LAMEZIA. Crapis: «Amministrazione Mascaro la peggiore degli ultimi trent’anni»
Lo dico senza giri di parole: l’amministrazione del sindaco Mascaro rischia di passare alla storia, per la sua inconcludenza, come la peggiore degli ultimi trent’anni. E se le cose restassero come sono, com’è ahimè probabile, il resto del mandato sarebbe una iattura per Lamezia, soffocata tra il fiume della retorica ufficiale e l’enormità delle assenze del governo cittadino. Un giudizio troppo tranchant? Non direi. Basta guardarsi in giro e parlare con i cittadini fuori dai salamelecchi d’ordinanza per capire che non esagero. Scrissi dopo la rielezione di Mascaro che finito il tempo del dire occorreva passare a quello del fare, già trascurato durante i primi due anni e mezzo di mandato poi interrotti dalla pessima gestione commissariale Alecci. E fu solo grazie ad essa, e alle divisioni a sinistra, che il sindaco è riuscito a far dimenticare quell’iniziale passaggio a vuoto. Dunque: due lunghi anni e mezzo, più un altro anno dopo il primo commissariamento, più quasi un anno dopo il secondo, fanno circa quattro anni e mezzo di mandato. Un tempo durante il quale avremmo dovuto vedere non dico cento fiori sbocciare ma almeno qualche timida piantina annunciarsi: fuor di metafora, vedere segnali di presenza amministrativa invece che quelli dell’assenza. Non è difficile farne l’inventario, anche solo parziale. E non c’è solo l’affaire brutto della ex Cantina sociale, sui altrove si è già detto. Del resto non c’è bisogno di spulciare carte o documenti comunali, magari quelli che dicono di bandi non centrati, progetti perduti, finanziamenti mancati oppure di scelte poco chiare e ai limiti della legittimità: no, non ce n’è bisogno, perché basta girarsi intorno per vedere i segni dell’abbandono, dell’incuria. Primo tra essi, non in ordine di importanza (siamo in estate), il degrado del Lungomare Falcone Borsellino con l’adiacente pineta: l’elegante recinzione con legno e corde, che ha resistito per oltre un decennio, giace distrutta senza che nessuno se ne occupi; le auto ingorgano il sentiero a fianco alzando nuvole di polvere, parcheggiano sulla pista ciclabile che così si rovinerà presto; la pineta è abbandonata a se stessa, le staccionate che la chiudono devastate, rami e sterpaglie dappertutto, il percorso ginnico-pedonale devastato, per non dire del secondo lungomare a Ginepri. Le docce pubbliche sulla spiaggia e le passerelle scomparse. Eppure basterebbe poco, un po’ di buona volontà, un richiamo al volontarismo delle innumerevoli associazioni, un po’ di pragmatismo, per provvedere in economia alla manutenzione: un bando di poche migliaia di euro per chiamare qualcuno ad occuparsene, come accadeva prima. Niente, nessuno se ne preoccupa, aspettando chissà quali finanziamenti. Anche la bella abitudine al cinema estivo dopo vent’anni è stata dismessa nel totale disinteresse di chi avrebbe dovuto occuparsene: qualcuno ha chiamato le associazioni cittadine, ha tentato di programmare in economia una decina di pellicole, ha contattato chi in Italia, e in Calabria, gira con pulmino e proiettore per fare il cinema in piazza affittando ai comuni il servizio per prezzi modici (basta farsi un giro sul web per rendersi conto che si può fare)? Ci si è presi la briga di pensarci, di telefonare, di informarsi? Nulla. Così il Chiostro, lo Scolastico, l’Abbazia o il Castello pieni di gente entusiasta per gli spettacoli (teatrali o cinematografici) sono solo un lontano ricordo. Ma gli spazi culturali soffrono anche d’inverno. Pur avendo due cinema-teatro comunali non si è riusciti a mettere a bando le sale, magari solo per una o due film settimanali (quel che resiste di cinema e teatro è grazie solo alla meritoria opera di alcune associazioni): e dire che c’è pure una delibera di Speranza della primavera del 2015 che facilitava l’utilizzo delle sale pubbliche ma nessuno ha pensato di recuperarla. La proposta di teatro Stabile del direttore di ‘Sipario’, Mattia