Il futuro del turismo del vino: esperienziale, innovativo e sempre più segmentato
Quello del vino rappresenta ormai un segmento maturo, ma che, nel più vasto mercato del turismo enogastronomico, corre il rischio di una certa ripetitività dell’offerta. In estrema sintesi è ciò che emerge dal secondo Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2019, curato da Roberta Garibaldi (qui l’intervista sui nuovi trend del settore con WineNews), sotto la supervisione scientifica della World Food Travel Association e dell’Università degli Studi di Bergamo, di scena ieri al Touring Club Italiano a Milano. L’occasione per sottolineare, ancora una volta, la vivacità del comparto: il 98% dei turisti italiani ha infatti partecipato ad almeno un’esperienza enogastronomica nel corso di un viaggio compiuto negli ultimi tre anni, a prescindere che si siano mossi per turismo balneare, di montagna o per business. Sempre nello stesso arco di tempo il 45% ha fatto almeno un viaggio con pernottamento che abbia avuto come motivazione primaria un’esperienza enogastronomica (erano il 30% del 2017, e il 21% del 2016). Il risultato? Un aumento del +48% di interesse in un anno, con le esperienze enogastronomiche che sono ormai un elemento presente nella vacanza di tutte le tipologie di turisti, a partire dai Millennials.
Dati importanti, sottolinea la professoressa Garibaldi “che non solo certificano la crescente rilevanza di questo segmento turistico tra i viaggiatori del Belpaese, ma che deveno diventare un forte elemento di attenzione per tutte le destinazioni italiane, per stimolare un’offerta eno-gastro-turistica sempre più strutturata. Abbiamo analizzato il gradimento delle varie tipologie di offerta ma anche i motivi che limitano la partecipazione: ci sono ancora spazi di miglioramento, sia in termini di organizzazione sia di fruibilità. Il patrimonio enogastronomico italiano è una leva che può ancora esprimere molte potenzialità, attraverso processi territoriali di valorizzazione”.
Entrando nel merito del vino, il 44% dei turisti italiani ha partecipato ad un evento vinicolo nel corso di viaggi compiuti negli ultimi tre anni (nel 2017 erano il 35%), e il 63% ha espresso a questo proposito un giudizio positivo. Interessante notare che esiste ancora una domanda potenziale inespressa nei confronti di questa tipologia di eventi, pari al 17% del totale degli intervistati, che si dicono interessati anche se non hanno mai partecipato. Sempre negli ultimi tre anni il 56% dei turisti italiani ha visitato una cantina (nel 2017 erano il 41%); tra i motivi che hanno spinto a non partecipare a questo tipo di attività c’è la mancata conoscenza e/o assenza di informazioni (37%), la non fruibilità delle strutture al pubblico e/o la non disponibilità in date e orari prescelti (33%) e infine la mancanza di interesse (30%).
Tra i concetti chiave emersi dal Rapporto – realizzato con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo, di Enit, Federculture, Ismea, Fondazione Qualivita e Touring Club Italiano, e la collaborazione di docenti di Università italiane ed esperti del settore – c’è quello di “turismo esperienziale”. A questo proposito Antonio Balenzano, presidente delle Città dell’Olio, scrive che “il turismo del futuro sarà sempre più orientato verso tutto ciò che è autentico, alla ricerca di esperienze uniche”. Un secondo concetto chiave è quello di segmentazione dell’offerta, nei confronti di turisti che dimostrano sempre più di avere un profilo trasversale in termini di provenienza, reddito e istruzione.
“Il numero dei visitatori delle cantine – scrive Donatella Cinelli Colombini, presidente Le Donne del vino – crescerà. Aumenteranno le donne (…) e aumenteranno soprattutto le esigenze dei visitatori, per i quali sarà necessario predisporre visite della cantina diversificate”. Un terzo e ultimo concetto chiave è infine quello di innovazione. “(…) garantire professionalità con competenze specifiche sul territorio e sul prodotto – scrive Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc – capacità di raccontare in modo gratificante la propria cultura e tradizioni, creare format sempre nuovi e che “sforino”, anche oltre il solo vino”. Sì, perché tra le determinanti della scelta delle mete di viaggio il turista enogastronomico dà oggi importanza alla cultura e alle tradizioni del territorio (46%, a risposte multiple), alla bellezza dei posti (44%) e solo in terza istanza alla “possibilità di degustare prodotti, e visitare relativi luoghi di produzione” (36%). “La grande varietà dei nostri paesaggi e la loro storia – sottolinea Franco Iseppi, presidente del Touring Club Italiano – moltiplica pressoché all’infinito le opportunità del racconto del cibo che spesso è una delle porte di accesso più immediate a un territorio, una delle prime esperienze con le quali il viaggiatore contemporaneo cerca un contatto con la cultura e le tradizioni del luogo. Sostenere questa offerta significa dunque generare valore per i territori che sono la fonte creativa della nostra identità plurale.
Raccontarla crea un effetto moltiplicatore che dall’agricoltura e quindi dal paesaggio, dai prodotti alimentari, dalle tradizioni enogastronomiche, si riflette sui territori, sugli abitanti, sugli ospiti, sull’economia e sul turismo”.
