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15 dicembre 2016

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Calabria magica: «Mi cantano le fate del mio monte…»


Le Fate nell’immaginario collettivo, in Calabria come altrove, sono creature magiche ed eteree, bellissime ed eternamente giovani, spesso raffigurate con le ali, benevole e protettrici verso gli umani ma visibili solo ai puri.

Vivono nelle grotte vicino a corsi d’acqua e escono solo di notte per raccogliere fiori e miele di cui si cibano e per tessere misteriosi e delicatissimi tessuti ad un telaio, posto in un luogo consacrato, di cui gli umani sentono solo il rumore.

Questa leggenda è presente in molti paesi della Calabria come Lamezia Terme, Platania, Cetraro, Guardia Piemontese, Jonadi, Petilia Policastro. La più conosciuta è quella delle Fate di Colle dei fiori, nei pressi di San Giovanni in Fiore, narrata anche da Saverio Basile.

Sembra che sul Colle, in mezzo a un bosco di pioppi, ci fosse un enorme macigno squadrato, detto pietra di Pizzi, grande quanto una casa, da dove uscivano strani rumori. Secondo i racconti popolari i rumori erano prodotti dalle fate industriose che all’interno della pietra lavoravano al telaio.

Curiosamente, ritroviamo questi esseri più o meno con le stesse caratteristiche nelle leggende celtiche e di alcuni paesi del nord Europa.

Ma come facevano a tessere al buio? Semplice, i pioppi come si sa hanno le foglie d’oro, brillanti come luminarie ed erano lì apposta per far luce magicamente alle fate. Si narra che nei giorni quieti e senza vento, a poggiare l’orecchio sulla pietra, si possa ancora sentire il tranquillo rumore della navetta del telaio e il bisbiglio delle fate che chiacchierano tra loro.

Del resto la tessitura è un’arte antichissima in Calabria, il telaio era utilizzato fin dai tempi della Magna Grecia e certamente molto diffuso nella regione già nel IX secolo.

Ritroviamo le figure delle tessitrici già negli antichi racconti popolari calabresi sotto forma di Fate, i personaggi leggendari che discendono direttamente dalle Ninfe della mitologia greca e il cui nome deriva dall’altro nome latino della Parche, Fatae, cioè coloro che presiedono al fato (dal latino fatum, destino), spesso raffigurate a tessere il filo della vita degli esseri umani.

E alle Fate, spiriti benevoli della natura che da sempre accompagnano e guidano la vita degli uomini e delle donne, anche il grande poeta calabrese Felice Mastroianni dedicò una bellissima poesia, Mi cantano le fate del mio monte. E’ il monte Reventino nei pressi di Lamezia Terme, dove ancora adesso esiste la pietra di fota, cioè di fata.

Mi Cantano le Fate del Mio Monte

Se ti strugge il disio
di vive fonti e cercan gli occhi luce
d’orizzonti lontani ;
se un nostalgico amore
d’azzurre solitudini e d’oblio
ti fa straniero ed esule nel mondo,
a noi ritornerai :
non son fantasmi vani
le fate del tuo monte.
Quassù ritroverai
i magici reami
ove cantano l’acque sui sentieri
e al transito dei venti
un tepido respiro
di bianche greggi sale dai torrenti.

Tu conosci il cammino
su pei declivi d’oro
quando di rosse fragole e di viole
odora il fresco bacio del mattino,
e son le conche cerule del verde
specchi iridati alla magia del sole.

Tu porti ancor negli occhi lo stupore
e un dolce incantamento
di risvegli di bimbo nell’avvento
di notturne nevate
e favolose aurore
sul caro monte delle belle fate. (FELICE MASTROIANNI)

Annamaria Persico


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