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27 marzo 2020

News

Coronavirus UE. Conte dà l’ultimatum: dieci giorni per battere un colpo. «L’Europa è unita oppure non esiste»


I leader Ue hanno evitato la rottura concordando di darsi “due settimane” di tempo per presentare “proposte” volte ad aiutare gli Stati membri ad affrontare la pandemia di Covid-19. La dichiarazione finale dei capi di Stato e di governo, al paragrafo 14, ha subito piccoli cambiamenti, ma significativi, e ripassa la palla all’Eurogruppo, che attendeva una decisione dei leader per finalizzare un accordo sull’utilizzo delle Eccl (Enhanced Conditions Credit Lines, linee di credito a condizioni rafforzate) del Mes.

Mentre la bozza circolata oggi pomeriggio recitava “prendiamo atto dei progressi fatti dall’Eurogruppo sul Pandemic Crisis Support”, che era un riferimento, indiretto ma chiaro (Mario Centeno aveva chiamato così, Pandemic Crisis Support, il ricorso alle Eccl, con una condizionalità ridotta), all’utilizzo delle Eccl del Mes, la dichiarazione diffusa al termine dell’incontro recita semplicemente “prendiamo atto dei progressi fatti dall’Eurogruppo”.

La bozza continuava dicendo che “in questa fase, invitiamo l’Eurogruppo a produrre risultati senza ritardo e a sviluppare le necessarie specifiche tecniche”, altro riferimento, indiretto ma trasparente, alle Eccl. La dichiarazione finale dice semplicemente: “In questa fase, invitiamo l’Eurogruppo a presentare proposte entro due settimane”.

La dichiarazione continua poi dicendo che “queste proposte dovranno tenere in considerazione la natura senza precedenti dello choc da Covid-19, che colpisce tutti i Paesi e la nostra risposta sarà portata ad uno stadio successivo, a seconda delle necessità, con ulteriori azioni in maniera inclusiva, alla luce degli sviluppi, per dare una risposta completa”.

Quest’ultima parte del paragrafo 14 è pressoché invariata rispetto alla bozza, a parte il soggetto, che da “la nostra risposta” è diventato “queste proposte”. Come si è appreso da fonti di palazzo Chigi a vertice in corso, l’Italia ha rigettato, con l’appoggio della Spagna, l’uso delle linee di credito Eccl del Mes così come era stato prospettato.

“Come si può pensare – avrebbe detto il premier Giuseppe Conte – che siano adeguati a questo shock simmetrico di così devastante impatto strumenti elaborati in passato, che sono stati costruiti per intervenire in caso di shock asimmetrici con riguardo a tensioni finanziarie riguardanti singoli Paesi?”.

E ancora: “Se qualcuno – ha aggiunto il premier – dovesse pensare a meccanismi di protezione personalizzati elaborati in passato allora voglio dirlo chiaro: non disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l’Italia non ne ha bisogno”.

Le Eccl, secondo quanto spiegato in conferenza stampa dal direttore del Mes Klaus Regling martedì sera, erano destinate ad essere rese disponibili a tutti i Paesi, ma la scelta se attivarle o meno sarebbe spettata ai singoli Stati. Una modalità che non evita il rischio di uno ‘stigma’ per lo Stato che ne fa richiesta. Un rischio grosso, per chi, come l’Italia, è esposto, per via del suo debito pubblico elevato, agli attacchi dei mercati finanziari.

Sugli eurobond, o coronabond che dir si voglia, si è confermata la classica divisione nord-sud: mentre “su molti temi siamo della stessa idea”, ha detto il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel in una conferenza piuttosto evasiva (anche per via della modalità, obbligata, in remoto, che non facilita il confronto con la stampa) al fianco di Ursula von der Leyen, “su altri temi dobbiamo continuare il dialogo politico per essere uniti”.

Mentre l’Ue discute, gli Usa hanno varato un colossale piano da 2 trilioni di dollari per salvare l’economia americana dal collasso. E pure il Regno Unito di Boris Johnson ha messo sul piatto 300 mld di sterline. Non è un caso che ad alzare la voce oggi siano state Italia e Spagna, che sono i due Stati dell’Ue più colpiti dalla Covid-19. Mentre il nostro Paese conta oramai oltre 8mila morti per il Sars-Cov-2, la Spagna ne ha già avuti oltre 4mila.

“Stiamo vivendo l’inferno”, ha sintetizzato oggi nella plenaria del Parlamento Europeo il vicepresidente del gruppo Ppe Esteban Gonzalez Pons, del Partido Popular. “I malati muoiono soli” , lontani dai loro cari, ha detto. Per rispondere ad una crisi potenzialmente esiziale, occorreranno tanti, tanti soldi. A debito, come ha scritto Mario Draghi, perché l’alternativa è di gran lunga peggiore. L’ex presidente della Bce ha anche avvertito che i costi dell’esitazione potrebbero essere irreparabili, visto che, più si lasciano andare avanti i problemi senza affrontarli, più questi si aggravano e il costo dell’intervento sale, come è successo con la Grecia.

Le sue parole non sembrano essere state ascoltate. “Quello che manca non è l’Ue, ma l’europeismo dei leader dell’Ue”, ha affondato oggi Gonzalez Pons.
Di Tommaso Gallavotti (Fonte ADNKRONOS)


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