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16 marzo 2018

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Cinquant’anni fa veniva istituita l’Università della Calabria. Nell’occasione Rubbettino annuncia l’uscita di un libro su Aldo Moro e l’intelligence


Cinquant’anni fa veniva promulgata la legge che istitutiva l’Università della Calabria (n° 442 del 12 marzo 1968), che poi avviò le sue attività nel 1972.

Il presidente del Consiglio era Aldo Moro, lo statista democristiano del quale ricorrono i 40 anni del suo rapimento e del suo assassinio. Ancora l’eco degli scontri di Valle Giulia non si era spento e i giovani italiani erano in rivolta.

Aldo Moro era proteso verso la strategia dell’attenzione per rendere la società italiana più partecipata. In tale contesto si colloca anche questa ricorrenza, che vide poi proprio il consigliere economico di Moro a Palazzo Chigi Beniamino Andreatta diventare il primo rettore dell’Univesità della Calabria che impostò come un campus americano, con una visione anche adesso modernissima.

Com’è noto, Andreatta si dimise successivamente in polemica con la classe dirigente locale. Ma Aldo Moro aveva un evidente rapporto con la Calabria, essendo la madre Fida Stinchi di Cosenza, dove aveva studiato e insegnato, all’Istituto «Lucrezia della Valle».

Al presidente della Dc l’Università della Calabria ha dedicato il 13 maggio dello scorso anno un convegno nell’aula «Caldora» dal titolo Aldo Moro e l’intelligence. Il senso dello Stato e la responsabilità del potere, nell’ambito degli approfondimenti scientifici dello studio dell’intelligence, per il quale l’ateneo calabrese è all’avanguardia.

Da questo convegno è nato poi un libro curato da Mario Caligiuri, uno dei più importanti studiosi di intelligence del nostro Paese. Il libro ha lo stesso titolo del convegno e verrà presentato in anteprima il 9 maggio 2018 a Roma alla Camera dei Deputati.

Il testo, che ha la prefazione di Paolo Gheda, contiene saggi di Andrea Ambrogetti, Francesco Maria Biscione, Vera Capperucci, Massimo Mastrogregori e Giacomo Pacini. Inoltre contiene delle trascrizioni da Virgilio Ilari e le testimonianze di Ciriaco De Mita e Luigi Zanda.

Si tratta della prima organica riflessione che affronta questo aspetto poco studiato della vita politica di Aldo Moro. Infatti, Aldo Moro ha profondamente segnato la storia del nostro Paese. La sua figura però è schiacciata sulla tragica fine, lasciando in ombra la lunga azione politica.

Negli anni della guerra fredda, Aldo Moro è sempre centrale nelle fasi che allargano la partecipazione politica, prima ai socialisti e poi ai comunisti. È Presidente del Consiglio in occasione il «Piano Solo» del 1964 e ministro degli Esteri durante la strategia della tensione.

Profondo conoscitore dello strumento dell’intelligence, ne sa utilizzare le informazioni e sa dialogare con gli uomini che la praticano, come Giovanni De Lorenzo, Vito Miceli e Stefano Giovannone.

Proprio a quest’ultimo scrive durante la sua prigionia. Aldo Moro dimostra che un uomo di Stato è anche un autentico uomo di intelligence, poiché sa riconoscere e utilizzare questo fondamentale strumento nell’interesse della Repubblica. Sotto il profilo dei rapporti con l’intelligence, la vicenda di Aldo Moro è ancora tutta da scrivere per sottrarla alle riscritture.

A curare questo volume che comincia a coprire un vuoto, è Mario Caligiuri, uno dei più importanti studiosi di intelligence nel nostro Paese. Proseguendo il suo impegno di ricerca durante il quale che ha già approfondito la figura di Francesco Cossiga, ampliando scientificamente lo sguardo sull’attività dei Servizi che rappresentano la «dimensione mancante della storia».

Un libro spiazzante che illumina sotto una nuova luce il ruolo insostituibile dell’intelligence e l’esperienza politica dello statista democristiano, confermandolo un faro della Repubblica. Una storia inedita che merita di essere raccontata e in un certo senso risarcita.


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