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12 luglio 2018

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Gli artisti sono poveri? Il segreto è nel loro cervello che non reagisce al denaro


Arte e povertà, connubio quasi sempre indissolubile. L’artista squattrinato che tira a campare e non ha, tranne rari casi, solidità economica è una figura molto comune e diffusa in tutto il mondo per motivi ancora poco conosciuti.

Le cose non sempre però sono andate così, in Italia e in Europa dal Rinascimento fino al Settecento e in America anche al secondo dopoguerra gli artisti erano molti richiesti e pagati lautamente. Il mito dell’artista povero nasce nell’Ottocento quando il Romanticismo produce la figura del genio incompreso, che rifiuta le regole in nome della libertà e del sacro fuoco dell’arte e conduce una vita che lo porta all’autodistruzione e alla morte precoce.
Ma il dubbio è venuto a molti: è davvero il sacro fuoco che porta le menti creative alla povertà o c’è anche altro? Una curiosità che è venuta anche al dottor Roberto Goya-Maldonado, capo dei Dipartimento di Neuroscienze ed Imaging del Laboratorio di Psichiatria del Medical Center dell’Università di Göttingen, in Germania, che ha condotto una piccola ricerca pubblicata poi sul Creativity Research Journal.

Allo studio hanno partecipato alla ricerca solo 24 persone, 12 artisti (attori, pittori, scultori, musicisti, fotografi) e 12 professionisti non creativi (tra cui un venditore di assicurazioni, un dentista, un amministratore aziendale e un ingegnere).

Lo studio è stato fatto osservando, tramite risonanza magnetica funzionale, che cosa succedeva nei cervelli dei diversi soggetti (più precisamente si è guardato l’attività delle aree in cui viene prodotta la dopamina, un ormone prodotto quando c’è euforia, ricompensa, piacere, eccitazione) nel momento in cui ricevevano una ricompensa in denaro. Ogni partecipante indossava degli occhiali che mostravano una serie di quadrati in diversi colori. Quando ne appariva uno verde, potevano selezionarlo con un pulsante e ricevere fino a 30 euro di ricompensa e dovevano poi selezionarne anche altri, ma senza che questo fosse collegato ad un guadagno pecuniario.

La risonanza magnetica funzionale ha evidenziato che negli artisti, quando selezionavano il quadrato verde, era presente un’attivazione significativamente più ridotta (nello striato ventrale, parte del sistema di ricompensa del cervello) rispetto al campione di controllo.

In una successiva prova, gli artisti hanno mostrato una maggiore attivazione nella corteccia prefrontale anteriore, area sempre collegata alla produzione dopaminergica, quando gli è stato detto di rifiutare i quadrati verdi. Cioè: gli artisti si preoccupano meno della possibilità di ricevere denaro e, anzi, si sentono meglio quando sanno che non potranno averlo o lo rifiutano.

La ricerca perciò conclude: «L’esistenza di differenti tratti neurali nel sistema di ricompensa dopaminergico degli artisti, che sono meno interessati all’ottenimento di ricompense monetarie. Insomma non c’è niente da fare, sono proprio fatti così. Fino a prova contraria, naturalmente».


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