Mariano Rajoy, leader del Partido popular
24 dicembre 2015
Mariano Rajoy, leader del Partido popular

Prima pagina

In Spagna un rebus di difficile soluzione


La governabilità non è solo una questione di regole elettorali. La storia europea è ricca di esperienze di governi di minoranza o di coalizione, che hanno coinvolto anche un numero ampio di piccoli partiti. Tuttavia, norme elettorali che prevedano premi di maggioranza al primo o al secondo turno possono certamente aiutare a dirimere matasse parlamentari a volte davvero complicate da sbrogliare.

Domenica 20 dicembre la Spagna è andata alle urne. Alla luce dei risultati già si parla di eventuali nuove elezioni in primavera e ci si chiede se una legge elettorale diversa, che prevedesse un premio di maggioranza, avrebbe consentito di formare un governo.

Dalle urne è infatti uscita questa situazione: il primo partito (Partido popular, Pp) ottiene il 28,72 per cento dei consensi, ma solo 123 seggi su 350; il Partido socialista obrero espanol ha il 22 per cento dei voti e 90 seggi, Podemos il 20,7 per cento (69 seggi) e Ciudadanos il 13,9 per cento (40 seggi).
I primi quattro partiti ottengono l’85 per cento dei voti, i primi due poco più del 50 per cento. Nessun partito da solo può formare una maggioranza parlamentare. La coalizione più probabile resta quella formata da Pp e Psoe, anche se non è per nulla scontata. Altre soluzioni appaiono addirittura meno probabili.

Un premio di maggioranza che avesse permesso al Pp di avere la maggioranza assoluta dei seggi (176) avrebbe causato certamente una forzatura molto elevata dei risultati elettorali (non necessariamente illegittima dal punto di vista politico).

Va comunque sottolineato che la legge elettorale spagnola, soprattutto attraverso il meccanismo dei collegi elettorali piccoli, assegna già un (piccolo) premio a partiti più grandi. Si può infatti verificare come, in termini di seggi, il Pp ne abbia ottenuto il 35 per cento e il Psoe il 26 per cento, mentre Podemos e Ciudadanos hanno raccolto una percentuale di seggi inferiore a quella dei voti. Lo stesso meccanismo dei collegi piccoli, peraltro, premia anche i partiti fortemente radicati sul territorio.

E non è un caso che proprio i partiti indipendentisti catalani potrebbero diventare ago della bilancia per un possibile governo di sinistra (Psoe insieme a Podemos), con tutto ciò che questo comporterebbe, è lecito aspettarsi, in termini di concessioni politiche.

I benefici di un secondo turno elettorale

Come se ne esce? Innanzitutto, una soluzione parlamentare rapida resta l’opzione preferibile, anche se l’eventualità che ciò accada è molto bassa. Facciamo allora un esperimento: se in Spagna si fosse votato con l’Italicum, Pp e Psoe sarebbero andati al secondo turno, visto che nessuno dei due partiti ha ottenuto il 40 per cento dei voti. Gli elettori degli altri partiti avrebbero potuto riposizionare le proprie preferenze, riassegnandole verso il partito più apprezzato tra i due rimasti. I leader dei due partiti maggiori avrebbero potuto concedere aperture a quelli minori, comunque non eccessivamente vincolanti. Nel giro di una o due settimane, la Spagna avrebbe avuto una maggioranza parlamentare forse non estremamente rappresentativa, vista la frammentazione, ma comunque legittimata proprio dal secondo turno. Invece, in Spagna il secondo turno non c’è (per il momento e fino a fine giugno 2016, è bene ricordarlo, non c’è nemmeno in Italia).
Oggi in Spagna i partiti nuovi e minori esultano perché hanno conquistato molti seggi e perché l’establishment sarebbe stato punito; ma il risultato è che il paese non ha un governo e, se le dichiarazioni di queste ore saranno confermate, non ne avrà uno fino alle prossime elezioni, che a questo punto si terranno in primavera. Così ritardando, peraltro, l’invio alla Commissione europea di un nuovo bilancio, dopo la bocciatura di qualche settimana fa.

Ma cosa sono le “prossime elezioni”, se non un secondo turno ritardato di fin troppe settimane? Se gli elettori voteranno ancora come hanno votato domenica, saremo punto e daccapo. Se invece vorranno aiutare i partiti a trovare una quadra, si concentreranno probabilmente sui due maggiori. Esattamente ciò che avrebbero potuto fare tra qualche giorno se solo ci fosse stato il secondo turno.
Alla luce delle ultime due tornati elettorali europee, dunque, risulta abbastanza semplice sponsorizzare il secondo turno: in Francia, la sua presenza ha permesso di neutralizzare posizioni ritenute troppo estreme (anche se, è bene ricordarlo, la democrazia è tale proprio perché ammette che chiunque possa vincere); in Spagna, la sua assenza pone a tutti un rebus di difficile risoluzione.
Paolo Balduzzi
(www.lavoce.info)


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