire sulle condizioni dei ristretti al 41 Bis»


Durante la ventinovesima edizione del celebre Festival del Cinema di Tavolara “Una notte in Italia”, che prevede le proiezioni serali di film e cortometraggi di grande interesse, è stato presentato il Cortometraggio dal titolo “Denyse, al di là del vetro” del regista Gianfranco Gallo. In base a quanto riportato dalla stampa “si propone di essere un racconto dal punto di vista dei familiari di chi è sottoposto al carcere duro”. In particolare, illustra la storia di una bambina, figlia di Raffaele Cutolo, ex superboss della nuova camorra organizzata, condannato al 41 bis, mai pentito, con 14 ergastoli sulle spalle. Denyse ha undici anni, è stata concepita durante la carcerazione del padre, con fecondazione in vitro, dopo una lunga polemica intrapresa da Cutolo per ottenere l’autorizzazione da parte del Ministero della Giustizia. Nel video si evidenzia come raggiunti i dodici anni di età, previsti dalla legge, non potrà più “abbracciare” il proprio padre a causa delle restrizioni previste dal regime detentivo.

Dalle parole del regista, in un’intervista rilasciata a Fanpage e pubblicata il 12 luglio scorso (https://youmedia.fanpage.it/video/aa/XSdmiOSwXRskl1ZA) si comprende che questo corto si dedica esclusivamente ad approfondire la condizione di una bambina “che nasce praticamente orfana, con un genitore con 14 ergastoli e al 41 bis; per cui con un genitore che può vedere la figlia una volta al mese e per un’ora alla volta”. Inoltre, il regista precisa che benché “io sono sempre dalla parte dei familiari delle vittime perché come primo istinto mi immedesimo nelle vittime.”, tuttavia Gallo aggiunge “Però poi c’è un’altra parte che ti fa andare più a fondo, ti fai tante domande”.

L’Associazione Vittime del Dovere, che riunisce vedove, orfani, invalidi e genitori di appartenenti alle Forze dell’Ordine, Forze Armate e Magistratura, caduti o rimasti invalidi nel contrasto alla criminalità comune, alla criminalità organizzata e al terrorismo, ritiene di precisare che un simile argomento risulta difficile da comprendere e soprattutto apprezzare.

L’approfondimento esternato dall’Associazione, scevro da intenti polemici nei confronti degli organizzatori e patrocinatori del Festival, che ogni anno si prodigano per realizzare un evento di grande spessore culturale nel panorama della cinematografia italiana, vuole essere solo uno spunto di riflessione per dare un reale inquadramento ad un tema spinoso e controverso, quello del 41 bis e dei sui risvolti, che viene posto all’attenzione del grande pubblico in modo capzioso ed edulcorato.

Pensiamo sinceramente che una bambina, e comunque dei minori in genere, non dovrebbero essere mai utilizzati per affrontare argomenti tanto controversi. Esistono purtroppo anime innocenti che subiscono scelte ed azioni efferate condotte dal proprio genitore consapevolmente.

Una riflessione necessaria è quella di prendere atto del disagio provocato da simili scelte per i minori, i quali vanno comunque tutelati. Denyse è stata concepita secondo una decisione pretesa a gran voce all’epoca da Cutolo e accordata dai vertici del Ministero della Giustizia di quel periodo, come privilegio concesso di fatto a pochi eletti, assecondando questo desiderio di paternità virtuale, tanto irresponsabile quanto aleatorio, alla luce di una tale condizione detentiva. Facendo tesoro di questa testimonianza bisogna prendere coscienza del fatto che una simile richiesta forse non dovrà più essere accordata dal Ministero per non avere ulteriori recriminazioni e polemiche a valle di una concessione che avrebbe dovuto essere apprezzata e non strumentalizzata per altri scopi.

Consideriamo infatti deprecabile sfruttare i sentimenti e le sensibilità di una bimba per intenerire sulle condizioni di efferati criminali ristretti secondo le prescrizioni del nostro ordinamento penitenziario al 41bis, regime detentivo costato la vita ai Giudici Falcone e Borsellino e alle loro scorte.
Ieri si è celebrata la strage di Via D’Amelio e corre l’obbligo celebrare e pregare per le Vittime.

È forte dirlo ma per amore di giustizia e di onestà intellettuale, ritengo necessario dare voce ai tanti orfani di Servitori dello Stato che non hanno più visto i loro genitori neanche attraverso un vetro: l’ultima immagine che abbiamo dei nostri padri è quella in una cupa bara.

Emanuela Piantadosi
Presidente Associazione Vittime del Dovere
Orfana del Maresciallo dei Carabinieri Stefano Piantadosi, Comandante di Stazione, MOMC, ucciso ad Opera (MI) il 15/6/1980 da un ergastolano in permesso premio


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