Il vertice servirà per fare un punto sulle elezioni del 25 settembre e provare a definire una volta per tutto se vale ancora la regola, sancita verbalmente in un vertice a palazzo Grazioli nel gennaio 2018 in preparazione delle politiche del 4 marzo, che assegna al primo partito la facoltà di indicare il candidato premier della coalizione. L’appuntamento stavolta è in una sede istituzionale, come voluto da Giorgia Meloni, stanca di fare incontri conviviali con i suoi alleati a ‘casa Berlusconi’, ovvero ‘Villa Grande’ sull’Appia antica che da qualche anno ha preso il posto della storica via del Plebiscito, nè Villa La Certosa in Sardegna o Villa San Martino ad Arcore.
Il summit, infatti, è stato convocato a Montecitorio, al gruppo della Lega Nord, e più precisamente, salvo cambiamenti di programma dell’ultima ora, nella capiente (quanto basta) Sala Salvadori, dove di solito si vede lo stato maggiore del Carroccio. Una location dove spicca, alle spalle del lungo tavolo delle riunioni, un imponente quadro raffigurante la ‘Battaglia di Lepanto’, dal forte valore simbolico, almeno nell’iconografia leghista, quella delle origini, costruita sul ‘pratone’ di Pontida e lo spadone di Alberto da Giussano.
La tela, che occupa quasi tutta la parete, raccontano, fu fortemente voluto da Umberto Bossi, fondatore della Lega, dura e pura, che già dai suoi esordi spiccava per i vari rimandi figurativi provenienti dalla mitologia celtica e pre-romana, a cominciare dal culto di Eridano con tanto di pellegrinaggio alle sue sorgenti e ampolla versate alla sua foce. Un movimento fatto soprattutto di militanti, che amavano le messe in latino e non mancavano di rievocare le eroiche gesta della battaglia di Lepanto, la madre di tutte le vittorie anti-islamiche.
Accontentata Fdi sulla location, ora bisognerà capire se Salvini, Meloni, Berlusconi e Antonio Tajani riusciranno a trovare la quadra, per usare un’altra espressione cara al ‘Senatur’, fondatore del partito di via Bellerio ora guidato dal ‘Capitano’.