Il turismo del vino, in altre parole, dovrà in futuro sempre più imparare a rivolgersi non solo agli appassionati, ma anche ai turisti genericamente interessati alla cultura di un territorio. Spazio dunque non più solo alle tradizionali degustazioni, ma per esempio ai dog-trekking tra le vigne di Franciacorta, piuttosto che al fenomeno delle “family wineries”, dove anche i bambini vengono accolti in cantina con attività appositamente studiate per loro. E soprattutto, al desiderio dei turisti italiani: il 68% vorrebbe che l’Italia avesse un museo nazionale dedicato alla sua ricchezza enogastronomica.
Chi sono i turisti enogastronomici italiani?
Sono generalmente sposati o convivono e provengono in particolare dall’Italia meridionale, dove la propensione a viaggiare con motivazioni legate all’enogastronomia arriva al 52%, contro un 47% nel Centro Italia, un 41% nel Nord Ovest e un 39% del Nord Est. Un turismo che interessa in modo trasversale tutte le generazioni, in primis la Generazione X e i Millennials: il 47% dei primi e il 46% dei secondi ha dichiarato di avere svolto viaggi enogastronomici, con un incremento di interesse dei Millennials dell’86% su base annua, e, in particolare, per destinazioni dove l’offerta è ampia e diversificata ed integrata, secondo il concetto di “paesaggio enogastronomico”, ovvero quell’insieme di cultura, persone, ambiente, attività e prodotto tipico, che il turista italiano prende sempre più in considerazione quando sceglie la sua meta.
Cresce la partecipazione alle esperienze enogastronomiche, anche tra i turisti generalisti
Tra le esperienze enogastronomiche più popolari figurano, oltre al gustare prodotti tipici, visitare un mercato (82%) e il recarsi presso bar e ristoranti storici (72%). Grande interesse suscitano le esperienze di visita ai luoghi di produzione, in primis le aziende agricole (62%) che registrano un tasso di interesse maggiore rispetto alle cantine (56%).Dati che indicano, sul 2017, un sostanziale aumento del numero di italiani che ha partecipato a questo tipo di esperienze. Gli incrementi maggiori si registrano per le esperienze culinarie nei ristoranti e bar storici (+16%), eventi legati al cibo (+16%), il mangiare piatti tipici in un ristorante del luogo (+15%) e le visite in aziende agricole e vitivinicole (+15%); a seguire i mercati (+13%) e i ristoranti etnici (+12%). Nonostante ciò, permane una domanda inespressa di esperienze a tema che indica l’esistenza di un mercato potenziale ancora da soddisfare.
Le mete più amate? Sicilia, Toscana, Puglia ed Emilia Romagna in Italia, Spagna e Francia all’estero
Il 92% dei turisti enogastronomici negli ultimi tre anni ha scelto una località del Belpaese. Di questi, solo il 17% è stato anche all’estero, mentre il rimanente 8% ha compiuto una vacanza solo in un Paese straniero. Tra le Regioni più amate figurano Sicilia, Toscana, Puglia ed Emilia Romagna, mentre Napoli, Roma e Firenze sono le città che hanno riscosso il maggiore consenso. All’estero, Spagna e Francia sono i Paesi più visitati, con Parigi, Barcellona e Madrid indicate tra le città straniere.
Anche all’estero l’offerta eno-gastro-turistica è apprezzata
L’indagine condotta su 99 Tour Operator stranieri che hanno partecipato alle due principali fiere italiane del settore (Good Italy 2017 Workshop e Biteg 2017) mostra un interesse degli operatori verso l’Italia del cibo e del vino. 61 Tour Operator (ossia il 62%) hanno nella propria offerta pacchetti a tema enogastronomico con destinazione l’Italia; la maggior parte è costituita da operatori tedeschi (23%) e statunitensi (18%). Tra le destinazioni maggiormente proposte spiccano la Toscana (presente nel catalogo di offerta del 72% degli operatori considerati) e il Piemonte (59%).
E l’Italia cosa sa e può offrire?
825 prodotti agroalimentari e vitivinicoli ad Indicazione Geografica, 5.056 Prodotti Agroalimentari Tradizionali, 4 beni enogastronomici inseriti nella lista del Patrimonio tangibile e intangibile dell’Unesco, 2 Città creative Unesco dell’enogastronomia, 334.743 imprese di ristorazione, 875 ristoranti di eccellenza, 23.406 agriturismi con servizi di alloggio, ristorazione e altre proposte turistiche, 114 musei legati al gusto, 173 Strade del Vino e dei Sapori. A ciò si aggiungono una molteplicità di esperienze a tema, quali visite e degustazioni nelle cantine, nei birrifici e nei frantoi, sagre e feste enogastronomiche, esperienze di social eating e cooking class che trovano uno spazio sempre maggiore nell’offerta degli intermediari tradizionali e online. Un’offerta consistente in termini numerici che nell’ultimo anno è cresciuta, anche se in modo non consistente per tutte le tipologie, e che riflette la ricchezza e la varietà del patrimonio eno-gastro-turistico-italiano, da Nord a Sud, nelle maggiori città così come nei luoghi periferici. (Fonte WineNews)
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