Giorgetti, un’autorità in materia, è caduta nel nulla. Il bando per le attività ricreative e culturali di recente andato deserto è la fotografia del disastro di questi anni. Idem per gli spazi sportivi: palestre e impianti chiusi da anni e inutilizzabili dalle società: di fronte un’amministrazione immobile, che balbetta di norme, dirigenti che mancano o altro. Ma un sindaco, un assessore, vivaddio!, li risolvono i problemi, altrimenti che ci stanno a fare? Il nuovo palazzetto è lì, pronto e in bella vista: per non farne una cattedrale nel deserto bisognerebbe muoversi per la gestione, anzi bisognava già averlo fatto: con un bando magari europeo. Invece si traccheggia, forse nella inconfessabile speranza che si ammalori così ce la prendiamo con chi lo volle fare. Ma non finisce qui. Progettualità quasi a zero, anche quella per i finanziamenti (europei, nazionali, regionali), lavori inesistenti, tranne quelli disegnati nel passato come il bel parco della Piedichiusa, il Piano strutturale al palo insieme al piano Api, in area Rotoli non si muove nulla come in quella industriale; il Bastione di Malta, simbolo cittadino e da dieci anni finalmente proprietà comunale, potenziale polo attrattivo insieme all’Abbazia e agli scavi, abbandonato a se stesso, pur se dal 2014 ripulito e pronto per i lavori di sistemazione (snobbato fu il progetto del regista Agosti che ci voleva fare un film). E poi c’è l’ambiente, con la città mai stata dal ‘93 in queste condizioni: le strade e il verde in periferia inguardabili, con erbacce, cespugli, arbusti e rifiuti che la fanno da padrone; per non dire delle discariche a cielo aperto. Il parcheggio libero vicino alla stazione, quello con la locomotiva, è semplicemente inguardabile, impresentabile, una vergogna. Se non abbiamo la spazzatura ai primi piani è solo perché Lamezia fu la prima nel 2009 a cominciare la raccolta differenziata. E poi i cimiteri al collasso, un aeroporto con gli altri che fanno i padroni senza che il primo cittadino dica né mah nè bah, e lasciamo perdere la sanità che sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. Non un grido di dolore, non un atto dimostrativo, non uno scatto politico, non un pugno sul tavolo: niente. Silenzio assordante. Dal primo cittadino sentiamo solo una stucchevole litania di cifre: bella forza, se non fai nulla, non spendi nulla, alla fine forse salvi la cassa ma ammazzi la città. Della serie: operazione riuscita ma malato morto. A chiudere i rubinetti non c’è virtù, virtù è trovare l’equilibrio tra la spesa necessaria a non morire e le esigenze di cassa. Per simpatico paradosso un sindaco così avaro, avarissimo, nella spesa, risulta al contrario prodigo fin troppo, ai limiti della dissipazione e dello spreco, di retorica e parole: dappertutto autoelogi, autoincensamenti, autocelebrazioni, vanterie. Un festival dell’ego e dell’autopanegirico che non trova paragoni, in un’attitudine all’autorappresentazione salvifica e provvidenziale di rara intensità. Ma ormai, dopo anni di governo cittadino, come dicono a Roma le chiacchiere stanno a zero. Chiacchiere e distintivo, dunque. Ma anche quest’ultimo, con cui ‘Via col vanto’ si presenta ad ogni occasione pubblica o privata, laica o religiosa, ufficiale o informale, ormai sta sbiadendo.
P.S.: in tutto questo, per finire, davvero si comprende con sempre maggiore difficoltà il ruolo di alcuni assessori che hanno accettato, di certo con buone intenzioni, l’offerta di un sindaco disposto a smentirsi, dopo anni di invettive anche volgari contro la sinistra, per far fronte alla crisi di credibilità che lo ha investito dentro e fuori il suo campo politico. Sia chiaro: non mi scandalizzo rispetto ad un impegno giustificato da un alto profilo e da un tratto civico e unitario. Ma il feeling, legittimo peraltro, con la Lega e i toni divisivi del primo cittadino mi pare non ne raffigurino affatto una silhouette nè civica né unitaria. Meno ancora di alto profilo.
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