Opere di Nino Longobardi (foto di Terry Rossiello)
15 luglio 2017
Opere di Nino Longobardi (foto di Terry Rossiello)

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Interessante la mostra di Nino Longobardi a Castel del Monte. Ma la sua arte concettuale andava spiegata meglio


S’intitola Apparenze ed è allestita in questi mesi a Castel del Monte, in Puglia, una rassegna dedicata a Nino Longobardi, artista tra i più interessanti degli ultimi decenni, scultore ormai affermatissimo.

Uno spazio per Longobardi c’è, in contemporanea, a cura del Polo museale della Puglia in collaborazione con Nova Apulia, anche a Canosa di Puglia, presso palazzo Sinesi, con qui però più in evidenza la sua dimensione pittorica.

La mostra, inaugurata il 23 aprile, proseguirà fino al 31 ottobre. Con supervisione di Achille Bonito Oliva, come noto tra i critici italiani più autorevoli e padre della Transavanguardia (movimento che gli deve il nome), è a cura dello spazio espositivo Dafna Napoli.

Il pensiero della morte, reso attraverso figure fortemente iconiche, è al centro dei lavori di Longobardi. Così Bonito Oliva: «Con le opere di Nino Longobardi esposte a Castel del Monte e a Palazzo Sinesi, la morte torna in vita attraverso una rappresentazione che sdrammatizza il referto definitivo della scomparsa e ipotizza invece un suo riscatto mediante la sorpresa d’innesti sorprendenti e carichi d’ironia». Napoletano, classe 1953, Longobardi tanto deve a figure come Joseph Beuys e Carlo Alfano, così come a famosi galleristi come Lucio Amelio.

Sua, nel 1980, dopo il terremoto in Irpinia, l’opera Terrae Motus, attualmente al museo MADRE di Napoli. Ha esposto dappertutto: New York, Roma, Boston, Barcellona, Berlino, Parigi, Copenaghen. In Italia, ecco le personali a Milano, Napoli, Modena, ancora due volte Napoli (Museo Archeologico e Capodimonte, mentre la prima volta a Castel Nuovo). Nel 2015 partecipa alla Biennale di Venezia.

Diciamo subito che la mostra è interessante. O meglio: interessanti sono le venti e più opere proposte e rassegnate all’attenzione del visitatore. Opere magnifiche, che ben rendono lo sforzo anche di esperimento dell’artista.

Ed è stato sicuramente intrigante, diremmo particolarmente ficcante, l’idea di far dialogare il contemporaneo di Longobardi con il medioevo dell’affascinante castello voluto nella Murgia dal grande imperatore Federico II di Svevia.

La scultura di Longobardi muove la materia, le dona inversioni di senso. Ecco l’ineludibile tema della metamorfosi, dell’annichilente sguardo della morte stessa, del silenzio che sembra erompere dalle opere. Idee inverate con i più disparati oggetti utilizzati a corredo delle forme in scultura: imbuti, bicchieri, bizzarri strumenti musicali.

Il tutto accanto a scheletri ferrei e ossa sbrindellate. Impossibile non citare il letto di Federico, stupendamente reso in morbido e tenue drappeggio e in mirabile austerità d’immagine.
Dunque, per conoscere e ammirare Longobardi sarà bene raggiungere le località di Andria (Castel del Monte fa parte del suo territorio) e Canosa.

Le due sezioni espositive sono notevoli. Su questo nessun dubbio. Ma che delusione in merito ad alcuni lampanti difetti dell’allestimento della mostra al castello. Incredibile l’assenza, accanto alle opere, di un minimo apparato didattico per chi volesse approfondire l’artista e la sua personale storia.

Durante il cammino tra le sale del maniero, infatti, mancano completamente dei pannelli illustrativi in merito all’attività di Longobardi o magari utili a chiarire il senso recondito delle composizioni proposte. Nulla di nulla.

Solo due i pannelli presenti, ad inizio percorso, a fianco alla biglietteria, quando il visitatore non si sofferma nemmeno, curioso di gustare direttamente i capolavori del maestro, illudendosi magari di trovare all’interno notizie più dettagliate. Mancano spesso i titoli delle opere, in pratica oltre alle sculture stesse non c’è nulla che di Longobardi dica e che della sua biografia d’impegno racconti. Assolutamente nulla.

I lavori sono sistemati nelle grandi sale del castello sicuramente in maniera ordinata e ben coordinata con la struttura che accoglie, ma l’ospite meno accorto difficilmente, in questa maniera, potrà cogliere il significato intimo della maestria dell’artista partenopeo.

L’arte concettuale non è di immediata fruizione, si sa. Il pubblico va in qualche maniera assistito e agevolato. Strano che, in occasione della pur notevole mostra di Longobardi a Castel del Monte (notevole anche per il prezzo del biglietto d’ingresso, occorre dirlo), qualcuno non lo abbia capito.

Eppure, a ben pensarci, era l’unico concetto semplice da concepire. Pazienza.
Marino Pagano


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