benedetta
11 febbraio 2016

Prima pagina

Io, Benedetta, volontaria in Kenya


Prima di partire per questo viaggio, l’augurio più bello che mi hanno fatto è stato: Sii ponte. Sinceramente credo che lì per lì non avessi ben chiaro il senso di questo augurio, anche perché, come sempre prima di ogni partenza i sentimenti che si sovrappongono sono molteplici e non si riesce a definirli tutti. Credo comunque che sia stata la frase che mi ha fatto riflettere di più da quando sono qui.

Cosa vuol dire per me essere ponte? Quando ho fatto domanda per il Servizio civile nazionale all’estero avevo poche idee e confuse. Sapevo solo che poteva essere la possibilità per il mio sogno di bambina di realizzarsi: lavorare in un ospedale in Africa. Oggi sono a Karungu sul lago Vittoria da quasi cinque mesi. La Missione in cui sto si prende cura del territorio da quasi 25 anni attraverso il St. Camillus Mission Hospital e di 60 bambini orfani affetti da HIV nella casa di accoglienza «Dala Kiye».
Ambientarmi in una realtà così diversa dalla mia e da ciò a cui sono abituata è stata dura: persino il motto Pole Pole (Piano Piano) qui uno stile di vita, venendo dalla società occidentale, spesso pare inaccettabile.

Quando sono arrivata ero desiderosa di fare, di migliorare, egocentricamente direi anche di cambiare qualcosa. Nella mia testa mi sarei buttata a capofitto nel mio progetto e lo avrei portato a termine. Ma qui la realtà è ben diversa e ogni aspettativa viene ridimensionata in breve tempo. E man mano che limo le idee che mi ero fatta prima di partire, cambia un pezzo di me. Lavorativamente non mi occupo del progetto per cui ero partita, ma mi ritrovo a fare un po’ di tutto.

Qui non esistono le specializzazioni: tutti devono saper fare tutto. Accettare questa idea è stato tutt’altro che semplice, perché la società occidento-centrica, ci insegna a «sezionare l’uomo» e non a vederlo come un insieme. Ecco forse qual è stato il più grande cambiamento che ho fatto: vedere l’uomo nel suo insieme, e di conseguenza viverne tutte le sfaccettature e le realtà correlate.

Una società che prima di tutto ti insegna ad accettare te stessa, attraverso quello che fai. Che mette ogni individuo al centro, me compresa. Ma non è un essere al centro in modo egoistico, è un po’ un realizzare le cose che realmente contano. Realizzare dove si trova la felicità. E così invece di ricercarla in ciò che non hai, la aspetti nelle piccole cose, a volte scontate: il primo pianto di un bambino subito dopo il parto, un fiore tra i capelli, gli schizzi durante un bagno al lago, la risata di un bambino davanti un palloncino, il paziente che subito dopo l’operazione mi chiede «Habari?» (Come stai?), quando in realtà la logica implicherebbe il contrario. Non esiste più il vorrei.

Credo che chiunque arrivi qua, venga con la presunzione di salvare l’Africa, per poi rendersi conto che in realtà è l’Africa che salva noi, in modo del tutto nuovo e che non avremmo mai pensato. Lo fa attraverso i gesti, attraverso i sorrisi, attraverso la semplicità delle parole. E forse è proprio questa la cosa che apprezzo di più stando qua: la semplicità. Per godere appieno di ogni cosa che ci circonda. Per godere appieno dell’uomo.

«Non vivere su questa terra come un inquilino,
o un viandante stagionale. […]
Godi di tutti i beni terrestri,
del sole, della pioggia e della neve,
dell’inverno e dell’estate,
del buio e della luce,
ma prima di tutto godi dell’uomo.»

N. Hikmet

Per avere informazioni sulla missione in cui sono ospitata, si può consultare il sito internet: www.karungu.net. Sia il St. Camillus Mission Hospital che il «Dala Kiye» sono senza scopo di lucro, sono stati fondati dall’ordine dei Camilliani e si reggono sui generosi contributi di amici e benefattori.
Potete aiutarci, sostenendo la missione, versando qualsiasi somma su: C.C.P. 41914243 – Fondazione per Promozione Umana e la Salute PRO.SA – onlus, via Lepetit, 4 20124 Milano
Oppure: C.C.B. Banca Unicredit IBAN: IT68J 02008 01600 000102346939 – Indicare come causale: Orfani Karungo o Ospedale Karungu.
Benedetta Piccoli

Residente a Castagna di Carlopoli, nella preSila catanzarese, Benedetta Piccoli, 27 anni, è laureanda in Medicina e Chirurgia presso l’Università cattolica del Sacro Cuore a Roma, aspirante infettivologa. Sin da bambina aveva il sogno di lavorare per Medici Senza Frontiere in Uganda (all’epoca tutti i tg parlavamo della situazione dell’Uganda), ed è per questo che ha intrapreso gli studi di Medicina. Ha fatto 2 anni fa un corso di clowntherapia basato sulla terapia del sorriso, messa a punto da Patch Adams e fa volontariato presso il reparto di Geriatria al Policlinico Gemelli con l’associazione «Sorrisi Gemelli».


Leggi anche...



News
Papa ad Ajaccio il 15 dicembre

Viaggio del Papa di una giornata in Corsica. Ad annunciarlo è il portavoce del Vaticano,...


News
The Voice Kids batte Il Patriarca nella sfida degli...

Vittoria di Rai1 nel prime time di ieri sera con la seconda puntata di 'The Voice Kids 3' che...


News
Netanyahu, Crosetto: “Linea governo è...

Sul mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) per il premier...


News
Fuochi illegali e botti di Capodanno, ecco la...

Fuochi illegali e botti di Capodanno, a Napoli sequestrate le 'bombe Sinner'. La voce...