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14 marzo 2016

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Aumenta la presenza femminile nelle istituzioni, ma alle donne le deleghe meno importanti


Quante sono le donne nelle istituzioni? E quante quelle che ricoprono gli incarichi più importanti? Anche quest’anno openpolis torna ad analizzare la presenza femminile negli organi politici, prima a livello europeo e nazionale, passando poi alle Regioni e arrivando agli enti locali.

Aumenta le presenza femminile. Un po’ alla volta le donne sono aumentate di numero in molti dei parlamenti nazionali dei 28 paesi Ue e nello stesso europarlamento hanno raggiunto il 37% di presenze. Ma si tratta ancora di una presenza minoritaria, visto che in ben 17 di questi Paesi le donne non arrivano a comporre un terzo delle assemblee elette. L’Italia per la prima volta nella storia con l’attuale legislatura arriva a raggiungere proprio la soglia del 30% di donne in parlamento. Presenze che però scendono drasticamente se si osservano i ruoli più in vista o di potere, sia a livello nazionale che europeo.

Ancora poche nelle key-position. Nel consiglio europeo le donne scendono al 10% e in alcune istituzioni chiave si scende ancor di più, per esempio all’ecofin non si supera l’8%. Lo sguardo alla situazione nostrana trova una situazione speculare, sia in parlamento che nelle istituzioni locali. Sia alla Camera che al Senato le presidenti delle commissioni permanenti (vero fulcro dell’attività parlamentare) sono solo due. E dei tesorieri dei gruppi parlamentari 18 su 18 sono uomini. Le presidenti di regione sono solo due (10% del totale). Le sindache sono solo il 14% del totale, e guidano solo comuni medio-piccoli: nessuna donna è prima cittadina di una città con più di 300 mila abitanti.

Alle donne le deleghe meno importanti. Anche nelle istituzioni politiche, come nel resto della società, persistono due recinti: uno verticale, il cosiddetto soffitto di cristallo, che preclude le cariche più elevate; e un altro orizzontale, che confina le donne in settori ritenuti tipicamente femminili: welfare, cura della persona, istruzione. Pochissime le donne ministre a cui vengono affidati i budget più consistenti, e ancora più rare le deleghe sulle questioni economiche: in tutta Europa non c’è nemmeno una ministra dell’economia.

La parità-spot del governo Renzi. Al momento dell’insediamento dell’attuale esecutivo era stato dato parecchio risalto alla nomina di 8 donne su un totale di 16 ministri. La declamata parità di genere al governo è però crollata in pochi giorni. Meno di una settimana dopo, alla nomina di viceministri e sottosegretari la presenza femminile, dall’iniziale 50%, scendeva al 26,23%. A seguito di rimpasti e ulteriori nomine, è poi ulteriormente scesa all’attuale 25,40%.

Gli effetti della legge sulla doppia preferenza di genere. La legge 215/2012, riferita all’elezione delle istituzioni locali, ha introdotto la doppia preferenza di genere e l’alternanza uomo-donna nelle liste, due meccanismi pensati per riequilibrare la presenza dei due sessi nelle assemblee elettive. In soli tre anni la quota di amministratrici è cresciuta del 38,83%, e la legge non ha ancora dispiegato in pieno i suoi effetti (nel 2017 risulteranno rinnovati tutti i consigli comunali in presenza della legge).

(Openpolis)


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