Disinnescare la corsa dei prezzi e delle bollette, sostenendo imprese e famiglie ma senza ricorrere a uno scostamento di bilancio. Scrivere la prossima legge di bilancio in tempo per evitare l’esercizio provvisorio. Negoziare con Bruxelles gli spazi che ci sono per rivedere le priorità del Pnrr. Solo procedendo per titoli, è evidente come la prima sfida tutta in salita per Giorgia Meloni e per il prossimo governo a guida FdI sia l’economia.
I tempi sono stretti e già nella composizione dell’esecutivo arriveranno le prime risposte rispetto alle attese, e ai dubbi, dei mercati. La prima reazione, a urne appena chiuse, premia la prospettiva della stabilità, perché la maggioranza è sufficientemente ampia nei due rami del Parlamento e perché il risultato della Lega, la forza che potenzialmente potrebbe portare un elemento di instabilità, è sufficientemente lontano da quello di FdI. Ora, però, il giudizio sarà tarato sui fatti, giorno dopo giorno. La squadra che accompagnerà Giorgia Meloni nel percorso a Palazzo Chigi avrà il suo peso, soprattutto in termini di credibilità e di affidabilità sul piano internazionale. Per questo la scelta dei ministri chiave – economia, interno, difesa, esteri – appare ancora più sensibile in questa fase.
Per affrontare il contesto difficile che si sta delineando, “le conseguenze economiche della guerra in Ucraina per l’area euro hanno continuato a farsi sentire e le prospettive si fanno più fosche” ha sintetizzato la presidente della Bce Christine Lagarde, servono soprattutto affidabilità e competenze. E anche una sponda solida dal governo Draghi. Non a caso Guido Crosetto, tra i fondatori di Fdi e consigliere molto ascoltato da Meloni, ha iniziato a inquadrare il primo problema sulla strada del prossimo governo. “Da tecnico ricordo che la legge di bilancio va mandata a Bruxelles il 16 ottobre. Quindi il nuovo governo avrebbe un giorno per farla. Per questo motivo credo che dovremmo lavorare a una interlocuzione tra il vecchio governo e i nuovi eletti, lavorare a 4 mani”.
Lavorare a quattro mani vuol dire soprattutto rispettare la cornice macroeconomica della nota di aggiornamento al Def, il documento cornice per la legge di Bilancio, che il governo sta per chiudere senza indicare ovviamente gli obiettivi programmatici. Vuol dire, tradotto in termini pratici, muoversi con cautela e rimandare a data da destinarsi quelle misure di bandiera che in genere i nuovi governi tendono ad approvare nei primi cento giorni di vita. A partire dai 30 miliardi di scostamento chiesti a gran voce da Salvini fino all’ultimo istante utile della campagna elettorale. Sarà necessario spendere quello che serve, e non sarà poco, per allentare le conseguenze della morsa dell’inflazione, ma farlo trovando le risorse nelle pieghe del bilancio, tagliando ad esempio la spesa improduttiva, se si vuole evitare di farlo in deficit mettendo in allarme Bruxelles e gli investitori.
Per la revisione degli obiettivi del Pnrr, possibile solo su alcuni capitoli e in accordo con l’Unione europea, servirà tempo. E far capire alla propria maggioranza che serve tempo non è mai semplice per chi si insedia a Palazzo Chigi sostenuto da aspettative alte e un consenso largo. (di Fabio Insenga)