Nando Chillà
26 ottobre 2017
Nando Chillà

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Il Collegio dei geometri e geometri laureati di Catanzaro aderisce all’appello per un equo compenso


«I geometri e geometri laureati di Catanzaro si uniscono all’appello di tutte le categorie professionali della provincia e della regione e si fanno portavoce della campagna per un equo compenso».

Ad affermarlo è Nando Chillà, presidente del Collegio dei geometri e geometri laureati di Catanzaro (Cggl), che invita tutti gli iscritti a firmare e a partecipare alla manifestazione promossa dagli ordini professionali della provincia, prevista per il prossimo 10 novembre presso il T-HOTEL di Feroleto Antico.

«Appalti che prevedono zero remunerazione», prosegue Chillà «oltre ad essere sinonimo di tradimento dei principi fondamentali del lavoro, gettano un macigno su quanti aspirano ad avere un futuro professionale libero che tale si possa dire».

«Oggi i nuovi futuri geometri, che si sono preparati presso il nostro Collegio«, conclude il presidente del Cggl di Catanzaro «hanno affrontato la prima prova dell’esame di abilitazione. Rivolgo loro un augurio per questo primo passo verso la professione, unitamente ai colleghi dell’intero direttivo e a tutti gli iscritti, anche se ciò sembra stridere con la recente sentenza che riguarda proprio il Psc della Città di Catanzaro che ci vuole professionisti volontari».

Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 4614 del 3 ottobre 2017, accogliendo le difese del Comune di Catanzaro per «il conferimento di incarichi professionali a titolo gratuito per la formazione dello staff di progettisti esterni per la redazione del Piano strutturale comunale (Psc) in merito all’impugnato bando pubblico indetto il 17 febbraio 2016, ha definitivamente cristallizzato il principio secondo cui, in Italia, è legittimo che i professionisti possano lavorare gratuitamente per l’amministrazione pubblica committente.

La sentenza, al netto delle numerosissime critiche che ad essa potrebbero essere opposte, lede non soltanto la dignità di milioni di lavoratori, ma anche gli stessi valori sanciti dagli articoli 1, 3, 35 e 36 della Carta Costituzionale, arrivando addirittura quasi a mettere sullo stesso piano il volontariato con il lavoro.

Con la pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada viene definitivamente seppellito il concetto stesso di diritto per i lavoratori autonomi ed avallata la pratica delle P.A. di non pagare il lavoro dei professionisti.

Da oggi, le pubbliche amministrazioni, già colpevoli di ritardi mostruosi nei pagamenti dovuti ai lavoratori autonomi senza che alcuna conseguenza possa essergli opposta, potranno liberamente indire gare gratuite per lavori che, nella realtà, comportano a carico del professionista responsabilità, costi ed oneri professionali enormi, per i quali la remunerazione è d’obbligo.

Non possiamo, tuttavia, nascondere che la prima responsabilità di tutto questo è della politica: ministeri, regioni, comuni, enti centrali e locali che affidano incarichi ed emanano bandi in cui il lavoro gratuito dei professionisti è la regola.

E si è ancora più responsabili quando con una mano si firmano incarichi a zero euro, mentre con l’altra si scrivono appelli contro la dispersione scolastica, si promuove la formazione universitaria o si organizzano conferenze sul tema dei «cervelli» in fuga. Parole vuote, evidentemente. Come tutte le parole non suffragate da fatti.

Nel frattempo i redditi medi dei professionisti negli ultimi 10 anni sono calati del 20%, quelli dei giovani non superano la soglia dei 20.000 euro e quelli delle donne raggiungono solo il 60% di quelli degli uomini. Sono anni che i professionisti chiedono alla politica un intervento risolutivo sull’equo compenso. E sono anni che veniamo ignorati.

Servono norme che rendano certo ed effettivo l’incasso di un compenso equo, ovvero un giusto compenso in quanto proporzionato alla reale qualità della prestazione svolta. Purtroppo le proposte di fine legislatura presentate dal Ministro della giustizia Orlando e dal presidente Sacconi in Senato non lo consentono.

Per questo chiediamo al Parlamento e al Governo di varare con urgenza norme:
1) che consentano di regolare i rapporti di committenza con la pubblica amministrazione vietando bandi, incarichi e affidamenti in deroga ai minimi stabiliti da parametri e tabelle di riferimento;
2) che tale divieto operi ex ante, consentendo al professionista di percepire il proprio equo compenso senza dover ricorrere a un giudice;
3) che tale principio sia esteso ai rapporti di committenza tra pubblica amministrazione e qualsiasi professionista, indipendentemente dalla sua iscrizione a un ordine o meno.


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