Ferragosto, da ‘Il sorpasso’ a ‘Un sacco bello': i film che lo hanno raccontato
Le vacanze al mare con le grandi abbuffate in spiaggia, le grigliate in campagna con l’immancabile partita di pallone e i tradizionali fuochi d’artificio, ma anche il grande caldo, le città vuote, i negozi ‘chiusi per ferie’ e la solitudine di chi resta, per alcuni occasione d’oro, per altri una sciagura a cui porre rimedio, a tutti i costi. Il Ferragosto, nonostante tutto, resta la festa dell’estate per eccellenza, da sempre fonte di ispirazione per il cinema. Tra le pellicole italiane, ormai ‘cult’, che lo hanno raccontato ‘Il Sorpasso’ di Dino Risi, ‘Un Sacco bello’ di Carlo Verdone, ‘Caro diario’ di Nanni Moretti, ‘Ferie di agosto’ di Paolo Virzì con il recente sequel ‘Un altro Ferragosto’ girato a distanza di ventotto anni, ‘Una botta di vita’ con Alberto Sordi e ‘Pranzo di ferragosto’ di Gianni Di Gregorio.
Il sorpasso
Tra i primi a raccontare la città svuotata e le imprevedibili avventure dei ‘sopravvissuti’ che restano, è stato uno dei film manifesto della commedia all’italiana: ‘Il Sorpasso’, diretto da Dino Risi, scritto con Ettore Scola e interpretato da due giganti del cinema, Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant. E’ l’estate del 1962, nel giorno di Ferragosto, Bruno Cortona vaga per una Roma deserta a bordo della sua Lancia in cerca di sigarette e di un telefono pubblico. Non trovandoli, incontra Roberto, uno studente di giurisprudenza rimasto a casa per preparare gli esami. Dopo avergli concesso la telefonata, Bruno convince Roberto ad unirsi a lui.
Comincia così la loro avventura, all’insegna della comicità: Roberto si troverà ad assecondare l’entusiasta Bruno che sembra volersi godere ogni secondo della giornata. I due sono esattamente uno l’opposto dell’altro, tanto serio Roberto quanto allegro e passionale Bruno, e probabilmente per questo la loro ‘coppia’ funziona. Risi racconterà così non solo Roma ma anche la vita estiva e ferragostana nell’Italia degli Sessanta, con le spiagge affollate, le serate di musica e i fuori d’artificio.
Un sacco bello
Altro film cult, datato 1980, sempre ambientato in una Roma deserta, è ‘Un sacco bello’, esordio alla regia di Carlo Verdone. Commedia italiana, pluripremiata, racconta le disavventure di tre personaggi: Enzo, Leo e Ruggero (tutti interpretati da Verdone), che a modo loro cercano di combattere la propria solitudine e ‘organizzare’ il ferragosto. C’è Leo Nuvolone, ingenuo e goffo ragazzo di Trastevere, ossessionato dalla dispotica madre che lo attende a Ladispoli per trascorrere il Ferragosto. Per strada si imbatte in Marisol, una giovane turista spagnola in difficoltà che lo convince a ospitarla a casa, ad accompagnarla in giro per Roma e poi a organizzare una romantica cena in terrazza. Ma sul più bello piomberà in casa il fidanzato di lei.
Enzo è un ragazzone quasi trentenne, che nasconde la sua solitudine dietro una falsa sicurezza e aneddoti improbabili. Convince il suo demotivato conoscente Sergio a partire per una vacanza, il giorno di Ferragosto, a Cracovia. Ma appena fuori città, questi avverte un fortissimo malore ed Enzo è costretto a portarlo in un ospedale, dove intrattiene infermieri e portantini con i suoi racconti mirabolanti. Il ricovero d’urgenza di Sergio per calcolosi biliare fa sfumare il viaggio. Enzo non si dà per vinto e si mette alla disperata ricerca di qualcuno con cui rimpiazzarlo.
Ruggero, un hippy svampito convinto di aver avuto un’esperienza mistica, vive in ritiro in una comunità di Città della Pieve, dove si professa l’amore libero e il ‘distacco dal mondo materialistico’. Trovandosi a Roma con la sua ragazza Fiorenza per fare questua a un incrocio, incontra casualmente suo padre, che invita i due in casa per una chiacchierata nel tentativo di convincere suo figlio a rientrare nei ranghi. Lì la coppia s’intrattiene con una bislacca terna di personaggi (un ambiguo sacerdote, un professore arrogante e moralista e il pignolo e logorroico cugino Anselmo) in quello che si trasforma via via in un surreale e patetico dialogo tra sordi.
