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22 settembre 2016

News

Fertility Day. Taddei (Cgil): «Basta con le campagne offensive. Dallo Stato ci si aspetterebbe politiche economiche e sociali per la maternità»


«Non è facile riuscire a scontentare tutti e offendere molti e molte, come succede con una certa frequenza alla ministra Lorenzin, tenace nell’assestare picconate alla libertà delle donne: prima con lo svuotamento della Legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, ora con l’offensiva campagna Fertility Day, a metà tra il nazionalismo e il sessismo.‎ Ma non bastava, e dopo la campagna demografica da Ventennio è stata la volta dell’opuscolo razzista che ha fatto scatenare il web».

Così Loredana Taddei, responsabile Politiche di genere della Cgil nazionale.

«È chiaro che non si tratta», sostiene Taddei «di un problema di comunicazione come Beatrice Lorenzin si è precipitata a definire i flop, costati fin qui 150 mila euro dei contribuenti. Il punto è che si esortano maldestramente i giovani alla genitorialità, ignorando totalmente le difficoltà economiche indotte dalla crisi, la mancanza di lavoro e di asili nido, la precarietà, il part-time imposto, la disparità salariale che penalizza ulteriormente le donne del nostro Paese, in fondo alla classifica europea in tema di occupazione.‎ Si offendono le donne, esortate a obblighi riproduttivi per amor di Patria».

Per la dirigente sindacale «a dover essere rivisto non è solo il lavoro dei pubblicitari, ma l’intero impianto del Piano nazionale per la fertilità, spaventosamente impreciso nell’analisi e inadeguato nel linguaggio». «Nella prima pagina del Piano si parla di riscoprire il “prestigio della maternità” e di “recuperare il valore sociale della maternità”. Frasi prive di senso e scioccamente ideologiche, anni ‘50, con cui ci si rivolge alla donna spronandola a non far scadere il tempo biologico».

«Dallo Stato», continua la responsabile Politiche di genere della Cgil «ci si aspetterebbe non una “rieducazione” alla maternità non richiesta, ma l’incentivo e la promozione di politiche economiche e sociali per chi vuole avere un figlio ed è invece costretto a rimandare o a rinunciare per ragioni, appunto, economiche e sociali.

«I figli si fanno o non si fanno per scelte di vita», conclude Loredana Taddei «e le donne hanno diritto di decidere se essere madri o meno, libertà che nel nostro Paese non è loro concessa, in entrambe le direzioni».


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