Comincia così una vera e propria caccia all’uomo alla ricerca dei due rapinatori, albanesi si disse allora, dai quali Erika racconta di essere sfuggita per miracolo. A salvarsi anche il padre che era fuori casa. E, mentre le forze dell’ordine sono al lavoro dentro e fuori casa alla ricerca di indizi, nel paese e non solo, si scatena la rabbia contro gli immigrati.
Erika viene sentita a lungo sull’accaduto ma il suo racconto non convince del tutto gli inquirenti che tornano nella casa accompagnati dalla ragazza e dal suo fidanzatino, Omar, per un nuovo sopralluogo. Poi, portati in caserma vengono lasciati soli in una stanza dove non sanno che vengono visti e sentiti a distanza e li i due giovani parlano del delitto, concordano la versione da fornire agli investigatori.
Due giorni dopo il delitto, i giovani vengono fermati e dal momento dell’arresto cominciano ad accusarsi ad accusarsi a vicenda mentre numerosi di periti vengono nominati per cercare di far luce sulle loro personalità.
L’11 dicembre dello stesso anno in un’aula del tribunale dei minori Erika e Omar affrontano il giudizio con rito abbreviato. Il pm Livia Locci chiede una condanna a vent’anni per la ragazza e a 16 per l’ormai ex fidanzato: tre giorni dopo vengono condannati rispettivamente a 16 e 14 anni, pene che vengono confermate in appello il 30 maggio 2002 e infine dalla Cassazione il 9 aprile dell’anno successivo.
Ora, a vent’anni dal duplice delitto si sono rifatti una vita, Erika in carcere si è diplomata e poi laureata contando sempre sulla presenza del padre che non l’ha mai abbandonata. Lo stesso ha fatto Omar che uscito dal carcere si è trasferito in Toscana.