Caro Diario
A raccontare ancora una Roma deserta nel giorno di Ferragosto è, nel 1993, Nanni Moretti nel primo dei tre episodi di ‘Caro Diario’ – premiato per la Miglior Regia al Festival di Cannes 1994 – in cui il regista ‘riscopre’ la città a bordo della sua moto, attraversando diversi quartieri della Capitale. ‘In Vespa’ – è il nome dell’episodio – è un viaggio nelle bellezze (e nelle bruttezze) paesaggistiche, architettoniche e monumentali della città eterna, accompagnato dalle riflessioni del regista che spaziano dalla critica cinematografica, alla sociologia e alla sfaccettata urbanistica dei quartieri che attraversa: dalla Garbatella fino a Spinaceto, a sud della capitale, fino a Ostia, nella zona dove fu ucciso Pier Paolo Pasolini e dove sorge un monumento alla memoria.
Pranzo di Ferragosto
E ancora: ‘Pranzo di Ferragosto’ commedia di esordio alla regia di Gianni Di Gregorio, che ne è anche sceneggiatore e interprete, in cui il protagonista è Gianni, un uomo di mezz’età, figlio unico, che vive con sua madre in una vecchia casa nel centro di Roma. Tiranneggiato da lei, nobildonna decaduta, trascina le sue giornate fra le faccende domestiche e l’osteria. Il giorno prima di Ferragosto l’amministratore del condominio gli propone di ospitare in casa la propria madre per i due giorni di vacanza. In cambio gli scalerà i debiti accumulati negli anni sulle spese condominiali. Costretto ad accettare, Gianni si ritroverà in casa anche la zia dell’amministratore che non sa dove collocare. Gianni, travolto e annichilito dallo scontro fra i tre potenti caratteri, si adopera eroicamente per farle contente. Accusa un malore e chiama un amico medico che lo tranquillizza ma, implacabile, gli lascia la sua vecchia madre perché è di turno in ospedale. Gianni passa ventiquattr’ore d’ inferno. Quando arriva il sospirato momento del congedo però le signore cambiano le carte in tavola…
Una botta di vita
Una storia simile, con protagonista la solitudine degli anziani, era stata quella raccontata in ‘Una botta di vita’, commedia del 1988 diretta da Enrico Oldoini, con Alberto Sordi. Siamo alla vigilia di Ferragosto, Elvio Battistini è un anziano che si ritrova solo a casa dopo che la sua famiglia è partita in vacanza per la Grecia, abbandonandolo in città. Destino che lo accomuna al coetaneo Giuseppe Mondardini, individuo solitario ma pieno di vitalità, proprietario di una Lancia Aurelia. I due decidono quindi di partire per Bordighera, ma finiscono per ritrovarsi a Saint Tropez, dove vivono avventure paradossali e tragicomiche.
Tutt’altro scenario – all’insegna delle vacanze al mare – quello di ‘Ferie d’agosto’, film di Paolo Virzì del 1996, girato sull’isola di Ventotene: il racconto dellla convivenza forzata di due famiglie, vicine di casa, agli antipodi, almeno sulla carta. I Molino – gli intellettuali di sinistra, radical chic e snob – e i Mazzalupi – gli ‘arricchiti’, superficiali e chiassosi. Stili di vita, pensieri politici e relazioni sentimentali vissute in modo diverso. Il confronto tra i due sfocerà presto in uno scontro. E la pellicola da subito diventerà lo specchio sociale dell’Italia di quegli anni. Sarà il racconto di una sinistra in crisi d’identità disorientata davanti ad un nuovo che avanza che assume le sembianze di un qualunquismo viscerale e di un razzismo altrettanto prepotente. Comportamenti, i loro, opposti e contrari, ma non troppo.
E l’ultimo film in sala, in ordine di tempo, è proprio il sequel della pellicola di Virzì che, dopo ventotto anni è tornato a girare, con ‘Un altro Ferragosto’, sull’isola di Ventotene dove si ritrovano i Molino e i Mazzalupi. Il ritorno di entrambi i clan sull’isola è l’occasione per un nuovo confronto e per il ritrovamento di vecchi e nuovi personaggi. Sandro Molino è ormai morente e il figlio ventiseienne Altiero, imprenditore digitale sposato con un fotomodello, decide di invitare gli amici del padre a trascorrere un’ultima estate tutti insieme. Ma negli stessi giorni la cittadina ospita anche le nozze di Sabry Mazzalupi, diventata celebrità del web, che portano a Ventotene non solo la famiglia della donna, ma anche giornalisti, curiosi e arrampicatori sociali.
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