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21 settembre 2016

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La e-cig aiuta a ridurre i danni del fumo. Il Comitato scientifico per la ricerca sulla sigaretta elettronica scrive a Lorenzin


Secondo una ricerca condotta dal Centro europeo per il monitoraggio della dipendenza delle droghe (Espad), nelle scuole di 35 Paesi, tra studenti di 15-16 anni, il 37 per cento degli studenti italiani intervistati ha risposto di essere un fumatore. Una media di molto superiore a quella Ue, che è del 21%.

C’è poco da essere orgogliosi di questo primato, se si considerano la giovane età e le numerose conseguenze per la salute che il tabagismo causa ogni anno: 6 milioni di morti in tutto il mondo, secondo una stima dell’Organizzazione mondiale della sanità, e 80 mila solo in Italia.

La comunità scientifica s’interroga su quali siano le alternative migliori per far smettere di fumare gli italiani, visto che l’80% di chi tenta di liberarsi del vizio del fumo fallisce (dati Doxa/Iss-Ofad). I metodi utilizzati fino ad ora nel nostro Paese hanno sempre puntato sullo spavento del fumatore e sul senso di colpa, come le campagne di comunicazione e la recente imposizione sui pacchetti di immagini scioccanti di malattie legate al tabagismo.

C’è chi, invece, basandosi su studi scientifici internazionali prova a percorrere la strada della «riduzione del danno». Tra questi il Comitato scientifico per la ricerca sulla sigaretta elettronica che, a margine di un seminario organizzato a Roma, ha consegnato una lettera indirizzata al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, in cui è scritto: «È giunta l’ora per le politiche di controllo del tabacco di andare oltre i soliti metodi di sensibilizzazione, prevenzione e cessazione totale del consumo di nicotina, per approcciarsi a un nuovo concetto di riduzione del danno del tabacco che dovrebbe essere seriamente preso in considerazione dalla comunità scientifica e dalle istituzioni».

Il Comitato, di cui fanno parte anche Umberto Veronesi e Carlo Cipolla (Istituto europeo di oncologia), Pasquale Caponnetto (Lega italiana anti fumo) e Umberto Tirelli (Istituto nazionale tumori di Aviano), oltre a diversi esperti internazionali, basa il suo lavoro di pressione su alcuni studi scientifici che sembrano dargli ragione.

Tra questi, uno citato nel 2015 dal Public Health England, corrispettivo britannico dell’Istituto superiore di sanità, secondo cui le sigarette elettroniche sono il 95% meno dannose delle sigarette tradizionali, in quanto il grosso di elementi tossici inalati dai fumatori deriva dalla combustione della sigaretta e dalle sostanze chimiche utilizzate per trattare il tabacco, mentre nelle e-cig (altro modo di chiamare le sigarette elettroniche), non vi è combustione, ma inalazione di vapore prodotto per riscaldamento di liquidi aromatici e nicotina (ma è possibile utilizzarle anche senza quest’ultima sostanza).

Non tutti all’interno della comunità scientifica esibiscono questa sicurezza nello schierarsi a favore dell’utilizzo della sigaretta elettronica, principalmente a causa dell’assenza di dati epidemiologici utili a quantificare i rischi, considerato che per averli sono necessari almeno 30 anni, mentre le prime e-cig in commercio risalgono al 2003.

Anche sui rischi cardiovascolari, ci sono posizioni differenti: secondo l’Istituto superiore di sanità, che pur ammette una tossicità bassissima rispetto al fumo tradizionale, almeno per i dispositivi che contengono nicotina, gli effetti dannosi sul sistema cardiocircolatorio sono noti, mentre Carlo Cipolla, cardiologo dell’Ieo, ritiene che riducendo il consumo di normali sigarette si riduce la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, che costituiscono appunto le basi dell’affaticamento cardiaco.

I promotori della lettera al ministro Lorenzin, che ha annunciato di voler inserire una tassa di un cent a sigaretta per finanziare l’acquisto di farmaci antitumorali, temono che le misure riguardino anche le sigarette elettroniche: «Se le autorità preposte a definire le norme per la regolamentazione dei prodotti del tabacco continueranno ad applicare le stesse norme del tabacco alle e-cig e, contestualmente, considerare i prodotti contenenti nicotina a basso rischio come parte del problema, ridurranno il potenziale enorme di tali alternative».
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