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22 ottobre 2017

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Etichetta pomodoro: firmato decreto per introdurre l’obbligo di origine per conserve, sughi e derivati


Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina e quello dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, hanno firmato il decreto interministeriale per introdurre l’obbligo di indicazione dell’origine dei derivati del pomodoro. Il provvedimento introduce la sperimentazione per due anni del sistema di etichettatura, nel solco della norma già in vigore per i prodotti lattiero-caseari, per la pasta e per il riso.

Il decreto si applica ai derivati come conserve e concentrato di pomodoro, oltre che a sughi e salse che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro.

Il provvedimento viene positivamente commentato dalla Coldiretti: «Con un aumento del 36% degli arrivi dalla Cina per un totale 92 milioni di chili di concentrato di pomodoro da spacciare come Made in Italy nel 2016, l’arrivo dell’obbligo di indicare la provenienza rappresenta una attesa misura di trasparenza per produttori e consumatori.

«Ad oggi l’obbligo di indicare la provenienza è in vigore in Italia solo per le passate ma non per pelati, polpe, sughi e soprattutto concentrati. Il risultato è che dalla Cina si sta assistendo ad un crescendo di navi che sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato di pomodoro da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro».

«In sostanza», spiega la Coldiretti «i pomodori di provenienza cinese rappresentano circa il 15% della produzione nazionale in equivalente di pomodoro fresco. Un fiume di prodotto che viene poi spacciato nel mondo come tricolore in concentrati e sughi.

«Il pomodoro è il condimento maggiormente acquistato dagli italiani. Nel settore del pomodoro da industria sono impegnati in Italia oltre 8 mila imprenditori agricoli che coltivano su circa 72.000 ettari, 120 industrie di trasformazione in cui trovano lavoro ben 10 mila persone, con un valore della produzione superiore ai 3,3 miliardi di euro».

«Un patrimonio che», conclude la Coldiretti «va salvaguardato garantendo il rispetto dei tempi di contrattazione per consentire una adeguata pianificazione e una giusta remunerazione del prodotto agli agricoltori italiani».


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