“E comu jamu”, “Mo daveru”, “M’indisponi”, “Mamma a capu”, “Ti vogghiu bena”: non c’è catanzarese al mondo che non si riconosca in questi modi di dire. C’è chi invece, di queste espressioni idiomatiche (e tante altre), ne ha fatto arte. Dei piccoli pezzi di street art che appaiono, all’improvviso, tridimensionali, sui muri del capoluogo, nei vichi, fuori dai pub e nei pressi dei punti cruciali della movida notturna.
Colorate, scintillanti, le espressioni tipiche del parlato calabrese e catanzarese spiccano sui muri delle nostre città, dipinti lettera dopo lettera sulla superficie di alcuni barattoli in latta, lattine e contenitori di recupero, assemblati con estro e cura. L’autore è uno street artist che ha conquistato la curiosità, l’ammirazione e l’interesse di chi si imbatte nelle sue opere, tra le vie delle città quanto sul web. La sua identità d’artista è il suo pseudonimo: TESTADILATTA.
Rocco del Franco, venticinque anni, catanzarese, perito industriale. Appassionato di writing fin da bambino, da qualche tempo ha messo da parte il mondo dei murales e dello space painting (quella straordinaria tecnica spray con cui si realizzano galassie e pianeti su cartoncino), per focalizzarsi sulle sue lattine scintillanti.
“Mi piacciono le lattine perché “contengono”, il loro uso primario è quello di contenitori, così possono contenere un messaggio, in maniera tridimensionale – ci spiega- Io cerco di comunicare agli altri i messaggi che mi arrivano dall’ambiente circostante, e quelli che sono serviti per la mia crescita. So che potrebbero aiutare qualcun altro. Quando mi viene un’idea, arriva in modo completamente casuale e comico, penso a quell’idea, vedo delle combinazioni di colori per strada, metto tutto insieme e poi funziona. Ed è bellissimo”.
Testadilatta ha incontrato per la prima volta quella che è diventata la sua tecnica di street-art a Barcellona. Lì ha conosciuto un duo di artisti anonimi, i “Me-Lata”, che diffonde i propri messaggi di pace, speranza e amore sui muri della metropoli tramite le lattine smaltate. Perché, allora, non farlo anche in Italia?
“Ho sempre vissuto immerso nella street art, da qualche tempo cercavo l’ispirazione per qualcosa di nuovo, l’ho trovata nelle lattine. Sono rimasto affascinato da questa forma d’arte all’estero, mi sono detto perché non fare la stessa cosa nella mia terra, ma con i nostri detti tipici? In principio volevo scrivere in spagnolo per creare una sorta di connessione tra i due Paesi. Ma era una scelta egoistica; nasce così l’idea del dialetto, sebbene io non sia bravo a parlarlo quotidianamente, ma ci sono alcune espressioni che mi sono sempre piaciute e che ritengo altamente espressive”.
L’idea di fondo al messaggio artistico resta, però, quella di sensibilizzare. Anzitutto alla raccolta differenziata, alla cura dell’ambiente, al riciclo creativo. Un’idea che si sposa perfettamente con la mission del Dadada Beach Museum: far convivere -tramite l’arte- ambiente e materiali di scart o (anche altamente inquinante, come plastica e metalli), riutilizzandoli in una sorta di circolarità virtuosa.
TestadiLatta raccoglie le lattine abbandonate in spiaggia, collaborando assiduamente a campagne quali “Plastic Free”: “Ne trovo davvero tante, ne riempio alcuni bustoni in un’ora, le raccolgo tutte, anche quelle rotte, poi le riparo e le restituisco ad una nuova vita. Sulle nostre spiagge c’è un cumulo di spazzatura che fa paura, finchè non cambia la mentalità non ci sarà cambiamento”.
Una volta raccolte, pulite, riparate, le latte di Rocco vengono trattate, dipinte, smaltate, assemblate, secondo un progetto ben preciso che richiede ore di elaborazione.
“Perché le lattine? A differenza di un graffito sul muro, questo “esce” dal muro e questa cosa mi fa entusiasma. -spiega l’Artista- L’oggetto colorato che spicca dal muro mi fa letteralmente impazzire. Per me questa forma d’arte rappresenta l’essere giovani. La lattina in sé è una cosa giovane, semplice, un’icona degli anni 2000 come la felpa, le Converse, la Coca Cola”.
Una volta assemblata, l’opera viene apposta su un muro divenendo “site specific”.
“Le location sono casuali -ci spiega- in genere scelgo un punto di passaggio, un muro anche in penombra ma che sia colpito da un fascio di luce, strategico per valorizzare l’opera”.
Quello di Testadilatta non è solo un mero “art attack” temporaneo, ma persegue un obbiettivo ben preciso.
“Mi piace spaziare con la street art perché secondo me è la più grande forma contemporanea di espressione artistica. Un’opera accessibile a tutti, gratuitamente, per strada, è la cosa più bella, con tutto il dovuto rispetto per musei. Vorrei vivere di questo, in Calabria c’è grande bisogno di spazio per i giovani, per potersi esprimere, per poter imparare e metter in pratica le proprie passioni. Manchiamo di colore. E’ questo il mio messaggio dal basso”.
Le lattine di Testadilatta stanno diventando virali sui muri della città e sui social di chi le scopre che, con entusiasmo, le fotografa e lo tagga, aiutandolo a diffondere il messaggio.
E da quest’estate arrivano anche al Dadada Beach Museum, primo museo sulla spiaggia e unico nel suo genere a diffondere un messaggio ecologista, di speranza e resilienza ambientale.
L’installazione pensata da TestadiLatta e dalla Direzione Artistica del Museo cita testualmente un modo di dire calabrese che in questi ultimi tempi è diventato virale: “E comu jamu?”.
Un modo verace, colorato, per chiedere agli altri “Come va?” “Come stai?”. Un mezzo semplice e volutamente banale per accendere i riflettori su diversi macrotemi: la condivisione, l’interesse verso il prossimo, l’ascolto, il vivere sociale, la salute degli altri, soprattutto in questo particolare periodo storico.
La frase tormentone del momento, grazie anche al tiktoker Saverio RIccelli che l’ha resa virale, è lo strumento di Dadada Beach Museum per chiedere ad ognuno dei suoi visitatori: Come stai? E chiederlo a chiare lettere, a colori: Come va? Come andiamo? Stai bene?
L’inaugurazione è prevista per venerdì 12 agosto alle ore 18.30, al Dadada Beach Museum di Montauro (CZ).
Sarà presente l’Artista, Rocco del Franco, la Direzione del Museo ed il tiktoker Riccelli.