Fallita la logica dei Piani di rientro in Sanità. Anche il ministro Lorenzin prende atto delle condizioni disperate in cui versa il Servizio sanitario calabrese
Il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, in occasione dell’audizione del Ministro della Salute Lorenzin, alla Conferenza dei presidenti delle Regioni, per un’informativa sul nuovo Patto per la Salute, ha rappresentato la drammatica situazione in cui versa il Servizio sanitario calabrese. «Dopo sette anni di Piano di rientro dal debito sanitario e di commissariamenti», ha detto il presidente Oliverio «non è più sostenibile lo stato in cui versa il servizio sanitario calabrese. In questi anni l’offerta sanitaria è via via peggiorata e l’applicazione del Piano di rientro si è dimostrata fallimentare e, ad oggi, non s’intravede nessuna inversione di tendenza. Gli stessi indicatori sui Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l’emigrazione sanitaria passiva confermano il fallimento delle gestioni commissariali».
Il Ministro Lorenzin, nelle sue conclusioni, ha riconosciuto le condizioni “disperate” che vive il Servizio sanitario calabrese, condividendo il fallimento delle gestioni dei Piani di rientro e, a tal proposito, ha annunciato che il suo Dicastero ha già predisposto e trasmesso al Ministero dell’Economia un apposito disegno di legge proprio per il superamento dei Piani di rientro. La notizia è di quelle che lasciano con il fiato sospeso, che fanno intravedere un futuro migliore, ma senza far capire bene come in concreto sarà, e cosa dobbiamo aspettarci nella sostanza.
Quello che rimane certo è l’attuale fallimento della gestione commissariale, che muove sempre dalle stesse logiche folli: si tagliano servizi e funzioni senza sostituirli con nulla, si veda da ultimo l’esempio dell’Ospedale di Lamezia Terme. Si parla di un nuovo sistema sanitario più efficiente, ma allo stato di efficiente c’è ben poco, tranne lo stallo!
Il fallimento in Calabria è iniziato con il decreto Scopelliti nel 2010, quando la giunta di centro destra confezionava il primo Piano di Rientro, dal quale tutti gli altri sono derivati: il rimedio per gli sperperi nella sanità calabrese iniziava col tagliare gli esempi virtuosi come Soveria Mannelli, l’unico ospedale di zona montana ad essere effettivamente riconvertito fin da subito. Gli altri nosocomi montani, di Acri, Serra San Bruno e San Giovanni in Fiore, venivano saccheggiati molto più tardi, solo in tempi recenti e per molti versi ancora solo sulla carta. Tempi bui: quando la politica locale non ebbe il coraggio di schierarsi a difesa del diritto alla salute delle popolazioni delle aree interne; quando la politica non era intesa come servizio e quando pensava solo a prendere e non a dare.
Il trend ora è diverso. Esempio ne sono l’Amministrazione del Comune di Soveria Mannelli e quelle di tutti i Comuni del Comprensorio dell’Area interna del Reventino che hanno affrontato il problema dell’ospedale montano a viso aperto, dicendo anche cose sgradite, ma schierandosi in prima linea con i cittadini e sostenendo le ragioni del dialogo e del confronto istituzionale per riuscire a restituire dignità e significato all’ospedale del comprensorio del Reventino. Un duro ed ingrato lavoro per rimettere insieme i cocci di una sanità vessata e vituperata da politici e commissari di turno.
Per la prima volta nella storia di questi luoghi si è ragionato coinvolgendo a Soveria Mannelli 24 sindaci di una vasta area interna e costituendo la prima Rete dei Sindaci, che tra l’altro ha dato una importante opportunità di dialogo ai territori. I sindaci uniti coniavano lo slogan «…noi ci mettiamo la fascia…» e portavano avanti con grande dignità una vera battaglia di civiltà, giocata sui tavoli istituzionali, in silenzio, quando serviva, con più clamore quando è stato necessario. L’occasione della Rete dei Sindaci ha fatto ragionare i Comuni in termini di territorio e non più di municipalità isolate, consolidando la prima vera governance territoriale, che poi è confluita nei diversi progetti di sviluppo territoriale, che in quest’epoca così difficile, hanno comunque consentito a questo territorio di progredire.
