«Fino ad oggi la politica agricola italiana ha sempre marginalizzato impegni e risorse per i cereali e le colture estensive in genere, piuttosto l’attenzione è sempre stata focalizzata sul vino, sulla frutta e sugli ortaggi. Quasi mai ci si è occupati veramente delle colture definite commodity. Eppure proprio i cereali rappresentano la vera spina dorsale della nostra agricoltura».
Così esordisce Enrico Gambi, presidente della Federazione nazionale dei cereali alimentari di Confagricoltura, commentando le polemiche sui prezzi troppo bassi del grano nazionale sfociate in proteste e sit in organizzati di recente dagli agricoltori contro l’industria, accusata di sottopagare la materia prima italiana senza riconoscerne l’effettivo valore.
«Quest’anno», spiega l’esponente dell’organizzazione agricola «si è evidenziata una crisi non solo italiana, che è prima di tutto internazionale, legata anche al fatto che il mercato del grano nel nostro Paese è in mano a pochi soggetti che hanno approfittato di questa congiuntura negativa e d un’offerta di frumento duro e tenero ancora non organizzata da parte dei cerealicoltori italiani».
L’agricoltura del nostro Paese, come ribadisce ancora Gambi, non può comunque prescindere da uno sviluppo della sua cerealicoltura, base di partenza e sostegno delle grandi filiere zootecniche della carne e del latte e dei suoi prodotti vessillo del made in Italy, come le Dop del Grana Padano, o del Prosciutto di Parma.
Resta quindi fondamentale, ricorda Confagricoltura, per il rilancio del comparto il ruolo dell’innovazione tecnologica attraverso la ricerca e sviluppo, non solo sulle varietà di grano.
«Oggi ad esempio le cultivar sia sul frumento duro che tenero», precisa Gambi «hanno come origine una genetica francese a cui si ricorre perché il nostro Paese non ha più investito nella ricerca di nuova varietà. Queste cultivar non garantiscono ovviamente performance e rese ideali per il nostro Paese».
Una seconda priorità riguarda l’ammodernamento dei centri di raccolta dei cereali. Oggi la materia prima viene consegnata a magazzini obsoleti nei quali non è possibile differenziare il prodotto con conseguenze spesso negative anche sul piano fitosanitario. Occorre quindi valorizzare al meglio la qualità dei cereali, a cominciare dalle buon modalità di conservazione.
Un altro punto da affrontare, ricorda Confagricoltura, è quello del rispetto delle regole fitosanitarie, non solo tra materiale nazionale e importato.
«Anche per quanto riguarda la materia prima nazionale», sottolinea il presidente della Federazione nazionale dei cereali alimentari «occorrono regole certe e condivise da tutta la filiera, anche nei casi di massima tensione dei mercati. Succede infatti che in questi momenti critici la parte contrattuale più forte tenda a mettere in discussione regole già stabilite».