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7 aprile 2018

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E-commerce, così viaggia il sogno shopping. Ma anche l’incubo inquinamento


E-commerce: una parola magica per moltissimi, capace di far avverare il sogno di veder materializzare in breve tempo a casa o in ufficio qualsiasi oggetto dei desideri «trovato» sul computer. E non importa se è stato realizzato a centinaia di chilometri di distanza.

Ma, proprio come avviene per le magie, dietro si nasconde un trucco che, una volta scoperto, fa sembrare tutto meno magico. E il sogno quasi un incubo.

A svelare i «trucchi» che si nascondono dietro il «sogno e-commerce» è stata Milena Gabanelli, una per la quale il giornalismo è ancora inchiesta, analisi, voglia di far riflettere, che in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera intitolato Inquinamento da e-commerce ha mostrato il rovescio della medaglia che, nella sua faccia più bella, ha impressa tutta la comodità di acquistare on line, con 22 milioni di italiani che solo nell’ultimo anno «hanno comprato scarpe, cellulari, frullatori, libri e cibo per cani rimanendo seduti sul divano».

Cosa mostra la faccia più nascosta ai più (che forse saranno un po’ meno dopo la lettura dell’articolo…)? Un lato oscuro rappresentato da «150 milioni di ordini, che vogliono dire 150 milioni di pacchi spediti, capaci di propagare «veleni» sotto forma di anidride carbonica, di pacchi in plastica.

Già, perché come sottolinea l’ex conduttrice di Report «se compri un maglione, la commessa lo infila in un sacchetto e te lo porti a casa. Se lo ordini on-line dovrà invece essere impacchettato prima in una busta di plastica e poi riconfezionato dentro una scatola di cartone magari sigillata con delle fascette».

Col risultato che le tonnellate di plastica «gettate» nell’ambiente si moltiplicano. Cosa alla quale dovrebbero prestare moltissima attenzione gli «esperti della tutela ambientale» ai quali sicuramente non saranno sfuggiti almeno un paio di altri passaggi, altrettanto fondamentali, dell’inchiesta realizzata da Milena Gabanelli.

Primo: «la merce comprata su Internet è trasportata solo su strada», alla faccia di chi si batte per il trasporto combinato, per spostare su rotaia o su nave moltissime merci che viaggiano in Tir, col risultato che «il numero dei veicoli commerciali impiegati nel mondo è cresciuto del 32 per cento in una dozzina d’anni».

Secondo: l’80 per cento dei veicoli commerciali leggeri che transitano nelle città ogni giorno «appartengono a una classe inferiore euro 5».

E nella sola città di Milano, ogni giorno, si registrano almeno 23 mila consegne. «Vale la pena di fare qualche considerazione sulla ricaduta ambientale di tutti questi pacchi in circolazione», scrive il Corrierone. Conftrasporto sottoscrive. Invitando magari ad allargare la riflessione.

Qualcuno alla fine potrebbe perfino arrivare a comprendere che forse sarebbe meglio far viaggiare più Tir (di ultimissima generazione, alimentati a Lng come quelli che sempre più imprese stanno inserendo nelle proprie flotte per sostituire mezzi inquinanti?) capaci di consegnare in un solo viaggio centinaia, migliaia di merci, piuttosto che singoli pacchi acquistati on line che impongono centinaia, migliaia di viaggi e milioni di imballaggi in plastica.

Il fenomeno e-commerce può rappresentare una grande opportunità, ma come ogni cosa va gestito. Farsi «investire» da una nuova «moda» non può che rappresentare un pericolo. Contro il quale esiste un solo rimedio: una pianificazione della logistica, una visione d’insieme.

Qualcuno ricorda le piattaforme logistiche nelle cinture delle città per far percorrere l’«ultimo miglio» solo a mezzi puliti? Articoli come quello del Corriere della Sera possono servire a capire meglio quali strade portano davvero al progresso e quali no.

E l’augurio è che ne «arrivino» altri. Con la speranza che chi li «riceverà» sappia usare la materia grigia. A differenza, per esempio, di chi, invitato a ragionare sulla necessità di dotare l’Italia di infrastrutture moderne e adeguate, si è sempre opposto per pura e semplice (quanto demenziale) ideologia.

Dimenticando che mille Tir moderni che viaggiano a 80 all’ora su una moderna superstrada inquinano forse mille volte meno di altrettanti mezzi (o di 10 mila furgoni?) fermi in colonna su vecchie provinciali inadeguate al traffico del terzo millennio.
(Fonte: Confcommercio)


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