Il Senato, udite le Comunicazioni del Presidente del Consiglio, le approva. La risoluzione firmata dal senatore Pier Ferdinando Casini prevede una sola riga e nessuna ambiguità. E il premier Mario Draghi, restando fermo sulla posizione già espressa nel suo intervento di questa mattina al Senato, è su una riga, e senza ambiguità, che chiede la fiducia al Parlamento.
Non c’è altra strada, secondo il premier, se non quella di esprimere la volontà del Parlamento sulle sue comunicazioni. Nella replica alle posizioni espresse da tutti i gruppi parlamentari, ribadendo tutti i contenuti già espressi con puntualizzazioni nette su reddito di cittadinanza, superbonus e salario minimo, c’è il passaggio che sintetizza la posizione scelta: “Il sostegno che ho visto nel Paese mi ha indotto a riproporre un patto di coalizione e sottoporlo al vostro voto, voi decidete. Niente richieste di pieni poteri“.
Ora, quando stanno iniziando le dichiarazioni di voto nell’aula di Palazzo Madama, la parola passa ai partiti e al Parlamento. Con la fiducia, e con una maggioranza ampia, Draghi resterebbe a Palazzo Chigi. Senza la fiducia, la crisi tornerebbe anche formalmente nelle mani del Capo dello Stato. Un’ipotesi intermedia, una fiducia con una maggioranza non consistente, e con una spaccatura interna ai partiti, aprirebbe uno scenario di ulteriore incertezza che comunque vedrebbe difficilmente ancora in campo Draghi.
La richiesta di Draghi, questa mattina, è stata chiara. “L’unica strada è ricostruire daccapo il patto di fiducia che teneva insieme la maggioranza”. La risposta del Parlamento, che sarà formalizzata nel voto di fiducia, darà la direzione allo sviluppo di una crisi che, a questo punto, sembra andare verso lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate.