DISCARICA MONTICHIARI
30 giugno 2020

News Lamezia e lametino

Lamezia Terme. Barbanti (IV): «Questa la mia proposta al posto della discarica»


Quando da ormai più di vent’anni l’Europa parla di “riciclo dei rifiuti” (perché la differenziata veniva già allora data per scontata) e strategia “discariche zero”, a Lamezia Terme si discute ancora di discariche. Ed a poco valgono le diverse rassicurazioni in merito alla sicurezza dell’impianto ed a ciò che vi verrà buttato dentro, perché, lo sappiamo, si inizia in un modo ma poi, causa anche emergenza perenne, verrà autorizzato lo smaltimento di qualunque cosa. È un film già visto. E non potrà essere diversamente perché il piano regionale dei rifiuti è inefficace e vecchio, perché gli impianti esistenti (i cosiddetti TMB) sono vetusti e creati per fornire “cibo” all’inceneritore e perché c’è, appunto, un inceneritore da alimentare per ripagarsi degli investimenti e “risolvere” il problema dei rifiuti.

Costruire una mega-discarica a Lamezia Terme è a dir poco offensivo per una città già troppo martoriata, continuamente razziata ma, soprattutto, per una città che risulta virtuosa nella raccolta differenziata. Il problema dei rifiuti in Calabria va affrontato alla radice: bisogna uscire dalla logica dell’emergenza perenne (nel cui nome vengono fatte le più immonde inefficienze) scrivendo un nuovo piano dei rifiuti regionali che parta ovviamente da un efficiente modello di raccolta differenziata ed abbia il riciclo come sistema di valorizzazione dei rifiuti, e non le discariche o l’incenerimento. Ed in questo processo, Lamezia potrebbe fungere da modello, visti gli ottimi risultati ottenuti con la raccolta differenziata, e da territorio di sperimentazione, se al posto della discarica si realizzasse una piattaforma impiantistica di riciclaggio per recuperare e valorizzare i materiali.

Il modello Vedelago (per i meno informati: l’azienda fallì anni fa per crediti verso la PA ma il giorno dopo la chiusura riaprì i battenti riassumendo tutto il personale e portando avanti tuttora la sua operatività) o, restando in Calabria, l’azienda EcoPlan di Polistena (che ricicla pannolini producendo materiale plastico con il quale, per esempio, ha prodotto banchi per la scuola) sono esempi di centri di riciclo su cui puntare e da costruire.

Questi centri di riciclo consentono una migliore vagliatura dei materiali, aumentando quantità e qualità di prodotto da “rivendere” sul mercato secondario del riciclo e riducendo la quantità di scarto (attualmente elevatissima) che, invece di finire in discarica o inceneritore, verrebbe trattata attraverso un impianto di estrusione che produce vari tipi di granulato (riciclabile infinite volte) destinato al mercato delle plastiche o dell’edilizia.

Altro aspetto molto importante è che l’impianto di estrusione potrà ricevere anche la frazione di scarto (molto elevata) delle piattaforme CONAI che lavorano i prodotti provenienti dalla raccolta differenziata.
I risvolti economici sono anch’essi rilevanti: smaltire rifiuti riciclandoli costa meno delle metà rispetto alla termo-valorizzazione e si ha inoltre la possibilità di rivendere il prodotto riciclato (solo per dare un esempio: una tonnellata di alluminio vale oltre 1000 euro, una di polietilene oltre 650 euro) e il granulato per le costruzioni. A Vedelago sono impiegati direttamente circa 60 dipendenti con un investimento per la realizzazione dell’impianto di 6 milioni di euro (compresa la gestione del compost di qualità), per un bacino d’utenza di circa 450.000 abitanti. L’occupazione dell’indotto supera le 500 unità escludendo, da questa stima, anche quella legata all’agricoltura biologica, come ricaduta indiretta.

Un centro di riciclo del genere potrebbe coprire quasi interamente la provincia di Catanzaro, con un costo forse anche inferiore a quello della discarica e con un tempo di costruzione pressochè identico.
Realizzare e incentrare il ciclo dei rifiuti su impianti di questo tipo, come è facile comprendere, creerebbe la nascita di un tessuto industriale ed imprenditoriale sano, perché libero dai condizionamenti della mala-politica e dai ricatti del malaffare, con reali ed immediate ricadute occupazionali stabili nel tempo ed effetti positivi dal punto di vista ambientale e di salute pubblica.
Le oltre 1000 firme che abbiamo raccolto in poche ore con i banchetti e le crescenti adesioni che stiamo raccogliendo con la petizione on line dimostrano che questa è la strada che i cittadini vogliono intraprendere.
Sebastiano Barbanti


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