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29 agosto 2017

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I «buccacci», tesoretto della cucina calabrese/Ortaggi in salamoia, ovvero ‘U salaturu salatu


‘U salaturu è una delle conserve per l’inverno più antiche e più amate dai calabresi e, sotto altri nomi, dai popoli mediterranei in genere.

Del resto la storia dei popoli del Mediterraneo si può identificare con la storia del sale, fin dalla notte dei tempi alimento dai mille usi, prezioso e indispensabile, fondamentale per la conservazione dei cibi quando ancora non c’erano i sofisticati moderni sistemi di refrigerazione.

‘U salaturu, che sta ad indicare sia il contenuto, e cioè gli ortaggi in salamoia, sia il contenitore, ossia il classico contenitore cilindrico in coccio delle nostre nonne, tuttora si prepara in Calabria ed è il diretto discendente dei cibi in salamoia dei Greci e dei Latini, di cui parlano Apicio e Columella nei loro trattati di gastronomia e agricoltura.

Per preparare ‘U salaturu salatu, chiamato anche garduniallu in alcune zone del Lametino, munitevi prima di tutto del recipiente giusto che può essere di coccio, come gli antichi salaturi, o di vetro, ma l’importante è che sia di forma cilindrica per compiere agevolmente tutte le operazioni della salamoia.

Gli ingredienti sono gli ortaggi di stagione (peperoni, melanzane, pomodori verdi, olive schiacciate con l’osso, coste di sedano, cetrioli, fagiolini, cipolle rosse), aglio, rametti di semi di finocchio selvatico, acqua, sale grosso, peperoncino (facoltativo).

Si possono aggiungere le verdure anche un po’ alla volta, facendo nuovi strati nel salaturu a seconda della stagione e quando li avete a disposizione.

Tagliate ora gli ortaggi a fette o a pezzi, più o meno di pari volume (le olive le lasciate così come sono) e disponeteli a strati nel salaturu, aggiungendo su ogni strato sale grosso, spicchi di aglio e semi di finocchio. La proporzione di sale da utilizzare è di 100 grammi di sale per ogni chilo di ortaggi.

Pressate con forza, coprite con un coperchio (una volta si usava in legno ma potete utilizzare anche un piatto o un coperchio da pentola) che entri dentro l’imboccatura del salaturu, sul quale va poi posto un peso che può essere una bella pietra (‘a mazara), ma anche una bottiglia piena d’acqua o altro; l’importante è che garantisca la giusta pressione.

A questo punto non vi resta altro che controllare tutte le mattine se la pressione del peso è sufficiente, controllando che il liquido copra completamente gli ortaggi ed eventualmente togliere quello in eccesso. Procedete così per un periodo che può andare da 20 a 40 giorni, a seconda della consistenza degli ortaggi, trascorso il quale ‘U salaturu è pronto.

Ora potete all’occorrenza prelevare gli ortaggi che vi servono, ricordandovi sempre di lasciarli a bagno in acqua fredda, sciacquarli bene e strizzarli.

‘U salaturu si gusta così com’è, condito con del buon olio d’oliva extra vergine, si conza sempre con olio per conservarlo nei vostri buccacci chiusi ermeticamente oppure, dulcis in fundo, si può infarinare e friggere per un contorno dal sapore antico, veramente eccezionale.
Annamaria Persico
(3-continua)


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