Elezioni Ecuador, voto tra insicurezza e paura dopo omicidio Villaviciencio
20 agosto 2023

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Elezioni Ecuador, voto tra insicurezza e paura dopo omicidio Villaviciencio


Elezioni presidenziali oggi in Ecuador, ancora sotto choc per l’assassinio del candidato presidenziale Fernando Villaviciencio, ucciso il 9 agosto durante un comizio a Quito. Un omicidio politico che ha evidenziato la recente trasformazione dell’Ecuador da paese pacifico e relativamente tranquillo ad un snodo del traffico di droga internazionale.

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La sicurezza è stata al centro delle promesse di tutti gli otto candidati alla presidenza. Ma non è chiaro che peso avrà la morte di Villaviciencio sul risultato dato che, per legge, i sondaggi sono vietati dal 10 agosto, il giorno dopo il suo omicidio. Fino a quel momento, la favorita era Luisa Gonzales, del movimento Rivoluzione cittadina dell’ex presidente di sinistra Rafael Correa. Intervenuta a Guayaquil, città più popolosa e maggiore porto del paese, ha promesso “una mano dura” contro la delinquenza e “una mano solidale” verso la popolazione. Gonzales promette di rafforzare le forze di scurezza e la collaborazione anti crimine con la Colombia.

Il Movimento Costruire di Villaviciencio ha scelto il giornalista Christian Zurita come nuovo candidato. Il via libera della Commissione Elettorale è arrivato solo mercoledì e Zurita ha potuto fare campagna elettorale solo un giorno. Amico del candidato assassinato, assieme al quale ha lavorato a diverse inchieste giornalistiche su corruzione, narcotraffico e crimine organizzato, era sul palco del comizio al momento dell’omicidio. L’Ecuador, denuncia, è ormai diventato un “narcostato”. E Villaviciencio, sostiene è stato ucciso perché voleva militarizzare i porti, da cui parte il narcotraffico.

Molti candidati hanno chiuso la campagna elettorale presentandosi ai comizi con un giubbotto antiproiettile. Così hanno fatto Daniel Noboa, dell’alleanza Adn, e il leader indigeno Yaku Peretz. L’imprenditore Jan Topic ha parlato a Guayaquil, mentre l’ex vicepresidente Otto Sonnenholzner, ha chiuso la campagna a Machala.

Stretto fra Colombia e Perù, i maggiori produttori di coca del mondo, l’Ecuador è un piccolo paese di 18 milioni di abitanti affacciato sull’oceano Pacifico all’altezza della linea dell’Equatore, da cui deriva il suo nome. E’ il principale esportatore di banane del mondo, ma oggi, nelle casse di frutti caricate sulle navi, si nasconde spesso la droga.

Impoverito dall’epidemia di covid, il paese, che ha già aveva un problema di corruzione della politica, è stato infiltrato dalle gang di narcotrafficanti messicani e colombiani ed è precipitato in una spirale di violenza criminale. Nei primi sei mesi dell’anno, secondo i dati della polizia nazionale, ci sono stati 3.568 morti violente, il 70% in più dell’anno precedente. E dopo il coronavirus, le gang criminali hanno iniziato a taglieggiare i commercianti chiedendo di pagare quella che viene chiamato “la vacuna”, il “vaccino”, per garantirsi la sicurezza.

In un lungo post su Twitter, il presidente colombiano, Gustavo Petro, ha legato la morte di Villaviciencio al fatto che negli Stati Uniti il Fentanyl si sta sostituendo alla cocaina nel mercato illegale della droga. E’ “cambiata la geografia” del mercato della cocaina, prima la rotta era diretta verso gli Usa, ora si dirige verso sud. E l’Ecuador, spiega, è lo snodo che porta la cocaina che viene prodotta in Colombia verso l’Europa, l’Asia e l’Australia. Un rapporto pubblicato a marzo dall’Ufficio Onu per la droga e il crimine segnalava la presenza in Ecuador di gruppi criminali dei Balcani e anche italiani per gestire il traffico di droga verso l’Europa.

Il porto di Guayaquil è un drammatico esempio di come sia cambiata la situazione in poco tempo. Nel quartiere di Duran, dove Noboa ha chiuso la campagna elettorale, vige il coprifuoco e la polizia ha eretto diversi posti di blocco. Ma c’è un’enorme sproporzione fra i mezzi di cui dispone la polizia e quelli dei narcos, il cui denaro è in grado di corrompere funzionari e agenti. E la Bbc racconta di un commissariato di un distretto cittadino protetto da sacchetti di sabbia, come in guerra, dopo che è stato assaltato da un gang criminale.

Villaviciencio aveva preso di petto le gang criminali. Aveva anche fatto un comizio a Chone, la città natale di Jose Adolfo Macias, detto “Fito”, il leader della gang dei Choneros, che, dal carcere dove era rinchiuso lo aveva minacciato di morte. Dopo l’assassinio del candidato, sei persone sono state arrestate, mentre un settimo sospetto è stato ucciso in uno scontro a fuoco, ma non vi è chiarezza sui mandanti e le complicità. L’omicido politico è stato rivendicato in un video dai Los Lobos, una scissione dei Choneros. Ma un secondo video ha smentito il precedente.

Intanto il presidente dell’Ecuador, Guillermo Lasso, ha dichiarato lo stato di emergenza. E una forza di 4mila uomini, fra polizia ed esercito, ha perquisito il 12 agosto tutte le celle del carcere di Regional, a Guayaquil, dove era rinchiuso Fito. Il leader dei Choneros è stato poi trasferito nel penitenziario di massima sicurezza di La Roca, dove vige un severo regime d’isolamento dei detenuti.

Il voto si svolge in un clima di crisi politica. Il presidente Lasso, che ha scelto di non ripresentarsi per un secondo mandato, ha sciolto in anticipo il parlamento a maggio per evitare l’impeachment. Oggi si elegge un nuovo presidente, con un eventuale ballottaggio il 15 ottobre, e si rinnova il parlamento. Ma rimarranno tutti in carica solo per un anno e mezzo, fino alla scadenza della legislatura sciolta. Poi si tornerà a votare nel 2025 per un mandato regolare di quattro anni.


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