Governo Meloni, oggi l'insediamento con il rito della campanella
23 ottobre 2022

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Governo Meloni, oggi l’insediamento con il rito della campanella


Tecnici al lavoro, poliziotti e commessi presenti in gran numero. Per la cerimonia di insediamento del governo Meloni tutto è pronto a Palazzo Chigi. Oggi, alle 10.30, si svolgerà infatti la tradizionale cerimonia della campanella, con il passaggio di consegne tra il presidente del Consiglio uscente Mario Draghi e la leader di Fratelli d’Italia, prima donna presidente del Consiglio in Italia. Terminata la cerimonia, si terrà quindi la prima riunione del Consiglio dei ministri.

IL RITO DELLA CAMPANELLA – La ‘cerimonia della campanella’ che formalizza il passaggio di consegne da un premier all’altro nasce 26 anni fa. Esattamente nel maggio del ’96, quando Romando Prodi, leader dell’Ulivo, subentrò al tecnico Lamberto Dini. Da allora ha segnato il cambio della guardia a palazzo Chigi. Anche questa mattina il rito si ripeterà, come nelle migliori delle tradizioni, nella sala dei Galeoni, tra Draghi e Meloni assicurando alla prima donna premier le ‘piene funzioni’.

Toccherà a un commesso consegnare su un apposito vassoio alla leader di via della Scrofa la campanellina dorata con la quale ‘dirigerà’ le riunioni del Cdm nella sala del Mappamondo, a favore di telecamere, tra i flash dei fotografi presenti. Se la volta scorsa il passaggio di testimone tra Giuseppe Conte e Mario Draghi in tempo di Covid fu segnato dall’amuchina, giusto un anno prima, si creò un vero e proprio caso, perché si svolse con una formula più inedita del solito, visto che il premier Conte per il suo bis decise di non rinunciare allo scampanellio, succedendo a se stesso.

A memoria dei cronisti parlamentari, dal ’96, oltre al Conte bis, si contano solo due precedenti di un capo del governo che subentra a se stesso: Massimo D’Alema, che passò il testimone dal primo al suo secondo governo, nel ’99, e Silvio Berlusconi, nel passaggio dal bis al ter, nel 2005. In entrambi i casi, però, sembra che la campanella non sia stata mai ‘suonata’. Almeno davanti ai media.

Altra curiosità legata all’insediamento del nuovo governo, fu il gelo dell’uscente Enrico Letta nei confronti di Matteo Renzi nel 2014. Allora Letta non attese, come è consuetudine, il neo premier ai piedi dello scalone d’onore ma nel suo studio. E con il viso quasi girato, pur di non incrociare lo sguardo dell’ex rottamatore, gli mise in mano la campanella con cui si dà inizio ai Consigli dei ministri. Tetro in volto, dopo una fugace stretta di mano finale a Renzi, Letta ignorò Graziano Delrio, lasciando al suo sottosegretario Filippo Patroni Griffi l’onere di accomiatarsi con un sorriso dalla Sala dei Galeoni.

L’unico precedente in termini di ‘freddezza’ è datato 1987, quando Bettino Craxi non passò le consegne ad Amintore Fanfani. Ma in generale un sorriso, anche se tra i denti, e la stretta di mano un po’ forzata davanti ai fotografi, con la campanella in primo piano, faceva parte della prassi. L’avevano rispettata anche un amareggiato Berlusconi, quando dovette cedere all’ingresso di Mario Monti, e Prodi il giorno dell’arrivo di D’Alema alla presidenza del Consiglio.

SALA STAMPA IN RESTYLING - Intanto nella sala stampa i lavori – in corso ormai dall’estate 2021- non sono ancora ultimati. Per ora, quindi, la neo presidente del Consiglio per le conferenze stampa dovrà continuare a usufruire della Sala Polifunzionale, a pochi passi da Palazzo Chigi, ‘teatro’ di tutte le conferenze del presidente del Consiglio uscente.

I lavori per cambiare volto alla sala stampa sono in corso ormai da mesi, ma ci sono stati ritardi, provocati da un lato dalle difficoltà del reperimento delle materie prime – complice la guerra in Ucraina e la crisi energetica in atto – dall’altro riconducibili al cambio in corsa delle aziende intestatarie dei lavori. Per il nuovo look della sala stampa servirà ancora del tempo: l’auspicio è di chiudere tutto entro fine anno. Una manciata di mesi almeno per ultimare la parti elettroniche -spiegano gli addetti ai lavori-, a partire da audio, microfoni e video-wall, una sorta di schermo a tutto parete, che potrà essere utilizzato a seconda delle esigenze del momento.

Con un ‘colpo di calce’ sta dunque andando definitivamente in soffitta il restyling firmato da Silvio Berlusconi, all’insegna delle riproduzioni di colonne e capitelli corinzi, fondale azzurro con sedie a riporto. I lavori, decisi durante il secondo governo Conte e poi presi in consegna dall’esecutivo Draghi, si sono resi necessari per l’adeguamento alle vigenti normative antincendio e soprattutto a quelle in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro imposte dall’emergenza pandemica.

Allo stato attuale sono stati ultimati i bagni e i box assegnati alle agenzie di stampa, ubicati in fondo alla sala. Ma la sala conferenze, che verrà dotata di un’adeguata illuminazione che consentirà a fotografi e cineoperatori di utilizzare le proprie apparecchiature senza flash, è ancora in alto mare.

L’ultimo cambio di look della sala stampa della presidenza del Consiglio, ricavata dalle scuderie dei principi Chigi, sembra risalire al governo De Mita. Bisognerà aspettare l’arrivo di Berlusconi per una prima ristrutturazione profonda. Al suo insediamento, 27 anni fa, il Cavaliere restò troppo poco tempo (solo sette mesi causa il ribaltone di Umberto Bossi) per lasciare un segno. Si ‘rifece’ nel 2002, quando decise di ‘svecchiare’ lo spazio che ospitava gli incontri con i giornalisti da lui considerato troppo serioso, commissionando una restyling completo all’architetto di fiducia, Mario Catalano, artefice della scenografia del vertice Nato di Pratica di Mare.

E così furono portati specchi, applicati stucchi bianchi, riprodotte colonne con capitelli corinzi, introdotta un’illuminazione ad hoc per la migliore riuscita video delle riprese. Ma soprattutto, fu modificato lo sfondo che faceva fino ad allora da cornice simbolica alle dichiarazioni del governo. Alle spalle del premier il leader azzurro fece piazzare un dipinto di Andrea Pozzo, che rappresentava l’Europa, visto che proprio in quel quinquennio sarebbero caduti i sei mesi di presidenza di turno italiana della Ue.


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