Bronzi di Riace: 50 anni dal ritrovamento dei guerrieri più belli del mondo. I punti fermi sulla loro origine
Porto Forticchio di Riace Marina, mattina del 16 agosto 1972: il sub Stefano Mariottini avvista a 300 metri dalla costa e a 8 metri di profondità, i Bronzi di Riace. Il 21 agosto è recuperato il Bronzo B, il 22 il Bronzo A, successivamente rinominati il vecchio e il giovane.
Alte rispettivamente 1,98 e 1,97 metri, le due statue hanno un peso di 160 kg, dagli originari 400 kg del ritrovamento, in virtù della rimozione della terra di fusione.
Costruite attorno alla metà V secolo a.C. da un unico Maestro, le due statue, come dimostra la terra di fusione, sono originarie di Argo e presentano stilemi tipici del Peloponneso.
Divinità o guerrieri: la loro identificazione è oggi un mistero. Così come le ipotesi sul relitto che li trasportava, mai ritrovato: particolari che lasciano aperti molti spazi interpretativi sulla loro storia. Fu la Soprintendenza di Reggio Calabria ad intervenire per prima sul restauro dei Bronzi di Riace.
Poi, per 5 anni, dal 1975 al 1980, le statue furono oggetto delle attenzioni degli esperti dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze per la pulizia e lo svuotamento della terra di fusione posta al loro interno.
Gli interventi continuarono nel laboratorio del Museo di Reggio dal 1992 al 1995. Con la chiusura del Museo per i lavori di ristrutturazione nel 2009, le due statue furono accolte al Consiglio Regionale della Calabria dove proseguì l’intervento conservativo, negli anni dal 2010 al 2013.
In un suggestivo trasferimento notturno, nel dicembre del 2013, le statue furono riportate al Museo e collocate sulle basi antisismiche progettate dall’ Enea, Agenzia nazionale nuove tecnologie, energia e sostenibilità in grado di salvaguardarle anche da scosse di forte intensità.
La prima visione al pubblico avvenne dal dicembre del 1980 al giugno del 1981, al Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
Per volere del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, le due statue furono poi esposte al Quirinale dal giugno al luglio del 1981, suscitando una straordinaria attenzione di visitatori.
Oggi si possono ammirare al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, diretto da Carmelo G. Malacrino, al piano D della esposizione permanente.
(Fonte https://www.facebook.com/MuseoArcheologicoRC/)
Bronzi di Riace, considerati tra le testimonianze più significative dell’arte greca classica, sono due statue bronzee raffiguranti due uomini nudi, originariamente armati di scudo e lancia, divenuti simbolo della città di Reggio Calabria. Le statue sono oggi esposte al Museo Archeologico di Reggio Calabria, dove sono tornate nel dicembre 2013 dopo il restauro del museo, tutt’ora in corso. I Bronzi furono ritrovati nel 1972, in eccezionale stato di conservazione, sul fondo del mar Ionio, nei pressi del comune di Riace Marina, da un appassionato subacqueo durante un’immersione a circa 200 m dalla costa ed alla profondità di 8 m. Le ipotesi sulla provenienza, sulla datazione e sugli autori delle statue sono diverse. Risalenti probabilmente alla metà del V sec. a.C., si è supposto che i Bronzi fossero stati gettati in mare durante una burrasca per alleggerire la nave che li trasportava o che l’imbarcazione stessa fosse affondata con le statue. Un primo restauro avvenne negli anni 1975-80 a Firenze, dove, oltre alla pulizia e alla conservazione delle superfici esterne, si cominciò a svuotarne l’interno dalla terra di fusione originaria. I Bronzi di Riace sono alti 1,98 e 1,97 metri e pesano 160 kg. Raffigurano due uomini completamente nudi, con barba e capelli ricci, il braccio sinistro piegato, e il destro disteso lungo il fianco. Ambedue indossavano un elmo, impugnavano una lancia o una spada nella mano destra e reggevano uno scudo con il braccio sinistro, elementi smontati al momento dell’imbarco per permettere di adagiare sulla schiena le statue e facilitarne il trasporto. Originariamente erano ancorati alla loro base grazie ad una colatura di piombo fuso fatto fluire sia entro i piedi sia nell’incavo predisposto nella base stessa. Una volta solidificato, il piombo assunse la forma di tenoni che i restauratori dovettero asportare per penetrare all’interno della statua.
