“Non c’è tifoso che non sappia cosa è successo all’altra società di calcio di loro proprietà, lo Jangsu Suning: otto mesi fa vinse lo scudetto cinese, due mesi fa è stata sciolta, da un giorno all’altro, senza più pagare nessun contratto. Anche per questo è giusto che la tifoseria nerazzurra si tuteli, proponendosi intanto come partner di minoranza nella proprieta, anche per scongiurare il rischio che uno starnuto a Nanchino diventi uragano a Milano, come è già successo, e sta succedendo in queste ore. I tifosi dell’Inter sono tanti, il pubblico pagante più forte d’Italia in tutti gli scorsi anni prima che la pandemia svuotasse gli stadi. Possono diventare i protagonisti del primo esempio italiano di azionariato popolare. Perché non provarci?”, si chiede.
“Io sono già un piccolo azionista dell’Inter parliamo di piccole cifre ma quest’idea dell’azionariato popolare non mi convince, non basta”, dice Ignazio La Russa all’Adnkronos. “Si dovrebbero coinvolgere centinaia di migliaia di persone per arrivare a cifre importanti e con i tempi che corrono la vedo dura -prosegue l’esponente di Fratelli d’Italia all’Adnkronos-. Altrimenti Mentana potrebbe chiamare una ventina di interisti davvero facoltosi e fare una cordata, perché chi mette soldi veri vuole avere potere decisionale e non lo fa solo per passione”.
“L’idea dell’azionariato popolare l’abbiamo lanciata noi con Interspac, una società che ha avanzato l’idea di un azionariato diffuso, un modello che non vale solo per l’Inter ma anche per altre società: il vantaggio, ne vediamo ora l’evidenza, sarebbe quello di un capitale molto più stabile di quello estero che un giorno arriva e un altro va via”, dice Carlo Cottarelli.
“A settembre a Milano faremo un evento per parlare dell’esperienza del Bayern Monaco, un club il cui 75% è nelle mani di 170mila tifosi, una società che vince e che ha i conti in ordine. Un risultato che si vede in generale nelle società tedesche basate su questo modello”, conclude l’economista.