Anni di confronto istituzionale serrato sulla sanità che partendo dallo svuotamento iniziale dell’importante Presidio montano, vinta l’angoscia iniziale, pian piano hanno consentito di restituirvi dignità, ricollocandovi, funzioni e servizi a carattere ospedaliero. Questo il risultato dell’impegno della rete dei Sindaci. È così che, ad esempio, sono spuntati fuori gli attuali 59 posti letto per l’ospedale di Soveria Mannelli, di cui 20 di lungodegenza, la Struttura semplice di Pronto Soccorso (quasi ultimata) con 5 medici di Medicina generale e 4 anestesisti, una struttura che sarà il fiore all’occhiello della provincia di Catanzaro, la Cardiologia integrata alla Medicina generale, la Struttura semplice di Chirurgia che interviene in elezione su un’offerta molto più ampia e con copertura di pronta disponibilità dell’equipe chirurgica, il laboratorio di Oncologia, il Laboratorio Analisi, l’organizzazione su base dipartimentale, la grande convergenza con la dirigenza generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, eccetera. Ed è così che nel prossimo futuro si parlerà di riabilitazione ospedaliera a Soveria Mannelli, del rinnovo delle dotazioni strumentali e delle reali prospettive del Laboratorio analisi e del servizio ambulatoriale di pediatria.
Sono risultati di un lungo lavoro, di una lunga e serrata dialettica istituzionale a vari livelli, di sindaci che non hanno avuto paura di confrontarsi con nessuno sulla delicata problematica. Se la materia tornerà finalmente al Consiglio Regionale, saranno i territori a rappresentare il reale bisogno di salute dei propri concittadini e si potranno affrontare le vere anomalie del sistema, quali una migliore distribuzione territoriale dei servizi ospedalieri: non è pensabile che una città come Catanzaro abbia addirittura tre ospedali con le medesime caratteristiche e tutto il resto della Calabria si debba accontentare delle briciole.
I Sindaci potrebbero lavorare insieme alla Regione per formare quella base conoscitiva per la nuova programmazione regionale della salute che sicuramente dovrà passare dalla formazione dei rilevatori di fabbisogni epidemiologici. Si dovrà ragionare sul fabbisogno reale e sui dati reali e forse si darà maggiore fiducia e migliori risposte ai cittadini.
Bisogna anche far si che si preferisca la sanità pubblica a quella privata e mettere quindi il pubblico in condizione di erogare servizi efficienti e di qualità. Ricordo ancora la spiacevole coincidenza della chiusura del glorioso reparto di Ortopedia a Soveria Mannelli, mentre l’amministrazione comunale concedeva in locazione un proprio immobile (l’ex carcere mandamentale) ad una struttura sanitaria privata. Apriva il privato e chiudeva il pubblico. E pensare che quella stessa struttura sanitaria privata ha anche causato un enorme buco nelle casse comunali poiché mai ha versato il canone di fitto al Comune. Anche in quel caso siamo stati saccheggiati. Una questione di lungimiranza.
Aspettiamo di conoscere i contenuti del disegno di legge proposto dalla Lorenzin per superare il Piano di Rientro, ma nel frattempo ci piacerebbe conoscere anche quelli dell’informativa sul nuovo Patto per la Salute, che auspichiamo contenga nuove ed ulteriori garanzie per gli ospedali di zona disagiata montana (come l’esenzione dall’analisi dei costi), perché anche in quel tavolo si gioca una partita importante e che ci riguarda da molto vicino.
Ci aspettiamo che tanto la Lorenzin con il preannunziato ddl e con il nuovo Patto per la Salute 2017-2019, che l’Agenas, il Tavolo Massicci ed il Palumbo e tutti gli altri illustri protagonisti della programmazione chiamati a garantire una salute degna di questo nome, tengano conto dell’orografia, delle condizioni geomorfologiche calabresi, delle connesse difficoltà viarie, e che prendano atto dell’esistenza in Calabria dell’Appennino tirrenico e jonico.
L’altro auspicio che facciamo a noi stessi ed alla nostra terra è che il riordino del sistema della spedalità calabrese venga adottato con legge regionale e pertanto discusso ed approvato in Consiglio Regionale ed esaminato con i Sindaci ed i territori e non calato dall’alto dai commissari di turno. E che ad occuparsi di sanità siano persone capaci e competenti.
Siamo Sindaci ma prima ancora padri e madri di famiglia, per questo registriamo con fiducia (siamo instancabili ottimisti), anche il lavoro che sta facendo il Comitato di settore per il Comparto Regioni-Sanità che ha approntato la bozza del documento integrativo dell’atto di indirizzo per la medicina convenzionata per la parte riguardante specificatamente i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta.
