Buchmesse: ultimo incontro a Padiglione Italia sulla cultura che unisce
20 ottobre 2024

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Buchmesse: ultimo incontro a Padiglione Italia sulla cultura che unisce


Alla Buchmesse 2024, l’ultimo incontro all’Arena nella Piazza Italiana, disegnata da Stefano Boeri Interiors per il Padiglione Italia Ospite d’Onore, ha visto protagonisti il patriarca di Venezia Monsignor Francesco Moraglia, presidente della Conferenza episcopale del Triveneto e autore di numerose pubblicazioni e Rav Scialom Bahbout, già rabbino capo a Napoli, Bologna e Venezia, nell’incontro “La cultura che unisce. La religione e le radici” moderato dal giornalista Nico Spuntoni.

Al centro del confronto i vent’anni della Costituzione Europea e sullo sfondo, riflessioni e bilanci sul giusto equilibrio tra tradizione e modernità. “Le religioni creano cultura. Le radici giudaico-cristiane non vengono richieste nella costituzione come un fatto culturale che nasce dall’esperienza religiosa ebraica e cristiana – esordisce il Patriarca di Venezia Moraglia – Nel momento in cui l’Europa sta diventando multietnica e multireligiosa dovremmo trovare un collante che rispetti tutti. L’Europa nasce come realtà anche giudaico-cristiana dove si evidenzia la persona. I valori laici che nascono dalla persona sono in grado di generare una versione in cui fedi e culture diverse dovranno trovarsi nel rispetto della persona. Accettare questo, lo dico come un’offerta culturale, avrebbe aiutato oggi a trovare un collante”.

“È un fatto storico che ebraismo e crististianesimo hanno fatto la storia europea. Negare questa verità è negare un dato di fatto – il pensiero di Bahbout – Negare la presenza, l’importanza di quella che è stata la cultura ebraica nell’Europa, nega tutta la cultura cristiana. Le radici giudaico-cristiane hanno un significato e vanno tenute presente. Alla fiera del libro è importante riflettere su quale possa essere il contributo che possiamo dare alla rinascita spirituale – dice Bahbout – Il libro classico dell’ebraismo è il Pentateuco che per leggerlo in comunità deve essere scritto a mano con lettere comprensibili. Il libro non deve rimanere muto, deve parlare. Ogni generazione nella storia ebraica ha letto il libro e gli ha dato un’interpretazione diversa. Sarebbe importante, anche a scuola, non semplicemente leggere un testo, ma cercare di interpretarlo e discuterne. Sarebbe utile insegnare a fare domande”.

“Il libro credo che abbia una sua origine creativa – dice Moraglia – Non stupisce che la Bibbia sia il libro più letto e tradotto. La scintilla divina che abita l’uomo genera altri libri che cercano di dare risposte fondamentali. Il libro è ancora fondamentale nella società in cui viviamo. Il libro è qualcosa che crea la comunità secondo una profondità differente e la responsabilità di quello che diciamo e scriviamo”, sottolinea il Patriarca.


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