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6 novembre 2017

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Greci, terra degli Albanesi d’Italia


Giri e ti accorgi di quanto, per davvero, noi si viva un Paese straordinario. E poi un Sud staordinario.

Prendi l’Irpinia, terra grande e vasta. Terra varia. Dall’area quasi napoletana di centri come Avella e Tufo fino ai vari confini lucani di Sant’Andrea di Conza, Calitri, Monteverde. E poi da Baiano e Montoro fino a Lacedonia, Vallata, Bisaccia. Ancora, l’area beneventana di Casalbore, Montecalvo o di San Martino in Valle Caudina e poi la salernitana di centri come Forino e Quindici. Insomma, gran varietà. Ma esiste un comune dove questa varietà diventa autenticamente culturale e linguistica.

Un paese unico in tutta la Campania. Un’eccezionale tipicità territoriale di queste zone. Parliamo di Greci, siamo già nella geograficamente e geologicamente pugliese valle del fiume Cervaro. Ma Ariano Irpino è vicina e così l’area del Miscano. Zolle dunque storicamente importanti.

Qui passava la via Traiana (a Buonalbergo, Benevento, uno tra i ponti romani meglio conservati del tracciato della strada), qui menava l’antico tratturo regio della Dogana delle pecore, precisamente il Pescasseroli-Candela. Quale la particolarità di Greci? Si tratta di una delle più sintomatiche ed esemplari prove di quanto come popolo abbiamo da raccontare.

Greci ha il vanto di essere costituita da una comunità italiana, campana, irpina a tutti gli effetti e che però è perfettamente bilingue, squadernando un’origine culturale poliglotta, pensando e vivendo secondo due sistemi, forse anche di pensiero, diversi. Greci è infatti l’unico comune campano segnato dal fenomeno della presenza di un’importante e significativa minoranza linguistica. Minoranza secondo il quadro nazionale ma qui maggioranza e presenza viva.

A Greci nel ‘400 arrivarono gli albanesi, per mai più andarsene. Sono gli Arbëreshë, i cosiddetti Albanesi d’Italia, gruppo etno-linguistico diffuso al Sud anche in altre regioni, a partire proprio dalla contigua Puglia foggiana.

Arrivati dall’Albania e dalle comunità già emigrate nella Morea e nella Ciamuria (attuale Grecia), si insediarono al Sud tra il XV e il XVIII secolo, dopo la morte dell’eroe albanese Giorgio Castriota Skanderbeg. A Greci per la verità tutto fu già chiaro con l’eroe ancora in vita. Era accaduto che il 14 agosto del 1461, Skanderbeg, chiamato qui dagli aragonesi in funzione anti angioina, sconfisse a Orsara (Fg) le truppe francesi di Giovanni d’Angiò.

Il vincitore fu Ferdinando d’Aragona. Il re si comportò in maniera magnanima e a tutti gli albanesi giunti lì per difenderlo promise la possibilità di rimanere, eleggendo terre a loro stabile dimora. La scelta cadde sulla già esistente Greci.

Roccaforte bizantina, fu distrutta dai saraceni e poi ricostruita da Pandolfo III, principe di Benevento.
La presenza di albanesi a Greci serviva agli aragonesi anche per spegnere le ultime resistenze francesi, presenti nelle vicine foggiane Celle San Vito e Faeto, centri dove non a caso ancora oggi si parla il franco-provenzale.

La bellissima peculiarità di Greci è che davvero qui si è conservato molto. Tra le varie realtà afferenti alle minoranze linguistiche, è tra quelle che più ha salvaguardato memorie e tradizioni, tanto che può ben parlarsi di una reale e specifica cultura autonoma, una sorta di piccola nazione albanese nella più grande nazione italiana.

«Ci sentiamo ricchi per questo: è come se avessimo due storie da raccontare, due culture, due anime», ci dice con fierezza Carosena Angela Norcia, presidente dell’attiva sezione della Pro Loco di Greci. E al bar una signora: «Sia chiaro. Il nostro non è un dialetto ma una lingua vera e propria».

Usanze rituali, costumi, gastronomia: davvero molto è arrivato sino a noi. Questa storia meriterebbe una argomentazione più approfondita. Non escludiamo di ritornarci. Il Sud, questo Sud, così interessante, merita. Dal punto di vista religioso, legato al rito bizantino, Greci ha perso invece la possibilità di perpetuare i suoi culti, cosa che invece è accaduta per esempio in Calabria, a Lungro in provincia di Cosenza.

Questo perché la reazione dell’allora vescovo di Benevento, il futuro papà Benedetto XIII (in odore di santità, stando alle ultime da Roma), fu purtroppo di chiusura. Tante nei secoli le personalità che hanno coltivato la memoria ed eternato questo lascito perché arrivasse al nostro oggi.

Si pensi a nomi come Luigi Lauda, scrittore e storico di origine arbëreshë, vissuto nell’ottocento. Oppure a Leonardo De Martino, con esperienza biografica a cavallo tra XIX e XX secolo, cantore, letterato, missionario apostolico in Albania, maestro di lingua albanese e spiritualità cristiana. Importanti e degne di nota le abitazioni albanesi, le Kalive, antiche, ritoccate, ma ancora in parte esistenti a Greci. Una, quattro-cinquecentesca, restaurata, eccola nella foto di Michele Cotugno.

Greci, insomma. Una storia viva, affascinante per questo. Un’Irpinia ricca, tra storia e tradizioni. Rigorosamente decinate al plurale.
Marino Pagano


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