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12 luglio 2022

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I GIGANTI: TRADIZIONE E STORIA CALABRESE


di Antonio Ciappina

I giganti sono due colossi di cartapesta, che sfilano durante alcune feste popolari con abiti tipici dell’epoca saracena. Questi fantocci di carta sono molto radicati nella tradizione culturale calabrese e siciliana, impiantati in Calabria e Sicilia, durante la dominazione aragonese e delle incursioni turchesche.

I giganti rappresentano la liberazione della Calabria dal dominio saraceno. Infatti Grifone, il re turco,  viene rappresentato come un uomo di alta statura e di colore nero, di solito tiene in mano una spada e un’elmo.

Mata invece è una donna variopinta da collane, orecchini, piume ecc. La tradizione vuole che Marta, dal dialetto Mata fosse una ragazza, proveniente da una famiglia importante di Messina( si dice che fosse figlia del re Cosimo II da Castelluccio). Un giorno sulle coste siciliane, sbarcò Ibn- Harmar con tutto il suo equipaggio per  depredare la città di Messina.

Vedendo la bellezza di Mata se ne innamorò perdutamente, chiedendo la sua mano, che prontamente venne respinta. Il corsaro turco successivamente si convertì al cristianesimo, assumendo il nome di Grifo( ribattezzato poi Grifone).

Dopo la sua conversione, Mata che già era tentata da lui, se ne innamorò e questo conoramento d’amore, fu festeggiato con un grande ballo. La più attendibile storia dei giganti è databile intorno al 1190 a Messina, quando giunse il re d’inghilterra Riccardo Cuor di Leone, dove da Messina sarebbe partito per la Terza Crociata.

Il re notò che i messinesi erano soggetti al potere saraceno, quasi oppressi e per togliere definitivamente il loro potere dalla città peloritana, decise di costruire un castello sul colle opposto a quello dove sorgeva quello dei saraceni di San Salvatore, chiamata Matagriffon( ammazza il ladro).

Dopo che i dominatori abbandonarono la città, i cittadini festeggiarono portando in giro per la città il castello costruito di cartapesta di Matagriffon, che poi venne modificato con la costruzione di Mata e Grifone, seduti a cavallo.

di Antonio Ciappina

Essi vennero considerati come dei, fondatori della città, come simbolo di libertà.

Il ballo dei giganti, racconta proprio la storia d’amore tra Mata e Grifone, questa danza si apre a suon di tamburi, dove i fantocci ballano a suon di giravolte, stringendosi a volte tra di loro quasi per baciarsi.

Essi ballano per le vie cittadine, insieme ad un cavallo anch’esso di cartapesta che cerca di separare la coppia, ma non riuscendoci si mette a precederli.

La danza termina con un fragoroso rullo di tamburi e con un bacio tra i due giganti.

Questa tradizione, da sempre rievoca la libertà del popolo calabrese dalle continue dominazioni e molti studi antropologici, hanno dedotto che il ballo dei giganti è paragonato alla continua lotta tra Cristianesimo e Islam, inoltre essi sono correlati ad eventi cittadini e storici, che includono  mito e  realtà, uno di questi è la storia di Mastru Miciu.

Conosciuto con il nomignolo del re dei giganti, era originario di un piccolo paese del messinese e arriva in Calabria al termine della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1947 acquista per 30.000 lire da un signore di Briatico, i due fantocci di cartapesta.

Una volta acquistati, mastro Miciu li fa restaurare con le sue sembianze e quella della moglie. Infatti Grifone ripropone la figura di mastru Miciu  e Mata della moglie.

Una volta restaurate le figure e aver costituito la banda musicale, decise di portare in giro per la Calabria i suoi giganti, per portare gioia e allegria tra la popolazione.

I suoi giganti sono tra le copie più antiche della Calabria e il personaggio di Mastro Miciu è per sempre radicato nella tradizione gigantaria calabrese. Un personaggio, uscito quasi da una fiaba senza tempo, che cerca di realizzare i sogni di chi vuole ritornare bambino, che per oltre sessant’anni con un cappellino in testa con la scritta il re dei giganti e un fischietto, guidò i suoi giganti per tutta la Calabria. Questo era Mastro Miciu.

Antonio Ciappina


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