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7 aprile 2017

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Domenica delle Palme in Calabria. Le antiche tradizioni nel simbolo della Pace


La Domenica delle Palme, nel calendario liturgico cattolico, si celebra la domenica precedente la Pasqua e da inizio alla Settimana Santa.

La Chiesa in questo giorno ricorda il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino quando la folla, radunata dalle voci dell’arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli e tagliò i rami degli alberi intorno per agitarli festosamente all’arrivo del Salvatore.

Questa festa in Calabria è molto sentita. Si celebra andando in chiesa muniti di rami di ulivo raccolti per l’occasione e bellissime palme intrecciate, grandi e piccole, adornate anche di fiori e nastri, che il prete benedice durante la celebrazione.

Ulivo e palma benedetti si conservano poi a casa fino all’anno successivo e si donano a parenti e amici, in segno di pace e fratellanza. Un tempo era anche tradizione che nel giorno di Pasqua il capofamiglia con il rametto benedicesse la tavola imbandita.

La benedizione delle Palme è un rito antichissimo. Si hanno notizie di questa celebrazione a partire dal VII secolo, quando in Occidente questa domenica era riservata a cerimonie prebattesimali e all’inizio solenne della Settimana Santa, ma in Calabria probabilmente ha un’origine ancora più misteriosa e affascinante e ora vediamo perché.

La Domenica delle Palme a Bova, in provincia di Reggio Calabria, si celebra un rito molto suggestivo e sconosciuto in altre parti della Calabria: la processione delle pupazze.

Esse sono figure femminili grandi e piccole, chiamate anche Persefone, costruite con canne e foglie di ulivo e adornate di fiori e frutta che al mattino vengono portate in processione fino al santuario di San Leo. Le bellissime statue vegetali, dopo la benedizione vengono portate fuori dalla chiesa e in parte smembrate dai fedeli che si portano via almeno un rametto a testa, ‘a steddha, per collocarlo in casa o nel proprio podere.

I rametti, che un tempo si usavano anche per togliere il malocchio, rappresentano il legame tra Dio e il mondo, doni divini proteggono la casa e tutti i suoi abitanti e non vanno mai buttati nella spazzatura, per disfarsene eventualmente vanno bruciati.

In questa splendida tradizione è molto chiaro il riferimento a Demetra e Persefone, madre e figlia che nel mito sovrintendono all’alternarsi delle stagioni e all’agricoltura,

Probabilmente le pupazze di Bova discendono dai riti pagani della primavera in cui si evocava la Madre Terra, ai quali si sono sovrapposti prima quelli dedicati a Persefone, diffusissimi nella Calabria magnogreca, e poi i riti cristiani della morte e resurrezione di Gesù.

Altre tradizioni calabresi pasquali, ancora oggi diffuse in tutti i territori, indicano con sicurezza questo antico legame tra umano e divino, sacro e profano, iniziato dalla notte dei tempi e rafforzato dall’avvento del Cristianesimo.

Ricordiamo ad esempio il grano votivo, cioè i semi di grano fatti germogliare al buio e poi portati in chiesa, le palme intrecciate adornate di fiori da regalare a parenti e amici, i dolci tradizionali come le cuzzupe con l’uovo, a forma di corona ma anche di donna o di uccello, i fraguni, dal greco fagun, che dal nome stesso stanno ad indicare un cibo sacro, le bambole della Quarajisima che un tempo si appendevano alle finestre nelle settimane precedenti la Pasqua e altro ancora.
Annamaria Persico


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