Il giorno dopo il centrodestra riflette sulla larga vittoria. E, anche se nessuno lo dice ufficialmente, già guarda alla composizione del futuro governo, tenendo conto dei nuovi equilibri interni ‘capovolti’ dall’esito delle urne con il 26% di Giorgia Meloni, mentre la Lega crolla al 9% e Forza Italia si ferma all’8%. Numeri alla mano, la parte da leone spetta ai meloniani, che potranno riempire le caselle principali dei ministeri, a cominciare da quelli chiave, come Economia, Affari esteri, Viminale e Difesa, che, di solito, vengono attenzionati dal Colle. Da FdI potrebbero arrivare il Guardasigilli, ovvero l’ex pm Carlo Nordio, e il prossimo ministro delle Riforme costituzionali, ovvero l’ex presidente del Senato, Marcello Pera, neo-eletto a palazzo Madama dopo la chiamata della Meloni, che lo vorrebbe artefice della delicata riforma in chiave semi-presidenzialista della Repubblica.
Rumors danno dentro all’esecutivo per la loro esperienza e competenze l’attuale presidente del Copasir Adolfo Urso, e Fabio Rampelli, già vicepresidente della Camera, che potrebbe approdare alle Infrastrutture (oppure ai Beni culturali o all’Ambiente). Per Ignazio La Russa, braccio destro dalla leader di via della Scrofa, invece, potrebbe esserci il ritorno alla Difesa, dove già è stato nel 2008 con Berlusconi, o, secondo gli ultimi boatos, rivestirà l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio (con deleghe da definire e assegnare in seguito). Un ruolo apicale potrebbe essere riservato a un altro esponente dell’inner circle di Giorgia, il senatore Giovanbattista Fazzolari, fidato consigliere della leader di via della Scrofa.
Nomi che circolano anche quelli della senatrice azzurra, Licia Ronzulli, fedelissima di Arcore (alla Sanità) e del presidente dei senatori Anna Maria Bernini, già ministro per le Politiche dell’Unione Europea, mentre si parla di Alessandro Cattaneo, attuale responsabile dei Dipartimenti del partito forzista, allo Sviluppo economico come viceministro. Circola anche il nome del sottosegretario uscente alla Difesa, Giorgio Mulè, dato papabile ancora alla Difesa o al Sud.
Per Berlusconi sembra lontana la possibilità di diventare la seconda carica dello Stato. Alla guida di palazzo Madama, invece, potrebbe trovare casa il leghista Roberto Calderoli, già vicepresidente e tra i maggiori conoscitori dei regolamenti del Senato. Con Calderoli al Senato, a Montecitorio, a raccogliere il testimone da Roberto Fico potrebbe essere un azzurro come il coordinatore nazionale Antonio Tajani, anche se qualcuno non esclude che una politica ‘inclusiva’ su cui potrebbe puntare la maggioranza a guida Meloni, potrebbe permettere a un nome del Pd (o dei Cinque Stelle) di governare l’Aula della Camera.
Il nome di Tajani, però, continua a circolare con insistenza per la Farnesina. Il numero due di Fi, già presidente del Parlamento Ue e commissario Ue ai Trasporti, non ha mai nascosto di essere a disposizione, forte proprio della sua esperienza europea con il suo profilo moderato, europeista e atlantista potrebbe far comodo a Fdi. Caselle come quelle dell’Economia e dell’Interno, e di altri ministeri, restano invece al centro di una riflessione che porterà a decidere il metodo di assegnazione, aprendo o chiudendo definitivamente la porta a figure tecniche, che restano tra le ipotesi.
In quota Lega, potrebbero avere spazio conferme al ministero della Disabilità, dove però sulla ministra uscente, Erika Stefani, apprezzata da tutti gli alleati, pesa la ‘militanza’ nel governo Draghi. La sua riconferma spiegano fonti ben informate – sarebbe leggibile come segnale di continuità con l’esperienza Draghi, che tutta l’alleanza vuole mettersi alle spalle, a partire da Giorgia Meloni. Sempre in casa Lega il nome di Giulia Bongiorno è quello più ricorrente per la Giustizia, con la senatrice della Lega che avrebbe anche il via libera dal leader azzurro, Silvio Berlusconi, che da sempre ne apprezza le battaglie per una giustizia riformata in chiave garantista.