CENTO ANNI. Le banche italiane che hanno mantenuto la continuità aziendale per più di cento anni sono ben poche. Ancora meno sono quelle che hanno mantenuto la proprietà italiana. La più antica banca privata romana è la Banca del Fucino che il prossimo martedì 4 luglio compie appunto un secolo; è stata infatti fondata dalla Famiglia Torlonia il 4 luglio 1923 in via Tomacelli, 139 a Roma, in un immobile che è tutt’oggi sede degli uffici dell’Istituto. In cento anni, la banca ha attraversato in continuità i diversi percorsi della storia d’Italia: dal fascismo, alla seconda guerra mondiale, alla nascita dell’Italia repubblicana e del miracolo economico; dalla crisi degli anni 70 alla ripresa degli 80, all’aggancio alla moneta unica europea, agli anni Duemila e la doppia recessione del 2008 e 2013 e agli anni contemporanei. Nell’ultimo triennio Banca del Fucino ha vissuto un totale ricambio dell’azionariato e l’integrazione con Igea Banca conclusasi nel giugno 2020. Banca del Fucino è divenuta così capogruppo di un Gruppo bancario cui fanno parte Igea Digital Bank e Fucino Finance controlla inoltre Fucino Green, società non finanziaria focalizzata nel settore delle energie rinnovabili.
AMAZON. Un affezionato lettore del PROMEMORIA mi chiede se Amazon sia davvero diventato qualcosa di molto vicino al “Grande Fratello” orwelliano. Non sono d’accordo. E’ vero che Amazon viene criticata sotto molti punti di vista: perché non paga le tasse nei paesi dove percepisce redditi; perché ucciderebbe, con tecniche poco chiare, la concorrenza; perché raccoglie, ben più di Google, Facebook e Twitter, tanti dati personali della propria clientela. Ma la realtà è che Amazon il ruolo vincente e dominante che ha assunto oggi lo ha conquistato sul mercato intercettando una domanda inespressa ma autentica attraverso la realizzazione di un servizio di vendita “globale” a domicilio estremamente efficace e, sostanzialmente, a basso costo. In un suo recente saggio il politologo americano Ian Bremmer sottolinea come le due più grandi tech-company del mondo, Amazon ed Apple, abbiano una visione strategica molto diversa, addirittura opposta. Apple vuole essere, e restare, il campione globale dell’elettronica di alta gamma (prodotti dal design esclusivo: difesa ad oltranza della privacy e della sicurezza del “cloud” costi quel che costi); insomma Apple punta alle elite (qualunque cosa esse siano) mondiali che non badano al prezzo del prodotto. Amazon invece punta a dominare i dati e la logistica necessari a gestire il commercio al dettaglio di beni a basso costo in Occidente.
Insomma il suo target è il consumo di massa di beni economici , puntando su una classe media e medio bassa che, prima, la crisi economica dello scorso decennio di questo secolo e poi la devastante emergenza da pandemia, ha sempre più allargato, impoverito e reso fragile. Questi i due modelli di business tenderanno ad accentuarsi sia per motivi tecnici (il passaggio dal web “classico” all’Internet delle cose) sia per motivi economici (l’ampliarsi dei settori sussidiati dall’intervento pubblico). Insomma al crescere delle diseguaglianze socio-economiche, il modello di Apple si rivolge sempre più direttamente ai pochi privilegiati quello di Amazon va verso i molti sussidiati; “pertanto – conclude Bremmer – il modello vincente sembra sicuramente quello di Amazon, non certo quello di Apple”.
(di Mauro Masi)