Efficienza sanitaria nelle regioni italiane: in testa alla classifica il Trentino Alto Adige, in coda la Calabria
Sette realtà regionali “sane”, cinque “influenzate” e otto “malate”. È questo il quadro che emerge dalla mappatura sull’efficienza sanitaria nelle regioni italiane ideato dall’Istituto Demoskopika. In testa alla classifica, con il più alto indice di performance, si collocano il Trentino Alto Adige (462,2 punti), seguito dalla Lombardia (450,6 punti) e dal Lazio (449,9 punti). In coda si posizionano la Calabria (210,8 punti) preceduta dalla Puglia (243,7 punti) e dalla Sicilia (248,3 punti). Le migliori perfomance al Nord con ben cinque regioni, due per il Centro. Sul versante opposto, i peggiori piazzamenti si registrano nell’intero Mezzogiorno. É quanto emerge dall’IPS, l’Indice di Performance Sanitaria realizzato dall’Istituto Demoskopika sulla base di sette indicatori: soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, liste d’attesa, spesa sanitaria, spese catastrofiche e famiglie impoverite a causa di spese sanitarie.
La più “sana” e la più “malata”: Trentino Alto Adige e Calabria. Sui risultati hanno pesato in chiave positiva per il Trentino Alto Adige i due primi posti ottenuti nelle classifiche parziali della soddisfazione dei servizi sanitari e della rinuncia a curarsi a causa delle lunghe liste d’attesa. In tutt’altra direzione la perfomance della Calabria, il cui primato negativo della regione più malata è determinato da ben tre ultimi posti: rinuncia a curarsi per le lunghe liste d’attesa, famiglie impoverite a causa delle spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.) e quota di famiglie soggette a spese sanitarie out of pocket catastrofiche, ovvero a spese che superano la disponibilità al netto delle spese di sussistenza.
Nel 2013, in Calabria oltre 50 mila famiglie sono state costrette ad affrontare spese socio-sanitarie catastrofiche, pari al 6,3% delle famiglie residenti a fronte di una media italiana del 3,2%. Inoltre, sono stati circa 15 mila i nuclei familiari che sono piombati al di sotto della soglia di povertà a causa delle spese sanitarie out of pocket.
Infine, sono stati ben 227 mila i calabresi che hanno rinunciato a curarsi: 170 mila per motivi economici, 37 mila a causa delle lunghe liste d’attesa per l’accesso alle prestazioni, 6 mila per l’impossibilità di assentarsi dal lavoro, 4 mila per paura delle cure, 6 mila in attesa di risoluzione spontanea del problema e 4 mila per altri motivi.
Pianeta ricoveri: un terzo degli italiani soddisfatti. Svettano Trentino Alto Adige e Veneto. Solo il 34,9% degli italiani, dichiara di essere soddisfatto dei servizi sanitari legati ai vari aspetti del ricovero: assistenza medica, assistenza infermieristica, vitto e servizi igienici. L’indicatore ideato da Demoskopika mostra un divario più che significativo tra le diverse realtà regionali. In testa il Trentino Alto Adige che ha ottenuto il massimo del risultato (100 punti), il Veneto (83,7 punti) e il Piemonte (78,3 punti) il cui livello medio di soddisfazione per i servizi ospedalieri, rilevata dall’Istat tra coloro che hanno subito almeno un ricovero nei tre mesi precedenti l’intervista, oscilla tra il 45% ed il 60%. Sul versante opposto si posizionano la Sicilia (25 punti), il Molise (29,7 punti) e la Campania (36,3 punti). In queste realtà la soddisfazione espressa supera di poco la soglia del 20%.
Mobilità sanitaria attiva: in Molise il più alto indice di attrazione. Sardegna in coda. È il Molise (100 punti) ha guadagnarsi la prima posizione della graduatoria parziale relativa alla mobilità attiva. L’indice di “attrazione” che indica la percentuale, in una determinata regione, dei ricoveri di pazienti residenti in altre regioni sul totale dei ricoveri registrati nella regione stessa, in Molise, infatti, è pari al 26,7%. Sul versante opposto si colloca la Sardegna (5,4 punti) con un rapporto tra i ricoveri in regione dei non residenti sul totale dei ricoveri erogati pari all’1,4%. In valori assoluti, sono principalmente le regioni del Nord a ricevere il maggior numero di pazienti non residenti. In questa direzione le realtà più attrattive sono la Lombardia (144 mila ricoveri extraregionali), l’Emilia Romagna (109 mila ricoveri extraregionali), il Lazio (83 mila ricoveri extraregionali), la Toscana (67 mila ricoveri extraregionali) ed il Veneto (55 mila ricoveri extraregionali).
