Crisi governo, ipotesi dimissioni Draghi: cosa succede
21 luglio 2022

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Crisi governo, ipotesi dimissioni Draghi: cosa succede


Il game over, per il governo Draghi, è davvero a un passo. Questa mattina il premier, all’indomani di una giornata sulle montagne russe, sarà alla Camera per un nuovo passaggio della crisi di governo. “Draghi andrà alla Camera solo per dimettersi. Game over”, hanno riferito fonti di governo all’Adnkronos, confermando che all’inizio della discussione generale – alle 9 a Montecitorio – Draghi annuncerà le proprie dimissioni per poi salire al Quirinale e riferire al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
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Il passaggio di ieri in Senato ha di fatto sancito la fine dell’esecutivo guidato dall’ex numero 1 della Bce. La risoluzione Casini, su cui il premier aveva posto la fiducia, è infatti passata al Senato con soli 95 voti a favore, senza il sostegno di Forza Italia, Lega e M5S che non hanno partecipato al voto. I voti contrari sono stati 38 e nessun astenuto. Molto basso il dato sulla presenza in aula: solo 192 senatori, mentre i votanti sono stati 133. Il quorum è stato garantito dalla presenza in aula dei senatori 5Stelle che, tuttavia, non hanno votato. Sono invece usciti dall’Aula i senatori di Lega e Forza Italia.

Forza Italia, Lega, M5S non hanno votato la fiducia e quell’appello di Draghi in Aula – “siete pronti a ricostruire il patto” che ha consentito all’esecutivo di andare avanti in questo anno e mezzo?- è così caduto inesorabilmente nel vuoto. In realtà il governo ha incassato comunque il sì alla fiducia, ma sono appena 95 i voti a favore -Pd, Iv, Leu, Ipf e Italia al Centro- numeri lontani anni luce da quelli che servirebbero per rimettere insieme una maggioranza che si è sfilacciata giorno dopo giorno e che fa i conti con i contraccolpi di una caduta che si annuncia rovinosa.

Dopo il passaggio alla Camera, solo al termine dei lavori dell’Assemblea di Montecitorio, Draghi deciderà di recarsi a riferire al presidente della Repubblica. A quel punto il capo dello Stato avrà tutti gli elementi per decidere come procedere. Se aprire eventuali consultazioni oppure se e quando sentire i presidenti del Senato, Elisabetta Casellati, e della Camera, Roberto Fico, per procedere poi allo scioglimento delle Camere.

Se Mattarella dovesse decidere di sciogliere le Camere si potrebbe andare al voto già domenica 25 settembre o più probabilmente domenica 2 ottobre. Per la prima data potrebbe esserci l’ostacolo della vigilia del Capodanno ebraico, quindi più probabile che si scelga la seconda opzione, anche se la data di scioglimento dovrebbe variare soltanto di un giorno.

Occorre combinare un complicato puzzle di termini per arrivare a stabilire il giorno dell’apertura delle urne. In base all’articolo 61 della Costituzione, infatti, “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”. A questa disposizione occorre aggiungere la norma elettorale per cui il decreto che fissa la data del voto deve essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale “non oltre il 45/mo giorno antecedente quello della votazione”.

Infine va anche considerata la disposizione relativa al voto degli italiani all’estero, che prevede che l’elenco provvisorio degli aventi diritto vada comunicato dal ministero dell’Interno a quello degli Esteri 60 giorni prima della data delle elezioni.

Sciogliendo le Camere nel prossimo fine settimana, sarebbe possibile votare sia il 25 settembre, se si considera il termine dei 60 giorni, sia il 2 ottobre, in questo caso però partendo da domenica prossima, 24 luglio. Difficile ipotizzare un voto trascorsi soltanto 45 giorni dalla fissazione della data delle elezioni: significherebbe andare alle urne l’11 settembre, con adempimenti e breve campagna elettorale in pieno agosto.

Tornando infine all’articolo 61 della Costituzione, nel decreto che fissa la data delle elezioni viene anche indicata quella per la riunione del nuovo Parlamento, che in caso di voto il 2 ottobre e in base ai precedenti potrebbe riunirsi il 21 ottobre.


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