Sulle due statue si possono affermare alcuni punti fermi:
Le due statue sono di bronzo, dallo spessore molto tenue, tranne alcuni particolari in argento, in calcite e in rame. Sono in argento i denti della Statua A. In rame sono stati realizzati i capezzoli, le labbra e le ciglia di entrambe le statue, oltre che le tracce di una cuffia sulla testa del Bronzo B. In calcite bianca è la sclera degli occhi, le cui iridi erano in pasta di vetro, mentre la caruncola lacrimale è di una pietra di colore rosa.
I Bronzi di Riace sono opere originali della metà del V secolo a.C., con somiglianze tra loro talmente evidenti da rendere sicura la loro ideazione e realizzazione da parte di un medesimo Maestro.
Il loro stile esclude la fattura attica, ma rimanda a stilemi dorici, propri del Peloponneso e dell’Occidente greco.
Riguardo alle differenze cronologiche notate da molti studiosi, non si può non riconoscere come, fatta eccezione per la zona addominale e per la resa del volto, il resto del corpo delle due statue sia sorprendentemente simile, con particolari che rendono certa la realizzazione a opera della medesima mano di artista. Tale osservazione porta a considerare coeve le due statue.
Le due statue sono state visibili per molti anni. In epoca romana il Bronzo B fu danneggiato: si determinò la rottura del braccio destro, del quale, fatto unico a nostra conoscenza, fu eseguita una seconda fusione dopo averne fatto un accurato calco.
Le due statue sono state certamente eseguite ad Argo, nel Peloponneso, come ha dimostrato l’esame delle terre di fusione eseguito dall’Istituto Centrale del Restauro di Roma.
Delle due statue, che pure sono state esposte molto tempo, non abbiamo copie in marmo, tranne una proveniente da Roma, ora al Museo di Bruxelles, in marmo pentelico, acefala e mutila di tutti gli arti. Il ritmo compositivo sembra quello della statua di Riace, ma la mancanza di tutti gli arti e della testa non ci pare possa avere tutti i crismi della sicurezza assoluta.
Le due statue raffigurano due opliti, anzi un oplita (Bronzo A) e un re guerriero (Bronzo B).
I due Bronzi di Riace sono stati eseguiti per essere visti insieme, essendo volutamente simili, se pure diversi. In quest’ottica, sembra poco probabile che un artista, nel dovere fare un gruppo di alcune statue, le facesse tutte simili, senza giocare sui diversi atteggiamenti dei personaggi raffigurati.
A queste certezza, ci sembra possa fare da corollario l’ipotesi che, trattandosi di un gruppo statuario posto ad Argo, come testimoniano le terre di fusione, esso abbia a che fare con il mito dei Sette a Tebe, narrato da molti poeti e tragediografi antichi, che si pone come il “mito nazionale” argivo, mentre altrove i sette condottieri non ricevettero mai un culto pubblico come eroi.
Dettagli Statue
ALTEZZA
1,98m
PESO
160Kg
PERIODO DI CREAZIONE
L’analisi delle terre di fusione rimaste dentro le due statue dimostra che esse sono state ad Argo, nel Peloponneso, in Grecia.
RITROVAMENTO
Il 16 agosto del 1972, il fotografo romano Stefano Mariottini, a circa 200 m dalla costa e alla profondità di 8 m. trovò le due statue. Dopo alcune vicende, il recupero fu curato dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria, che si avvalse del Nucleo Sommozzatori dei Carabinieri di Messina.
NOME SCIENTIFICO
Polinice (Statua A) ed Eteocle (Statua B).
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