«Ho immediatamente depositato un’interrogazione al Governo, e sto raccogliendo le firme necessarie per un’interpellanza, in merito al documento della Direzione centrale della Polizia di prevenzione relativo all’organizzazione neofascista CasaPound. Il Ministro dell’Interno deve riferire in aula a Montecitorio su questa inquietante vicenda».
Lo afferma Fabio Lavagno, deputato del Pd, il quale aggiunge: «Va bene che il movimento di estrema destra cerchi continuamente forme di legittimazione e visibilità, non da ultime l’adesione al Family Day e le manifestazioni comuni con la Lega di Salvini, ma che questa tesi venga fatta propria, nero su bianco, dalla Polizia in una nota al ministero dell’Interno, è una fatto inquietante. Nel documento della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, che porta la data dell’11 aprile 2015, si descrive CasaPound come un’organizzazione di “bravi ragazzi”, e si fa ricorso ad un’abile strategia linguistica che tende ad edulcorare i passaggi più scomodi e la natura violenta, di cui è costellata la storia di CasaPound, circoscrivendola esclusivamente all’ambito sportivo. Nel testo non viene mai citato il termine fascismo, ma si usa un sinonimo neutralizzante come “Ventennio”, di cui si dà atto della “possibilità di rivalutarne gli aspetti innovativi di promozione sociale”. Insomma, mi pare che il ministro Alfano debba delle spiegazioni».
Per come vengono descritti nel documento, riportato integralmente in formato pdf nel sito Insorgenze.net, i «fascisti del terzo millennio», come amano farsi chiamare i simpatizzanti di CasaPound, non sono affatto dei violenti, ma agiscono «nel rispetto della normativa vigente e senza dar luogo a illegalità e turbative dell’ordine pubblico». Gli scontri nei quali vengono spesso coinvolti non avvengono per colpa loro, ma di quello che viene definito «antifascismo militante».
La Polizia loda l’impegno di CasaPound «a tutela delle fasce deboli attraverso la richiesta alle amministrazioni locali di assegnare immobili alle famiglie indigenti, l’occupazione di immobili in disuso» e anche se viene riconosciuta all’interno del movimento neofascista la presenza di «elementi inclini all’uso della violenza», alla fine la responsabilità degli scontri di piazza viene imputata «alla sinistra radicale, agli ambienti autonomi e quelli anarco-insurrezionalisti».