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5 gennaio 2017

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La Calabria e la notte magica dell’Epifania


Bifania, ogni festa si porta via, si sa, ma in Calabria quella dell’Epifania è una notte magica. Piena di mistero per l’arrivo dei Magi dal lontano Oriente e della vecchietta sulla scopa che porta i doni, ma è anche la notte in cui accadono fatti meravigliosi come gli animali che parlano e il vino e l’olio che scorre nei fiumi al posto dell’acqua.

Un tempo, tra il 5 e il 6 gennaio, l’attesa trascorreva tra mangiate delle immancabili grispelle e bevute di vino, fhocare, strine e messe della Stella, riti benauguranti per l’ultima notte prima del passaggio alla nuova stagione, l’unica in cui si apriva una breccia tra la terra e il cielo, tra l’umano e il divino e che faceva accadere eventi magici e prodigiosi.

Leggenda popolare vuole che nella notte dell’Epifania gli animali parlassero e quindi, per evitare che esprimessero giudizi negativi sui loro padroni e magari non volessero più lavorare per loro, venivano fatti mangiare e bere a sazietà. In alcuni paesi anche anche ai buoi venivano offerte le famose 13 cose, come gli umani a Natale, 13 tipi diversi di erbe e fiori per farli contenti.

Inoltre bisognava fare attenzione a non ascoltare gli animali mentre parlavano tra loro perché voleva dire che non erano stati trattati bene e si correva il rischio di venire a conoscenza di profezie di sciagure e morte. Insomma, nell’antico e semplice mondo rurale calabrese, l’Epifania era il giorno in cui si esprimeva rispetto e riconoscenza verso le creature che più erano vicine e utili agli esseri umani.

Il termine Epifania deriva dal greco epifàino (mi rendo manifesto) e epifàneia (apparizione, venuta, presenza divina), usati nell’antichità per qualsiasi manifestazione sovrannaturale. In Italia, e al Sud in particolare, la festa dell’Epifania deriva senz’altro dalle celebrazioni pagane dei greci prima e degli antichi romani poi, legate al solstizio d’inverno.

Era la giornata che concludeva il ciclo dei dodici giorni (uno per ogni mese dell’anno) che iniziava il 25 dicembre, giorno dedicato al Sole, e che segnava definitivamente il passaggio dall’anno vecchio al nuovo.

La Befana, dalla natura doppia e lunare, strega e benefattrice, discende probabilmente dalla figura di Diana, dea della luna, che secondo il mito durante i 12 giorni delle celebrazioni del Natalis Solis Invicti dell’antica Roma, sorvolava i campi per una sorta di benedizione.

Si usava inoltre, nello stesso periodo, bruciare una grande quercia senza farla mai spegnere e il carbone prodotto, simbolo di fertilità, veniva distribuito per l’uso domestico e per trarne auspici per il nuovo anno.

Con l’avvento del Cristianesimo, il 6 gennaio si è arricchito ancor di più di fascino perché è il giorno del Battesimo, del primo miracolo e della manifestazione di Gesù bambino ai re Magi, altre figure simboliche di maghi e sciamani.

Nel tempo, però, le celebrazioni del 6 gennaio, oscillanti tra Sole e Luna, divinità maschili e femminili, videro la divinità femminile sempre più ridimensionata. Il mito lunare e la figura della donna potente e benefattrice verrà quasi scalzata prima dal Sol Invictus e poi dal Gesù cristiano.

Ma rimase e si mostra ancor oggi, sia pure invecchiata e imbruttita, il 6 gennaio nell’ultimo giorno delle festività natalizie: è la nostra Befana.
Annamaria Persico


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