I mostaccioli di Soriano sono simbolo di festa: da sempre cuori, cavallini, pupe e santi dai coloratissimi decori, ben in mostra nelle caratteristiche casse di legno alle fiere delle feste patronali e alle sagre estive che si svolgono in tutta la Calabria, portano con sé in tutta la loro bellezza una forte carica emblematica e antropologica.

I mostaccioli, in dialetto mustazzola o mastazzola, sono tipici di Soriano Calabro, il paese delle Serre dalle preziose testimonianze artistiche e culturali, noto anche come Terra di San Domenico.

Discendono dai mustacea greci, focacce devozionali a base di miele e farina cotte su foglie di alloro, dei quali già nel III secolo avanti Cristo parla Teocrito nel suo quindicesimo Idillio.

I più fanno risalire la creazione dei mostaccioli al 1510, anno di fondazione del Convento di San Domenico e della venuta dei Domenicani a Soriano, i quali probabilmente introdussero la lavorazione dei mostaccioli a loro volta appresa dai monaci certosini della vicina Serra San Bruno.

I mostaccioli vengono preparati secondo l’antica ricetta a base di miele di castagno, farina, mosto e poco strutto, dai maestri mastazzolari, i quali prima della cottura danno alla pasta svariate forme antropomorfe e zoomorfe, nel rispetto di un’arte culinaria ma anche e soprattutto iconografica antichissima, tramandata di padre in figlio la cui origine si perde nella notte dei tempi.

Ogni mostacciolo è lavorato rigorosamente a mano e, che sia a forma di pesce, di galletto, di cuore o quando assume le sembianze di San Francesco o di un grande cuore attraversato da frecce di stagnola rossa, è sempre portatore di un messaggio a chi lo acquista o lo dona.

Un tempo la festa del Santo patrono era una ricorrenza importante, da onorare e da ricordare in tutti i modi possibili e in cui si prendevano decisioni serie. I mostaccioli segnavano la festa e, a seconda dell’esigenza, venivano usati come umili ex voto, donati in premio ai bambini come un giocattolo commestibile, ad amici e parenti per sottolineare i propri sentimenti verso di loro e, infine, regalati come promesse d’amore tra fidanzati.

Nel giorno della festa patronale accadeva spesso che il fidanzato, finito il tempo in genere brevissimo del corteggiamento, dava inizio al fidanzamento ufficiale recandosi in casa della futura sposa portandole in dono quattro mostaccioli, di chiaro significato simbolico: uno a forma di cuore, una pupa cioè una bambolina, uno a forma di pesce e uno a forma di esse, la femminilità.

I maestri mastazzolari di Soriano tuttora usano fare questi dolci, vere e proprie piccole opere d’arte, dando loro le sembianze dei vari Santi e patroni dei paesi, e di tutti i personaggi che rappresentano la vita e la natura in genere, contadini e contadine, capre, tori, agnelli, pesci, galli ma anche molte figure femminili, dalle sirene alle eleganti dame e pape.

Un’arte popolare e densa di significati ancestrali, espressione della vita semplice e dei sentimenti puri della nostra antica civiltà.

I mostazzola si potrebbero anche fare in casa, ma è più bello acquistarli, per sé o per regalarli, alle fiere paesane scegliendoli a seconda dell’ispirazione del momento.

Un consiglio per gustarli al meglio: non li mangiate subito ma una volta a casa, lasciateli un paio di giorni al chiuso, preferibilmente in un vecchio stipo di legno. Diventeranno morbidi al punto giusto, tali da essere assaporati come da tradizione, piano piano e senza fretta.
Annamaria Persico