Mobilità sanitaria passiva: sono i lucani a spostarsi di più, lombardi i più “fedeli”. Sono i lucani a optare, in maniera più rilevante rispetto agli altri, di ricoverarsi e curarsi in strutture sanitarie fuori dai confini regionali. Con un indice di “fuga” che misura, in una determinata regione la percentuale dei residenti ricoverati presso strutture sanitarie di altre regioni, sul totale dei ricoveri sia intra che extra regionali, è la Basilicata, con 19,1 punti totalizzati nella classifica parziale, a registrare il rapporto più elevato e, conseguentemente, ad ottenere il valore minimo: 23,9% di indice di fuga pari ad una migrazione sanitaria quantificabile in poco meno di 21 mila ricoveri nel solo 2014. Al contrario, la Lombardia, con il 4,6%, registra il rapporto minore di ricoveri fuori regione dei residenti sul totale dei ricoveri totalizzando il massimo del punteggio (100 punti).
Liste d’attesa: i tempi più lunghi in Calabria e Puglia. Sul podio dei più virtuosi anche l’Umbria. In Italia circa 500 mila persone hanno rinunciato a curarsi a causa delle liste d’attesa. Accedere alle prestazioni sanitarie presenta i tempi di attesa più rilevanti in Calabria che con l’1,9% di tasso di rinuncia rilevato e 37 mila residenti rinunciatari, ottiene il punteggio più basso (5,3 punti). A seguire la Puglia (5,8 punti) con ben 69 mila soggetti che hanno rinunciato a curarsi, pari all’1,7% e la Sardegna (7,4 punti) con circa 21 mila rinunciatari pari ad una quota dell’1,3%. Tempi d’attesa significativamente minori in Trentino Alto Adige (100 punti), Lombardia (69 punti), Umbria (54,8 punti) e Liguria (45,6 punti).
Spesa sanitaria: situazione più vantaggiosa al Sud. Primato alla Campania. Nel 2014 la spesa sanitaria corrente, calcolata al netto della mobilità passiva, è stata di circa 113 miliardi di euro, pari a 1.854 euro pro-capite. La spesa più performante si è verificata in numerose regioni del Sud alle quali di conseguenza, è stato attribuito un punteggio più alto nella classifica parziale dell’indicatore. In testa la Campania con una spesa sanitaria per residente di 1.655 euro (100 punti), la Sicilia con 1.684 euro (98,3 punti) e la Calabria con 1.697 euro (97,6 punti). L’altra faccia della medaglia ha visto primeggiare negativamente il Trentino Alto Adige con una spersa sanitaria per cittadino pari a 2.182 euro (75,9 punti), il Molise con 2.101 euro (78,8) e la Liguria con 2.028 euro (81,6 punti).
Spese catastrofiche: quote minori nel Lazio e in Liguria. Male Calabria e Abruzzo. Le famiglie con spese catastrofiche fanno parte del set di indicatori individuati dai ricercatori di Demoskopika per la costruzione dell’indice di perfomance sanitaria. L’indicatore, secondo la definizione del consorzio Crea Sanità, esprime, in termini percentuali, la quota di famiglie residenti soggette a spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.) catastrofiche, ovvero a spese che superano il 40% della loro capacity to pay, ossia la disponibilità al netto delle spese di sussistenza. Nella top five delle regioni che registrano quote minori di famiglie soggette a spese catastrofiche compaiono il Lazio (100 punti), la Liguria (87,7 punti), il Trentino Alto Adige (62,4 punti), il Friuli Venezia Giulia (56,9 punti) e il Piemonte (56,6 punti). La quota maggiore, in direzione opposta, è presente in Calabria (20,5 punti), Abruzzo (21,6 punti), Sicilia (22,9 punti), Basilicata (23,9 punti) e il Molise (24,2 punti).
Impoverimento sanitario: famiglie meno colpite nel Lazio, Piemonte, Umbria e Marche. L’indicatore “famiglie impoverite” esprime, in termini percentuali, le famiglie residenti che a causa delle spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.) si sono impoverite scendendo al di sotto della soglia di povertà. A meritare il ranking migliore in questa graduatoria è il Lazio (100 punti), con una quota percentuale di appena lo 0,1% di nuclei familiari piombati al di sotto della soglie di povertà stimabile in circa 2.600 famiglie. A seguire, il Piemonte (82,5 punti) con una quota dello 0,2% pari a circa 4 mila famiglie, l’Umbria (60,9 punti) con una quota di poco superiore allo 0,2% pari a poco meno di 800 nuclei familiari e le Marche con una quota dello 0,3% pari a circa 2 mila famiglie. A finire al di sotto della soglia di povertà a causa delle spese sanitarie out of pocket, soprattutto le famiglie in Calabria (7,2 punti) con una quota dell’1,9% quantificabile in circa 15 mila nuclei familiari. Seguono la Campania (9,3 punti) con una quota dell’1,5% pari a oltre 32 mila famiglie, la Sardegna (10,1 punti) e la Puglia (10,2 punti) entrambe con una quota che si aggira all’1,4% coinvolgendo nel processo di impoverimento rispettivamente 10 mila e 22 mila nuclei familiari.
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