“L’autocandidatura a premier di Calenda in alternativa a Draghi è una posizione di bandiera, un rafforzamento della sua linea comunicativa per sottolineare la propria indipendenza ed avere più voti. Calenda non ha nessuna speranza né ambizione di diventare presidenze del Consiglio, anche se in questo paese tutto può succedere”. Così il sociologo e sondaggista Renato Mannheimer (Istituto di ricerca sociale e di marketing Eumetra).
Il sondaggista, commentando all’Adnkronos l’apertura ed al tempo stesso i paletti del leader di Azione ad un patto con il Pd, afferma: “Il vantaggio per Letta sarebbe indubbio; mentre Calenda grazie ad un accordo con i Dem avrebbe la possibilità di strappare qualche collegio uninominale, cosa che altrimenti non sarebbe possibile. Ma se si accordasse con Renzi, puntando alla nascita di un centro più strutturato, farebbe il botto. Con Toti, la Bonino e Di Maio, che il leader di Azione ha liquidato in maniera brusca, il centro potrebbe arrivare al 10-15%”.
“Eppure non si accordano – commenta Mannheimer – Come dice il politologo Roberto D’Alimonte: il centro non è un polo ma un pollaio con tanti galli dalle individualità troppo forti per trovare una intesa. Peccato, perché il rischio è perdere una occasione in termini di buon risultato elettorale e di essere determinanti quando si farà il governo. Non va infatti sottovalutato – ricorda – quel potere di coalizione dei partiti piccoli senza i cui voti non c’è esecutivo. Nella prima repubblica lo ha avuto il Psi ed adesso potrebbe averlo Forza Italia nel centrodestra, piccolina ma indispensabile per strutturare la maggioranza in una specie di golden share, anche se si formasse il centro, quindi con un potere immenso. E questo – conclude – Berlusconi lo sa benissimo”. (di Roberta Lanzara)