befana
5 gennaio 2019

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La Befana vien di notte… Storia, tradizioni e curiosità sulla vecchietta che porta i doni


Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, secondo la tradizione, arriva la Befana, simpatica vecchietta vestita di stracci che, volando su una scopa, lascia doni a tutti i bambini buoni (o carbone per quelli cattivi) nelle calze appositamente preparate vicino alla finestra o al camino.

Il nome Befana deriva dalla corruzione lessicale di Epifania, dadl greco epifáneia cioè apparizione, venuta, presenza divina, ed epifàino (mi rendo manifesto), termini usati nell’antichità per qualsiasi manifestazione sovrannaturale mentre la sua figura, poco conosciuta nel resto del mondo, è da secoli in Italia legata alle festività natalizie in alcune regioni e poi si è diffusa in tutta la penisola.

Al Sud in particolare, la festa dell’Epifania deriva senz’altro dalle celebrazioni pagane dei greci prima e degli antichi romani poi, legate al solstizio d’inverno. L’origine è molto probabilmente connessa a un insieme di riti propiziatori, risalenti al X-VI secolo a.C., mitraismo o culti affini, relativi ai cicli stagionali legati all’agricoltura e al raccolto dell’anno trascorso, ormai pronto per rinascere.

La Befana, dalla natura doppia e lunare, maga e benefattrice, figura benevola e protettrice, antico simbolo di rinascita e purificazione, discende probabilmente dalla figura di Diana, dea della luna e protettrice dei raccolti, che secondo il mito, sorvolava i campi e con il suo sguardo impartiva una sorta di benedizione.

Il 6 gennaio era perciò per i nostri avi la giornata che concludeva il ciclo dei dodici giorni (uno per ogni mese dell’anno) che iniziava il 25 dicembre, giorno dedicato al Sole, e che segnava definitivamente il passaggio dall’anno vecchio al nuovo. Gli antichi Romani ereditarono tali riti, associandoli quindi al calendario romano, e celebrando, appunto, l’interregno temporale tra la fine dell’anno solare, fondamentalmente il solstizio invernale e la ricorrenza del Sol Invictus.

Nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti (il cui numero avrebbe rappresentato sia i dodici mesi dell’innovativo calendario romano nel suo passaggio da prettamente lunare a lunisolare, ma probabilmente associati anche ad altri numeri e simboli mitologici, delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti, da cui il mito della figura “volante”.

Si usava inoltre, nello stesso periodo, bruciare una grande quercia senza farla mai spegnere e il carbone prodotto, simbolo di fertilità, veniva distribuito per l’uso domestico e per trarne auspici per il nuovo anno.

In centro e nord Europa la Befana invece si richiamerebbe alla figura celtica di Perchta, assimilabile ad alcune figure come ad esempio Frigg in Scandinavia, Holda in nord Europa, Bertha in Gran Bretagna, Berchta in Austria, Svizzera, Francia e Nord Italia. Anche questa comunque è una personificazione al femminile della natura invernale, rappresentata come una vecchia gobba con naso adunco, capelli bianchi spettinati e piedi abnormi, vestita di stracci e scarpe rotte, aleggiando sopra i campi e terreni di notte ne propizia la fertilità, e viene festeggiata nei 12 giorni che seguono il Natale, culminanti in coincidenza con l’Epifania.

Già a partire dal IV secolo d.C., la Chiesa di Roma però cominciò a condannare tutti riti e le credenze pagane, definite sataniche e pericolose, compresa la Befana, collegandola erroneamente ad Halloween e alla figura della strega.

L’amata vecchietta, a partire dal Basso Medioevo, ritorna, anche se le figure dei Re Magi, che da tradizione arrivano anche loro il 6 gennaio e fanno visita a Gesù Bambino, prendevano sempre più piede nell’immaginario popolare.

La Befana fu presto riabilitata. La tradizione continuava a volerla “vecchia”, per indicare il finire di un ciclo e l’inizio di un altro e la necessità di celebrarne il passaggio: si passa dall’anno vecchio a quello nuovo, si inizia ad uscire dalla stagione invernale con l’aumentare della luce del giorno, a livello liturgico si conclude il Tempo Liturgico di Natale e comincia quello Ordinario. Per questo «L’Epifania tutte le feste si porta via».

Nel 1928, il regime fascista introdusse la festività della Befana fascista, dove venivano distribuiti regali ai bambini delle classi meno abbienti. Dopo la caduta di Mussolini, la Befana fascista continuò a essere celebrata nella sola Repubblica Sociale Italiana, in seguito nella nuova Repubblica continuò ad essere, fino ai giorni nostri, giorno festivo.

Nel periodo più recente, innumerevoli e largamente diffuse sono le rappresentazioni italiane della Befana e le feste a lei dedicate, con figuranti che si calano da campanili e balconi per distribuire dolci e doni ai bambini. Ancora adesso il 6 gennaio la buona Befana ci aiuta a chiudere in bellezza il periodo delle vacanze natalizie e a ricominciare pieni di energia il nostro nuovo anno.
Annamaria Persico


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