La bozza, con l’obiettivo del potenziamento della rete dell’assistenza territoriale per ridurre gli accessi impropri al Pronto soccorso, si propone l’attivazione delle Aggregazione funzionale territoriale (Aft). Si tratta di un modello organizzativo territoriale mono-professionale in ambito distrettuale, finalizzato all’erogazione dell’assistenza da parte dei medici del ruolo unico di cure primarie (attualmente assistenza primaria e continuità assistenziale), dei pediatri di libera scelta e degli specialisti ambulatoriali ed alla realizzazione di specifici programmi e progetti assistenziali.
L’Aft dei medici di cure primarie sarebbe articolata su un bacino di utenza riferito ad una popolazione non superiore a 30.000 abitanti per garantire la continuità dell’assistenza senza determinare ulteriori incrementi di costo. L’ambito territoriale dell’Aft della pediatria di libera scelta, riferito alla popolazione 0-6 anni, è definito dall’Azienda per ogni Distretto, in ragione del numero di pediatri di libera scelta e delle caratteristiche orografiche e di offerta assistenziale sul territorio.
I medici aggregati in Aft, collegati tra di loro e con la rete informatica aziendale e regionale dovrebbero operare in integrazione con altri medici e garantire assistenza sanitaria per tutti i giorni della settimana ed estesa all’intero arco della giornata, coordinandosi con il sistema di emergenza-urgenza.
Le Aft dei medici di cure primarie e quelle dei pediatri di libera scelta dovrebbero assicurare l’accessibilità di tutti gli assistiti articolando l’apertura degli studi dalle 8 alle 20, dei giorni feriali dal lunedì al venerdì.
I medici di cure primarie a rapporto orario, nell’ambito dell’organizzazione distrettuale dovrebbero assicurare prioritariamente la loro attività tutti i giorni dalle ore 20 alle ore 24 e nei giorni di sabato e festivi dalle ore 8,00 alle ore 20,00, al fine di realizzare pienamente la continuità dell’assistenza in favore di tutta la popolazione e per garantire ai cittadini un riferimento preciso cui rivolgersi quando lo studio del proprio medico è chiuso. Nella successiva fascia oraria l’assistenza sarebbe assicurata dal servizio di emergenza urgenza-118.
Le Aft della pediatria di libera scelta dovrebbero essere impegnate in particolare nelle attività di sostegno alla genitorialità, prevenzione, diagnosi precoce e percorsi di gestione delle patologie croniche, anche coordinandosi con le Aft della medicina generale.
Il nuovo assetto organizzativo e l’introduzione del ruolo unico di cure primarie implicherebbe l’individuazione di nuovi parametri ed un diverso criterio di determinazione del rapporto ottimale medico/popolazione, non più basato su una proporzione numerica uniforme e predeterminata a livello nazionale ma specificata nell’ambito degli accordi regionali, coerentemente con i modelli organizzativi adottati.
Si dovrà poi garantire uniformità di erogazione dei Lea su tutto il territorio nazionale e le Regioni avranno un ruolo determinante.
Staremo a vedere, ciò che è certo è che il ruolo unico delle cure primarie condizionerà anche l’assetto dei servizi ambulatoriali ospedalieri, quali quello pediatrico, e speriamo in meglio. Terremo gli occhi aperti, sperando che i tempi di attuazione siano comunque accettabili e non infiniti. Nel frattempo sento il dovere di ringraziare il dottore Sirianni per tutto il lavoro fatto in questi lunghi anni di servizio, coronati con un meritato pensionamento, così come ringrazio la dottoressa Mancuso che con il suo sorriso e la sua disponibilità continua ad accogliere i nostri figli in ospedale riservando loro ogni necessaria ed amorevole assistenza.
Il ruolo dei Sindaci è diventato anche quello di approfondire la tematica sanitaria magari anticipando quelle che saranno le normative di rango nazionale, al fine di adottare le migliori strategie possibili nell’ottica di salvaguardare i cittadini dalle incongruità ed iniquità dei Piani di Rientro.
Il fallimento è stato ammesso, ma il tempo passa!
Quello che è certo è che i Sindaci continueremo a «…metterci la fascia…» nella quotidiana battaglia per ottenere ciò che dovrebbe essere un diritto costituzionale, un diritto di tutti. Giuseppe Pascuzzi – Sindaco di Soveria Mannelli in rappresentanza della Rete dei 24 Sindaci del Comprensoorio del Reventino
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