Chi meglio conosce Draghi descrive la sua posizione sulle dimissioni come “inamovibile”. A ben poco servirà il pressing dei partiti, a cominciare del Pd. Di certo non aiuterà lo spettacolo che va in scena in casa M5S, dove ci si interroga su un eventuale verifica di maggioranza e salgono le quotazioni del no a Draghi a prescindere. Ma al netto di tutto, per l’ex numero 1 della Bce non ci sono più le condizioni per andare avanti, perché è venuta a mancare quella ampia convergenza tra forze politiche così diverse tra loro ma chiamate ad intestarsi un governo di unità nazionale per fronteggiare l’emergenza Covid.
CONSIGLIO 5 STELLE – Il Consiglio nazionale del M5S con il leader Giuseppe Conte, inizialmente previsto per ieri sera, tornerà a riunirsi questa mattina alle 10. Dietro la decisione, la volontà di coinvolgere tutti i membri dell’organismo pentastellato, visto che ieri sera ci sarebbero state delle assenze, compresa quella del capodelegazione al governo, Stefano Patuanelli.
Una linea intanto sarebbe emersa nel confronto tra il leader del M5S Giuseppe Conte e i tre ministri pentastellati, Stefano Patuanelli, Federico D’Incà, Fabiana Dadone: confermare che, in caso Draghi dovesse chiedere un voto di fiducia alle Camera mercoledì, il M5S voterà a favore, perché sul dl aiuti l’Aventino era legato a doppio filo alla norma sull’inceneritore a Roma. Sulla fiducia, il sostegno del Movimento deve esserci.
PD IN PRESSING – “Faremo il possibile per tenere Draghi dentro“. Dal Nazareno la parola d’ordine non cambia. Stessa maggioranza, stesso perimetro con Draghi premier o c’è il voto. Ma la preoccupazione è fortissima. Sia per gli esiti della crisi sia per i costi pesantissimi che si porta dietro. Tra spread e un’agenda sociale -dai miliardi contro il caro energia al salario minimo- che era a portata e rischia di saltare. “Così si butta tutto alle ortiche”, lo sfogo tra i dem che continuano a lavorare per ricucire – “lo faremo fino all’ultimo”- a tutti i livelli. Ma che non escludono la possibilità che da mercoledì non ci sia più un governo.
FORZA ITALI A E LEGA – Silvio Berlusconi è in Sardegna dove sta seguendo la crisi del governo Draghi in stretto contatto con il numero due di Fi, Antonio Tajani, e la senatrice Licia Ronzulli, responsabile nazionale del partito dei rapporti con gli alleati. Il Cav ha sentito Matteo Salvini e poi Lorenzo Cesa per fare il punto della situazione per ribadire l’importanza in un momento come questo di una coalizione unita, soprattutto in vista di elezioni anticipate. Il voto non spaventa, anzi. Lega e Fi e Udc sono pronte alle urne, confortante anche dagli ultimi sondaggi. Dal buen retiro di Villa La Certosa l’ex premier tesse la sua tela vestendo i panni del ‘federatore': insieme a Salvini ha deciso di chiudere la porta ai Cinque stelle. Da qui la nota congiunta (”Prendiamo atto della grave crisi innescata in modo irresponsabile dai Cinquestelle ”) e il ribadire l’ok a un governo Draghi senza il Movimento cinque stelle ‘contiano’, altrimenti il centrodestra è pronto al voto per tornare a palazzo Chigi.
MELONI - Come va a finire questa crisi? ”Fare delle previsioni si rischia sempre di fare figuracce, ma a naso, dubito che la crisi rientrerà”, taglia corto Giorgia Meloni intervistata da ‘Corriere.it’. “Francamente non mi pare che siano molti margini”, aggiunge la leader di Fdi, per la quale sarebbe “scandaloso un quarto governo di fila calato dall’alto… la troverei una scelta di gravissima irresponsabilità…”. ”Avevo pronto il cartello con ‘voto subito’ sin dall’inizio della legislatura… Temo che la storia ci abbia dato ragione…”, ha affermato.