Treccani sceglie femminicidio come parola dell'anno 2023
25 novembre 2024

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IL DOLORE INVISIBILE: LA NECESSITÀ DI SOSTENERE I FAMILIARI DELLE VITTIME DI FEMMINICIDIO E STRAGI FAMILIARI


VERSO L’ISTITUZIONE DI UN GARANTE NAZIONALE PER LA TUTELA DELLE VITTIME DI REATO

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata il 25 novembre, si impone con urgenza la necessità di focalizzare l’attenzione su una realtà spesso relegata ai margini del dibattito pubblico: quella dei familiari delle vittime di femminicidio e di stragi familiari. Madri, padri, figli, fratelli e sorelle, la cui esistenza viene irrimediabilmente sconvolta da un dolore incommensurabile, vivono una condizione di sofferenza che trascende la semplice perdita. Si tratta di una ferita profonda, spesso acuita dall’indifferenza delle istituzioni e dalla mancanza di un sistema di supporto adeguato.

Il grido silenzioso di chi resta è quello di persone costrette a ricomporre i frammenti di una vita spezzata, alla disperata ricerca di risposte e sostegno che, troppo frequentemente, tardano ad arrivare. Questi familiari portano sulle spalle il peso di un trauma devastante, intriso di senso di colpa, rabbia e impotenza. La loro battaglia non è soltanto emotiva, ma anche sociale: il diritto a una vita dignitosa e a un percorso di riparazione e rinascita rappresenta una responsabilità collettiva che lo Stato e le istituzioni devono assumersi con determinazione.

Secondo i dati dell’ISTAT, in Italia, le vittime di femminicidio continuano a essere un numero drammaticamente elevato, evidenziando la necessità di interventi strutturali. Tuttavia, poco si parla di coloro che restano, costretti a confrontarsi con un dolore spesso incompreso e con un vuoto istituzionale che amplifica la loro sofferenza.

Questo dolore sommerso, che troppo spesso rimane invisibile, colpisce in modo particolare i figli delle vittime, posti di fronte a un bivio esistenziale: tentare di ricostruire una parvenza di normalità o lasciarsi sopraffare da un trauma che rischia di divenire insuperabile. La carenza di risorse per un supporto psicologico e sociale adeguato, unita all’assenza di un quadro normativo solido, aggrava questa condizione, perpetuando un isolamento che non dovrebbe trovare spazio in una società civile.

In questo contesto, abbiamo accolto con profondo interesse la proposta avanzata dal Presidente del Consiglio regionale della Calabria, Filippo Mancuso, relativa all’istituzione di un Garante nazionale per la tutela delle vittime di reato. Questa figura istituzionale, dotata di poteri effettivi e competenze specifiche, potrebbe offrire un sostegno concreto e duraturo, rappresentando una risposta necessaria per restituire fiducia e dignità a coloro che vivono tali tragedie.

La nostra esperienza personale e professionale, condivisa attraverso il libro ‘Sangue del mio Sangue, ha permesso di portare alla luce una realtà cruda e dolorosa: quella delle famiglie colpite da queste esperienze drammatiche. Nel nostro lavoro, abbiamo cercato di dare voce a chi vive questo trauma, ascoltando le loro storie e proponendo soluzioni per colmare il vuoto lasciato da un sistema spesso assente. La narrazione della strage di Buonvicino, ad esempio, mette in evidenza come il dolore e il silenzio possano divenire un peso insostenibile per chi resta, una ferita che continua a sanguinare, spesso invisibile agli occhi delle istituzioni e della società.

Questo impegno ci ha condotto, nel giugno 2021, a essere auditi dalla Commissione consiliare contro il fenomeno della ‘ndrangheta della Regione Calabria. In quella sede, abbiamo presentato il progetto “Il dolore di chi resta”, volto alla creazione di un centro multidisciplinare per il sostegno psicologico e sociale dei familiari delle vittime, con un’attenzione particolare agli interventi strutturati e alla prevenzione. La proposta includeva anche l’istituzione di un Tavolo Tecnico Permanente per promuovere iniziative a livello nazionale e sostenere una legislazione che affrontasse questa problematica con concretezza. Nonostante il progetto sia stato accolto con unanime approvazione, purtroppo non ha avuto seguito operativo, lasciando aperta una ferita istituzionale che merita urgente attenzione.

Nel 2022, abbiamo avuto un’ulteriore significativa occasione di confronto durante un’audizione in Senato, alla presenza del senatore Manfredi Potenti, dove abbiamo ribadito la necessità di interventi strutturati e di una legislazione mirata. In occasione della presentazione del libro a Diamante, alla presenza dell’allora sottosegretario di Stato al Ministero degli Interni, Ivan Scalfarotto, il senatore Ernesto Magorno ha evidenziato la gravità della situazione attraverso un’interrogazione parlamentare, richiedendo l’adozione di un piano nazionale per il sostegno alle famiglie colpite da queste tragedie.

L’auspicio è, dunque, che la proposta del Presidente Mancuso rappresenti un passo decisivo verso il riconoscimento di questi diritti, affinché l’istituzione del Garante nazionale per la tutela delle vittime di reato trovi pieno sostegno sia in Parlamento che presso il Governo. Una figura istituzionale con competenze chiare e autorevoli potrebbe finalmente offrire un riferimento stabile e concreto per affrontare le lacune esistenti, garantendo non solo tutela giuridica ma anche un’assistenza continuativa a chi ha vissuto tragedie profonde.

Alla base di ogni intervento, tuttavia, deve esserci l’ascolto attivo e partecipe. Chi ha vissuto direttamente questi drammi possiede una conoscenza unica, essenziale per indicare percorsi di intervento autentici ed efficaci. Per questo motivo, ribadiamo con convinzione la nostra piena disponibilità a collaborare per sostenere e promuovere questa proposta.

Il dolore di chi resta non può più essere ignorato: deve essere accolto e affrontato con responsabilità e competenza, trasformandolo in uno stimolo per edificare una giustizia vicina alle persone. Crediamo fermamente che solo attraverso un impegno autentico e condiviso sarà possibile ripristinare quel legame di fiducia tra cittadini e istituzioni. Una fiducia che non si alimenta di promesse vane, ma di azioni concrete, capaci di offrire alle famiglie delle vittime risposte solide e un futuro più equo e umano.

Fabrizia Arcuri, giornalista, testimone diretta e coautrice del libro “Sangue del mio Sangue”, e Sergio Caruso, criminologo e coautore


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